martedì 2 ottobre 2018

Il Fatto 2.10.18
Molti Paesi d’Europa hanno deficit più alti del nostro, ma il problema rimane l’Italia
La svolta - Dopo anni di sforzi per ridurre l’indebitamento, ora lo lasceremo salire
di Ste. Fel.


Nel 2017, l’Italia ha registrato un deficit del 2,4 per cento. Perché i mercati ora reagiscono così male alla prospettiva che abbia il 2,4 anche nei prossimi tre anni, dopo l’1,7 del 2018? La risposta va cercata nel confronto con gli altri Paesi europei.
C’è un solo Stato che, a oggi, si trova sotto procedura di infrazione per deficit eccessivo, la Spagna, tutti gli altri sono nel “braccio preventivo” del Patto di Stabilità.
La maggior parte dei 26 virtuosi (dalla Bulgaria a Cipro, alla Svezia) hanno anche raggiunto il proprio “obiettivo di medio termine”, che varia da Paese a Paese ma riguarda la riduzione del debito.
L’Italia, come la Polonia e il Portogallo, fino a due giorni fa era “in deviazione” dal percorso di aggiustamento, cioè andava nella direzione imposta dalle regole ma a un ritmo più lento. Nel 2017 e nel 2018, infatti, l’Italia non ha ridotto il debito quanto previsto e sicuramente non lo farà nel 2019 (la richiesta era un taglio minimo, 0,1 per cento del saldo strutturale, che ora invece peggiorerà). La Commissione Ue, dopo aver considerato una serie di “fattori rilevanti”, ha comunque giudicato sufficiente lo sforzo strutturale del 2018 che avrebbe portato il debito nel 2019 al 130,8 per cento del Pil.
I nuovi numeri annunciati dal governo cambiano lo scenario. Nel 2019 il deficit nominale medio nei Paesi dell’area euro è stimato allo 0,4 per cento del Pil, quello dell’Italia sarà sei volte maggiore, 2,4 per cento. Il deficit nominale indicato come obiettivo per l’Italia dal governo Gentiloni, 0,8 per cento, non era considerato credibile comunque: la mancata crescita già imponeva di adeguare la stima a 1,1 e quel numero non considerava le clausole di salvaguardia sull’Iva, 12,5 miliardi (0,8 per cento del Pil) da trovare per evitare l’aumento dell’imposta sui consumi. I precedenti governi le hanno sempre finanziate in deficit, quindi il deficit atteso plausibile dell’Italia era comunque 1,8-1,9. Altri Paesi hanno deficit più alti, ma sono tutti impegnati in un percorso di riduzione rilevanti. La Francia, per esempio, avrà nel 2018 un deficit del 2,8 per cento invece che del 2,6 atteso, ma lo sta riducendo comunque ogni anno dal picco del 2009 (7,2 per cento).
Nella convergenza verso finanze pubbliche solide e sostenibili, l’Italia già arrancava, ora ha scelto di andare in direzione opposta. È vero che l’Italia ha un saldo primario (le entrate dello Stato meno le uscite, prima di considerare gli interessi sul debito) del 2,7 per cento del Pil, il terzo più alto dell’Ue (verrà ridotto a 1,3 il prossimo anno). Ma non basta a renderci virtuosi, perché ci sono, appunto, gli interessi e la zavorra del debito. Nel 2019 il debito pubblico medio dell’Ue dovrebbe essere 78,5 per cento del Pil, quello dell’Italia sarà oltre il 130,8. La riduzione attesa del debito per l’Italia era dell’1,9 per cento del Pil, superiore alla media dei Paesi Ue dell’1,6 per cento. Ma ora quel numero andrà rivisto di molto, alla luce della scelta di tenere un deficit nominale del 2,4 per cento e non soltanto per un anno, ma per tutti i tre anni coperti dalla legge di Bilancio.
Anche se nella percezione diffusa l’Europa è ancora in una fase di austerità, l’Ufficio parlamentare di bilancio (l’autorità indipendente sui conti pubblici), a giugno osservava che i dati dei programmi dei vari Paesi Ue “indicano per il 2018 una politica di bilancio leggermente espansiva”, mentre per il 2019 era atteso un impulso “leggermente restrittivo” che avrebbe peggiorato gli effetti del rallentamento del ciclo economico.
In teoria non è sbagliato spendere di più quando l’economia rallenta, ma l’Italia non si limita a tenere una politica espansiva, bensì smette di cercare di convergere verso gli obiettivi concordati e spende in deficit tanto da far di nuovo aumentare il debito dopo anni in cui, pur con un ricorso al disavanzo costante, era riuscita a stabilizzare l’indebitamento con anche una piccola riduzione.