martedì 2 ottobre 2018

La Stampa 2.10.18
Ponte Morandi, mail e chat furono cancellate dopo il crollo
Lo svela l’esame dei telefoni, indagato un altro dirigente Mit. Resta il nodo del commissario
di Tommaso Fregatti Matteo Indice


L’anticipazione si è materializzata durante le perquisizioni a un funzionario del ministero, che mentre gli clonavano il cellulare ha chiesto cinque volte agli inquirenti: «Ma siete in grado di recuperare pure le chat cancellate?».
In alcune occasioni si riesce e in altre no, ma è indubbio che la ricerca delle comunicazioni eliminate dopo il crollo stia diventando un fronte d’accertamento cruciale. I finanzieri del Primo gruppo, coordinati dai colonnelli Ivan Bixio e Giampaolo Lo Turco, hanno scoperto che numerose mail e conversazioni WhatsApp o Telegram, scritte perlopiù prima del disastro del Ponte Morandi e inerenti sia il viadotto sia più generiche questioni di sicurezza, sono state rimosse dopo la strage del 14 agosto, nella quale sono morte 43 persone. Nel frattempo sale a 21 il numero delle persone indagate (oltre alle società Autostrade per l’Italia e Spea Engineering): la Procura ha notificato un avviso di garanzia a un altro dirigente del dicastero delle Infrastrutture, inserito nella Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie. Non si scioglie invece il nodo del commissario straordinario per la ricostruzione, la cui nomina formale era stata annunciata come imminente ieri mattina dal premier Giuseppe Conte, ma che non si è ancora concretizzata. Il candidato in pectore resta il dirigente Fincantieri Claudio Andrea Gemme, genovese, gradito alla Lega e un po’ meno al Movimento Cinque Stelle per i potenziali conflitti d’interesse: la madre è tra gli sfollati e l’azienda per cui lavora dovrebbe contribuire a riedificare il ponte.
Salvini tra gli sfollati
Per Salvini, che ieri ha incontrato gli sfollati promettendo «arriveranno le palanche», sono elementi semmai a sostegno, ma nell’esecutivo la convergenza non è totale, specie dopo alcune ricognizioni legali. Il dato più rilevante resta comunque la scoperta delle comunicazioni cancellate, che le Fiamme Gialle hanno focalizzato partendo da due dati, uno più empirico, l’altro più sofisticato. I militari, passando al setaccio una trentina di cellulari sequestrati a indagati sia di Autostrade sia del ministero, si sono resi conto che alcuni scambi chat o di posta elettronica erano presenti solo da una parte, e non integrali, mentre la corrispondenza dovrebbe essere speculare tra mittente e ricevente. Non solo. Grazie al’utilizzo d’un software speciale è stato possibile verificare alcuni “buchi” nelle sequenze d’inviatura: è insomma nero su bianco che manca qualcosa e ora occorre circoscrivere cosa. Quanto si può recuperare? Soprattutto: quale peso potrebbero avere questi scritti nell’inchiesta? Scampoli delle conversazioni sono rimasti, non essendo stati spazzati in toto da entrambi gli autori. E un altro elemento che ha allertato gli investigatori è rappresentato dalle date: i messaggi sono spariti post-disastro ma erano stati prodotti settimane o mesi prima, segno che li si è ritenuti imbarazzanti alla luce di quanto accaduto al Morandi.
Inguaiato dal collega
Difficile tuttavia ipotizzare che un comportamento del genere possa aggravare la posizione degli indagati nell’immediato, sebbene in prospettiva qualche problema potrebbe crearlo poiché proverebbe a posteriori una consapevolezza del rischio superiore a quanto si palesava pubblicamente.
Non è invece legata agli accertamenti informatici, ma a un interrogatorio, l’iscrizione sul registro degli indagati di un altro dirigente Mit. A lui i pm sono arrivati riesaminando il contenuto dell’audizione di Bruno Santoro, manager pubblico già raggiunto da un avviso di garanzia, sentito sabato scorso a palazzo di giustizia. Santoro ha ribadito come la sua divisione non avesse competenze specifiche nelle valutazioni di sicurezza, che invece sono più chiaramente in capo al dipartimento «Analisi investimenti», finito di conseguenza sotto la lente dei pubblici ministeri.