Corriere della Sera 30.9.05
Caso clinico senza precedenti: ignora il marito e la figlia
La casalinga che riconosce solo Berlusconi
Studiate le reazioni di una donna colpita da deterioramento progressivo delle capacità cerebrali
di Massimo Piattelli Palmarini
MILANO - Il caso clinico senza precedenti, appena pubblicato sulla rivista scientifica internazionale «Cortex» dai neuro-psicologi Sara Mondini, dell’Università di Padova, e Carlo Semenza, dell’Università di Trieste, fornisce una prova biologica di quanto da tempo sociologi, psicologi sociali, politologi ed esperti di comunicazioni di massa avevano sospettato, cioè che il bombardamento ripetuto di certe immagini a mezzo stampa e televisione incide qualcosa di profondo e speciale nel nostro cervello.
Detto in modo molto succinto, il caso di V. Z., casalinga italiana di 66 anni, testata ripetutamente da Mondini e Semenza per anni, mostra che una lesione cerebrale specifica può gravemente compromettere la nostra capacità di riconoscere oggetti in genere e volti umani in genere, ma non la capacità di riconoscere Silvio Berlusconi. E’ come se il volto del premier fosse stato inciso nel cervello in un suo canale particolare, in un formato speciale, diverso da quello ordinario degli oggetti e da quello pure ordinario, ma separato, dei volti.
La tranquilla paziente V. Z., destinata adesso a diventare internazionalmente famosa, è affetta da un caso raro di deterioramento progressivo dell’area cerebrale chiamata, in gergo neurologico, lobo temporale mesiale, con conseguente atrofia di questa zona in ambedue i lati del cervello, ma più pronunciata nell’emisfero destro, quello soprattutto deputato all’elaborazione delle immagini. Parla normalmente e appropriatamente, ma ha difetti di memoria ed è incapace di riconoscere perfino il volto del marito e dei più stretti familiari.
Inoltre, portata in un supermercato con una lista di cose da acquistare scritta da lei stessa, legge correttamente, poniamo, le parole «cipolle» e «mele», ma non sa a cosa corrispondono sui banconi. La batteria di test psicologici somministrata a V. Z. da Mondini e Semenza è molto nutrita e i risultati sono minuziosamente riportati da loro nell’articolo su «Cortex».
La sua percezione dello spazio e delle distanze è sostanzialmente normale, ma le cose si mettono al peggio quando V. Z. deve decidere, in base a foto e disegni, quali animali sono reali e quali chimerici, e di quali animali si tratta. Distingue abbastanza correttamente foto di animali da foto di oggetti, ma poi tutto si ferma lì. Non riesce a dire niente di appropriato sui singoli esemplari mostrati. Mondini e Semenza le hanno anche mostrato molte foto e ritratti di persone famose (compreso un ritratto di Napoleone), chiedendo se sapeva chi erano. Niente. Una sola foto ha dato un netto risultato, quella, appunto, di Silvio Berlusconi. Le informazioni subito offerte da V. Z. in relazione alla foto erano corrette «Un uomo molto ricco, che possiede stazioni televisive e ha successo in politica».
Si noti che l’episodio avveniva nel 2001, in piena campagna elettorale. Però sei mesi dopo V. Z. ancora riconosceva Berlusconi, a dispetto di un ulteriore peggioramento del suo stato neurologico, e a dispetto della sua totale incapacità di riconoscere foto del marito, della figlia, dei vicini di casa e di una certa difficoltà perfino a identificarli di persona. Questo sbalorditivo dato era, occorre precisare, del tutto inaspettato. Mondini e Semenza, messi su una nuova pista, hanno, con grande pazienza, cercato di trovare altre immagini che potessero emergere, come il volto di Berlusconi, dal grigio magma di non-riconoscimento della povera paziente. E ne hanno infine trovata un’altra: la foto del Papa (Wojtyla). Un successo solo parziale, però, perché V. Z. non sapeva dare alcuna informazione, oltre al fatto che si trattava del Papa, né distingueva tra (l’allora) Papa e i Papi del passato. Inoltre, il riconoscimento non sussisteva più se si toglievano dalla foto i paramenti papali.
La sola altra vera, stabile, eccezione era l’immagine di Cristo in croce. Come interpretare, neurologicamente e psicologicamente, questo dato? Riesaminando i casi pubblicati e chiedendo personalmente ai colleghi italiani e stranieri, Mondini e Semenza hanno stabilito che altri casi simili, ma molto meno netti, e causati da lesioni cerebrali meno estese di quella di V. Z., erano stati osservati, ma mai pubblicati (in particolare un paziente inglese che riconosceva bene Margaret Thatcher, ma pochissimi altri personaggi famosi).
La loro conclusione è che esiste un canale di riconoscimento e di memorizzazione «iconico», distinto da quello per gli oggetti in genere e distinto da quello, notoriamente separato e specializzato, per i volti. Semenza mi dice che si tratta di «una corsia preferenziale». Informazioni visive collaterali vengono strettamente associate a un volto (i paramenti papali, la croce, la corona di spine) e questo compatto insieme di informazioni sopravvive al deterioramento degli altri due canali.
Resta piuttosto problematico capire quali tratti visivi speciali si accompagnino all’immagine di Berlusconi. Forse non si tratta di qualcosa di visivo, ma, per esempio, della voce. Questa è solo un’ipotesi, i dati non la confermano né la smentiscono. Semenza mi dice: «Il merito di questo caso è anche quello di avere posto all’attenzione dei clinici quanto possa essere importante studiare i casi gravi in cui pochissima informazione di un certo tipo è risparmiata.
Nonostante casi simili fossero segnalati in modo aneddotico, nessuno si era mai impegnato a studiarli con un minimo di metodo sperimentale». Nemmeno Orwell aveva sospettato che esistesse una corsia neuronale preferenziale per riconoscere subito «il Grande Fratello».
questione cattolica
Repubblica 30.9.05
Perché Ruini non diventa senatore
di Eugenio Scalfari
Tra i tanti problemi che affollano il nostro presente nel mondo e nel paese in cui viviamo, ce n'è uno che in Italia è particolarmente avvertito, anzi che è esclusivamente nostro: la questione cattolica.
Dominò la società italiana per quarant'anni, dal 1870 fino alla fine del "non expedit". Sembrò del tutto risolta, ma nei modi imperativi propri d'un regime dittatoriale, con il Concordato del 1929. Fu nuovamente assopita con l'inserimento dei patti concordatari nella Costituzione repubblicana, auspici Dossetti, De Gasperi e Togliatti, nel 1947 e ancor più con la parziale revisione del Concordato dell´85. Si andò ancor più avanti (o almeno così era parso) con il dissolvimento della Democrazia cristiana nel '93 e la fine dell'unità politica dei cattolici.
Invece proprio dalle ceneri di quell'unità, che aveva affidato alla Dc il difficile ma non impossibile compito di mediare gli interessi della Chiesa con quelli dello Stato, la questione cattolica è uscita da una lunga latenza e si è riproposta con un'intensità nuova e ancor più pervasiva per il semplice fatto che non riguarda soltanto gli interessi della Santa Sede e del Vaticano ma anche i valori dei quali la religione è portatrice, l'etica che ne deriva e i suoi campi d'applicazione in materie prima trascurate o addirittura inesistenti, prima tra tutte la bioetica che i progressi della tecnologia hanno portato alla ribalta e che hanno fatto sorgere nuovi bisogni, nuovi desideri e nuovi diritti chiamando in causa la legislazione e quindi la politica e, insieme, la religione, la società civile, lo Stato.
Si fa un gran discutere in questa fase di laicità, di laici e di laicisti aggiungendo una manciata di biasimo a quest'ultima parola. Se ne discute facendo anche molta confusione tra credenti e non credenti e – tra i credenti – quelli che aderiscono alla pratica della liturgia e del catechismo e quelli che, pur avendo fede in un Dio trascendente e cristiano, non passano necessariamente attraverso il filtro sacramentale del magistero ecclesiastico ma cercano di raggiungerlo direttamente e plasmano il proprio sentimento religioso con l'autonomia d'una propria morale. Questa discussione, confusa ma fervida, si svolge al di fuori della politica. Prescinde dalla politica. Riguarda diverse visioni della vita e del senso che essa ha per ciascuno di noi. Dunque riguarda il nostro privato. Il modo con cui preghiamo o non preghiamo, crediamo o non crediamo, pecchiamo o non pecchiamo, ci sentiamo colpevoli o ci assolviamo.
Tutti questi sentimenti, emozioni, credenze e l'antropologia che ne deriva, non hanno alcuna attinenza con la politica, con le leggi, con le istituzioni. Le quali invece entrano in gioco solo nel momento in cui la Chiesa, o per esser più precisi la gerarchia ecclesiastica, usa lo spazio pubblico per introdurre i suoi orientamenti nelle istituzioni, per conformarle il più possibile alle sue prescrizioni, per ottenere diritti adeguati allasua visione del mondo e dei rapporti interpersonali e negare altri diritti che si distacchino da quella visione.
Qui nasce il conflitto e nel momento in cui esso diventa intenso e permanente qui nasce la questione cattolica e la sua compatibilità con la democrazia.
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Esistono ancora dei laici fedeli all'ideale cavouriano di "libera Chiesa in libero Stato" che preferirebbero un regime di netta separazione tra l'istituzione religiosa e quella civile.Personalmente mi iscrivo tra questi. Ma debbo chiarire che il regime separatista (del resto vigente in molti paesi dell'Occidente a cominciare dagli Stati Uniti) non significa affatto impedire alla Chiesa di utilizzare lo spazio pubblico per confrontare le proprie visioni e dottrine con altre comunque diverse. Al contrario: eventuali limiti posti all'uso dello spazio pubblico possono venire da pattuizioni concordatarie che prevedono sempre uno scambio tra le parti contraenti.
In un regime di separatismo la Chiesa non ha né privilegi né limitazioni, salvo quelle previste dai codici e dalle leggi. Si mantiene economicamente con le risorse ottenute dai suoi fedeli, apre e gestisce le sue scuole private senza alcun contributo dello Stato e di enti pubblici locali; in compenso è pienamente libera di predicare e prescrivere ciò che vuole e nessuno può impedirglielo.
In un siffatto regime i sacerdoti e i vescovi sono cittadini a tutti gli effetti, nei diritti e nei doveri.
Possono promuovere partiti politici o aderirvi, possono diventare membri del Parlamento e membri del governo. Chi potrebbe impedirlo per proprie e non sindacabili ragioni sarebbe tutt'al più la stessa Chiesa ma non certo uno Stato democratico che per definizione non può negare ad un cittadino diritti universalmente riconosciuti.
Ricordo che don Luigi Sturzo fondò e diresse il Partito popolare che ebbe molti seggi in Parlamento e importanti presenze nei governi, a finire con il primo governo Mussolini. Tutto ciò avvenne tra il 1919 e il 1925, cioè in un regime di assoluto separatismo tra lo Stato e la Chiesa.
Pongo ora una domanda a chi sostiene che i vescovi sono cittadini come tutti gli altri e votano infatti alle elezioni: il vescovo Ruini, il vescovo Fisichella e tanti altri come loro possono partecipare alle elezioni politiche e andare in Parlamento? Possono entrare a far parte del governo e reggere un dicastero?
Ho consultato la vigente legge sull'incompatibilità ma non c'è una sola parola che riguardi questo problema.
Dunque la riposta, in puro punto di diritto, è sì, Ruini e ciascuno dei suoi colleghi, se volessero, potrebbero concorrere alle elezioni, essere eletti, partecipare al governo.
Ma tutti sappiamo, a cominciare da loro stessi, che un fatto del genere ripugnerebbe alla coscienza nazionale e quindi non lo fanno. Non lo fanno ma potrebbero. C'è dunque un impedimento morale più forte del diritto di cittadinanza. Qual è questo impedimento?
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La Chiesa è portatrice di valori assoluti e di assolute verità che le vengono dal suo corpo dottrinale dalla sua tradizione, dal suo pensiero teologico. La sua struttura è gerarchica e culmina in un vertice che ha poteri assoluti ancorati addirittura al dogma dell'infallibilità.Ne segue che esiste una lampante incompatibilità sistemica tra un regime democratico e una religione ancorata a valori assoluti e dogmaticamente istituzionalizzati.
I vescovi, ancorché cittadini italiani, sono vincolati all'obbedienza alla loro gerarchia, nominati da un'apposita congregazione col beneplacito del papa, vincolati a dogmi emanati dalle encicliche e dai Sinodi. Perciò sono eterodiretti rispetto alle istituzioni italiane.
In più, operando in regime concordatario, fruiscono di benefici tutt'altro che marginali. In queste condizioni affermare che i vescovi e il clero in generale siano cittadini a pieno titolo è falso. Non lo sono. Possono votare ma non possono farsi eleggere e partecipare a governi se non riducendosi allo stato laicale. E tuttavia questa norma di tutta evidenza non figura nella vigente legge sulle incompatibilità.
Questo ragionamento tende a dimostrare non solo che l'esercizio passivo del diritto elettorale è precluso ai titolari delle diocesi ma, soprattutto, a chiarire che esiste altresì un limite alle loro esternazioni.
Un vescovo concordatario non può esternare come un qualsiasi altro cittadino poiché nel Concordato l'articolo 1 dichiara che lo Stato e la Chiesa sono indipendenti e sovrani nelle rispettive competenze civili e religiose. C'è anche una casistica di queste competenze per quanto riguarda la Chiesa: dottrina della fede, etica, catechesi, carità, solidarismo. Non figura la parola politica. E quindi la politica non rientra nelle competenze della Chiesa.
Ma si dice ed è vero, l'etica ha a che fare con la politica. La bioetica anche. Perciò la Chiesa può dire che il divorzio è un male, che la fecondazione assistita è un male, che l'aborto è un assassinio di massa, che i Pacs sono un male e spiegarne il perché dal proprio punto di vista. Altri, di diverso avviso, forniranno ragioni contrapposte. Questa è la democrazia. Ma qui si ferma il diritto della Chiesa ad esternare.
Se i suoi vescovi entrano nel cuore della politica (il che gli è precluso) prescrivendo l'astensione dal voto in un referendum, indicando i modi dell'articolato delle leggi, dichiarando l'incostituzionalità di altre, censurando atti di giurisdizione come le intercettazioni telefoniche disposte dalle Procure della Repubblica, facendo affiggere nelle chiese cartelloni e spot per quanto riguarda la partecipazione o l'astensione dai referendum e lasciandoli affissi anche nel giorno delle votazioni; in questi casi i titolari delle diocesi si mettono fuori dal Concordato. Tanto varrebbe allora vederli seduti sui banchi della Camera e del Senato a discutere direttamente e a votare con i loro colleghi della politica.
Dov'è in tutto questo la religione? Dov'è la carità?
Dov'è la pietà. Chi decide se un bisogno ampiamente avvertito sia soltanto un desiderio o abbia creato un diritto? Lo decide monsignor Fisichella?
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Purtroppo sì, lo decide anche monsignor Fisichella poiché molti politici ritengono, a torto o a ragione, che monsignor Fisichella orienti e controlli una notevole quantità di elettori e quindi lo corteggiano a gara, da destra e da sinistra. E monsignor Fisichella detta le sue condizioni che spesso ottiene.Monsignor Fisichella non fa nulla di illecito (salvo violare i principi del Concordato) ma si comporta come un lobbista. Si comporta come Billè che cerca di far pesare i voti dei commercianti sulle decisioni del governo; o come Montezemolo, o come Pezzotta ed Epifani. Si comporta come il capo di un forte gruppo di pressione, con la differenza che la Chiesa è cento volte più forte di Billè, di Montezemolo e di Epifani perché svolge il suo lavoro di lobby in nome del sentimento religioso invadendo a briglie sciolte la sfera politica e arruolando in questa galoppata anche le truppe cammellate degli "atei devoti" che usano la religione per rafforzare una loro visione dello Stato forte, decisionista, autoritario. "Dio è con noi" è la tentazione moderna del totalitarismo e al tempo stesso della teocrazia.
Chi dovrebbe reagire in primissima linea a questa sciagurata tentazione dovrebbe essere il laicato cattolico che invece è incomprensibilmente silente. Per questa ragione sostengo che siamo in presenza di una questione cattolica: salvo rare e oscillanti eccezioni il laicato cattolico sta assistendo alla sistematica distruzione delle sue autonomie dentro e fuori dal perimetro religioso. Le Comunità cattoliche, l'Azione cattolica, le Acli, le associazioni universitarie e studentesche sembrano colpite da un sonno ipnotico. I grandi ordini religiosi regolari tacciono, eppure avrebbero di che discutere e obiettare.
Abbiamo purtroppo realizzato parecchi primati negativi nel mondo in questi ultimi anni. Aggiungeteci anche questo: siamo il solo paese dell'Occidente cristiano nel quale è nata e cresce di giorno in giorno la questione cattolica.
Francamente non c'è da esserne orgogliosi per il paese dove nacque cinque secoli fa la libera scienza e l'autonomia della coscienza individuale. "De servo arbitrio" fu il motto di Lutero, ma ha passato le Alpi.
Oggi ha dimora Oltretevere, manipolato dai porporati della Cei. Sua Santità è d'accordo con il suo Vicario?
neuroscienze
Corriere della Sera 29.9.05
Il meccanismo scoperto analizzando il sonno
Svelate basi dello stato di coscienza
Secondo uno studio di ricercatori italiani perchè si realizzi è necessaria la comunicazione rapida tra precise aree del cervello
La coscienza nasce nella comunicazione reciproca e rapida tra i centri superiori del nostro cervello, le aree corticali. Lo hanno dimostrato per la prima volta ricercatori italiani e americani, che hanno ricevuto l'imprimatur della pubblicazione sulla prestigiosa rivista scientifica «Science».
Lo studio in questione è stato condotto da da Marcello Massimini, ricercatore dell'università di Milano, in collaborazione con l'equipe del docente di psichiatria Giulio Tononi alla University of Wisconsin - Madison. L'esperimento, reso possibile da una nuova tecnica appena collaudata, rappresenta un deciso progresso per arrivare un giorno a misure oggettive del grado di coscienza nei casi in cui essa risulta alterata, come nella schizofrenia, in individui in stato vegetativo, o, più semplicemente in pazienti sotto anestesia.
COMUNICAZIONE- Il lavoro dei ricercatori italiani prende spunto dall'ipotesi, formulata in anni di ricerche dal professor Tononi, secondo cui la coscienza dipende dalla capacità di determinate zone di cervello anatomicamente interconnesse di comunicare tra loro. «Sappiamo da tempo - ha spiegato Massimini - che ci sono aree cerebrali fondamentali per generare la coscienza e altre che non lo sono». Non a caso lesioni al midollo spinale o traumi del cervelletto non ledono la coscienza dell'individuo. Viceversa lesioni a carico del sistema talamo-corticale (il talamo è una regione centrale del cervello e la corteccia la regione più superficiale) possono portare a perdita di coscienza anche permanente, come nel coma.
SONNO SOTTO OSSERVAZIONE- Per scoprire cosa succede in queste regioni quando la coscienza si annulla i ricercatori hanno studiato una situazione di perdita reversibile e fisiologica della coscienza: il sonno. «Nelle prime ore della notte quando siamo immersi nel sonno profondo ha spiegato Massimini noi e l'universo che ci circonda non esistiamo più. La cosa paradossale ha aggiunto l'esperto - è che, mentre la nostra coscienza svanisce, il cervello non si spegne affatto, anzi, rimane molto attivo». Gli scienziati italiani sono riusciti per primi a spiegare il paradosso avvalendosi di una nuova tecnica messa a punto in Finlandia e da loro collaudata, che si basa sull'uso della stimolazione magnetica transcranica (TMS) e dell'elettroencefalogramma ad alta risoluzione (hr-EEG), dimostrando che, in accordo con la teoria di Tononi, durante il sonno profondo la coscienza si spegne perchè viene a mancare la comunicazione tra le varie parti della corteccia cerebrale. Gli esperti hanno applicato una stimolazione continua e di bassa intensità su individui sani e svegli in una zona ben circoscritta del loro cervello, mentre con l'hr-EEG vedevano come si propagava lo stimolo. La stimolazione continuava anche quando i volontari si addormentavano permettendo ai ricercatori di registrare i cambiamenti nella propagazione dello stimolo.
TRASMISSIONE BLOCCATA - «Il risultato ha dichiarato entusiasta Massimini - è stato chiarissimo e straordinario»: mentre da svegli lo stimolo si propaga sulla superficie corticale perdurando per 300 millisecondi, nel sonno profondo l'area cerebrale risulta incapace di trasmettere lo stimolo altrove e questo si estingue in fretta dopo 100-150 millisecondi. Il fatto che venga meno l'interconnessione tra le aree corticali risulta quindi fondamentale per spiegare il passaggio coscienza-non coscienza.
CASI MEDICO-LEGALI - Gli esperimenti dimostrano pure che questa tecnica, efficace nel misurare il grado di interconnessione tra le varie aree del cervello, potrebbe quindi, in prospettiva, fornire un indice oggettivo del grado di coscienza. Si potrebbe pensare a un futuro non imminente in cui usare una tecnica simile per dirimere casi controversi come quello di Terri Schiavo che nel marzo scorso sconvolse il mondo intero. Ma più nell'immediato, ha spiegato Massimini, questo studio potrebbe avere un impatto rilevante nella comprensione di alcune patologie come la schizofrenia in cui il disturbo principale del malato è proprio la scissione. Al momento infatti gli esperti stanno confrontando con la stessa tecnica il cervello di pazienti schizofrenici e di individui sani di controllo. Ciò aiuterà a svelare le basi organiche dei cambiamenti patologici della coscienza, ma i risultati, ha sottolineato Massimini, non sono dietro l'angolo.
Oliver Sacks
Corriere della Sera 29.9.05
Intervista allo scienziato e romanziere
La genetica curerà le malattie della mente
Ne è convinto Oliver Sacks. Il famoso neurologo americano: «sì ai farmaci, specie a breve termine, ma conta la storia del paziente»
di Massimo Piattelli Palmarini
BERGAMO - Raggiungo il più famoso neurologo vivente, Oliver Sacks, al suo albergo di Amsterdam, in procinto di partire per l'Italia. Professore all'Albert Einstein College of Medicine e alla New York University, autore di libri tradotti in 23 lingue, Sacks ha creato un nuovo genere letterario, narrando la malattia mentale, per così dire, dall'interno con il vissuto quotidiano del paziente. Dotato da madre natura di una penna felicissima e di una insaziabile curiosità per la natura e per la condizione umana, è stato insignito di onorificenze letterarie e scientifiche e di lauree honoris causa (una delle quali dall'Università di Torino) la cui lista riempirebbe gran parte dello spazio di questo articolo. Mi parlò di lui per la prima volta, nel 1973, il compianto Ronald D. Laing, padre della cosiddetta e oggi assai dimenticata anti-psichiatria. Laing mi disse che la vicenda clinica vissuta in prima persona da Sacks e raccontata nel suo celebre libro Risvegli (Awakenings), successivamente tradotto in un dramma teatrale da Harold Pinter e in un film con Robert de Niro e Robin Williams protagonisti, era una delle più toccanti e straordinarie di ogni tempo. Un gruppo di pazienti curati da Sacks al Beth Abraham Hospital nel Bronx, affetti da encefalite letargica, in stato di catatonia profonda da decenni, di colpo ritornarono alla vita grazie alla somministrazione di un farmaco allora sperimentale, la L-dopa. La scoperta più straordinaria fu che questi pazienti, a dispetto del loro apparente totale distacco dal mondo, in realtà erano internamente vivissimi e straziati dall'impossibilità di esternare i loro pensieri e i loro sentimenti. Nei suoi libri successivi Sacks esplora il vissuto di altri pazienti affetti da profondi disturbi neurologici, alcuni da manuale, altri rari e insoliti. Il caso dell'uomo che scambiava la propria moglie per un cappello, assurto a titolo di una sua famosa raccolta di casi clinici, è l'epitome della singolarità e della stranezza di alcuni disturbi neurologici.
Nella nostra intervista per il Corriere, Sacks insiste sulla necessità di studiare a fondo i singoli casi. «La scienza dell'individuo è fondamentale — mi precisa — la biologia deve incontrarsi con la biografia, il meccanismo deve incontrarsi con la vita. Molti mi chiedono: Caro Dottor Sacks qual è la sua teoria generale della malattia mentale? Ma io non ho una teoria generale e diffido perfino delle categorie cliniche, inclusa quella di malattia mentale». Il suo primo amore è stata la chimica e in luminose conferenze e in un recente libro intitolato Lo Zio Titanio si dilunga in tono quasi lirico sugli elementi primordiali, il gallio, il tungsteno, il wolframio, l'osmio. Il parallelo con Primo Levi viene subito alla mente. Infatti, Sacks mi conferma: «Ho un'immensa ammirazione per l'opera di Primo Levi. A Torino sono voluto andare a visitare la sua abitazione, e la tromba delle scale che ha visto il suo suicidio, una cosa terribile». Un altro suo eroe è il grande chimico italiano Stanislao Cannizzaro (1826-1910), del quale Sacks ama citare una conferenza storica sull'insegnamento della chimica. Come mai non è diventato lui stesso un chimico? «Non so bene, ma quando avevo l'età di scegliere una facoltà universitaria, negli anni '50, avevo l'impressione che la chimica fosse ormai diventata molto matematica e io non sono molto portato per la matematica». Tra lo zio Titanio, infaticabile sperimentatore della chimica dei metalli, e la professione della madre, oncologa, Sacks scelse la madre e decise di studiare medicina a Oxford. «La chimica è una scienza del generale, ogni atomo di titanio è uguale a qualsiasi altro atomo di titanio, ma in neurologia abbiamo a che fare con persone irripetibili. C'è molto da imparare dallo studio approfondito dei singoli casi, alcuni dei quali sono unici. Uno dei miei mentori scientifici, che non ho mai incontrato di persona, ma con il quale ho corrisposto per anni, il russo Alexander Romanovich Luria, aveva pubblicato un bellissimo e famoso libro su un caso del tutto eccezionale, quello di un giovane che aveva, appunto, "Una memoria prodigiosa". Quel caso è probabilmente unico e irripetibile, ma ci dice molto su come funziona la mente e su come è organizzata la memoria». I suoi studi attuali vertono proprio sui difetti patologici della memoria, sulla percezione del colore e sulla visione stereoscopica. Gli chiedo se il futuro del trattamento della malattia mentale sarà essenzialmente basato su predisposizioni genetiche individuate precocemente e sull'uso di psicofarmaci sempre più efficaci.
«Sono decisamente a favore delle analisi genetiche e dell'uso sapiente di farmaci, a breve termine almeno, ma sopprimere i sintomi a volte ci allontana dal capire le radici del male. La storia individuale del malato e l'intera vita del malato non devono mai passare in second'ordine». Si accinge, con enorme interesse, a visitare la cittadina belga di Geel, dove, fino dal medioevo, i malati mentali vengono ben accolti e lasciati liberi di circolare. «E' l'opposto dell'istituzionalizzazione e sono molto curioso di vedere come procede questo esperimento, ormai storico». Quali sono i suoi legami con l'Italia? «Molti, da quando la visitai per la prima volta a 17 anni. Un Paese magnifico». Non vede l'ora di rivedere il suo editore, Roberto Calasso e di conoscere infine di persona Rita Levi-Montalcini, che ammira incondizionatamente. Virginia Volterra è una sua cara collega e amica, da quando Sacks scriveva il suo libro sui sordi congeniti e andò a Roma a visitare l'istituto. Non conosce ancora Bergamo, ma è sicuro che gli piacerà. Uno scienziato e clinico, quindi, per sua ammissione, «senza teoria generale», ma con una vivissima umanità generale, in lui veramente la biologia si sposa con la biografia.