Repubblica 2.7.17
Nel luogo simbolo delle vittorie
dell’Ulivo e dell’Unione si ritrovano ventenni pieni di speranza che
arrivano dalla provincia ed esponenti della vecchia guardia del
centrosinistra
In piazza il popolo del nuovo partito “E ora più cattivi contro i renziani”
di Annalisa Cuzzocrea
ROMA.
I ventenni che arrivano col 62 non sanno dove sia piazza Santi
Apostoli. Fanno l’università, sono arrivati da Lecce, hanno in mano —
arrotolate — le bandiere nuove di zecca di Mdp. I ricordi dell’Ulivo,
dell’Unione, non sono roba loro. A tirarli fuori c’è già molta gente
sotto palco. Quelli che scattano foto ricordo con Antonio Bassolino.
L’uomo impettito con la spilla dei socialisti e il garofano
all’occhiello. L’ex segretario di Rifondazione Franco Giordano. Poi
Bruno Tabacci, il verde Bonelli. A sentire parlare Valerio Onida è
arrivato anche Giovanni Maria Flick, che nel primo governo Prodi fu
ministro della Giustizia. Spunta Bobo Craxi, resta ad ascoltare tutto il
tempo Luigi Manconi. Il senatore Pd ricorda quando — nel 1988 — fondò
l’associazione “Battaglie perse” proprio con Giuliano Pisapia e Gustavo
Zagrebelsky: «Le istanze le abbiamo tutte vinte però sono qui perché è
la sola ipotesi cui attribuisco un senso, benché mi renda conto della
sua fragilità».
Che sia un equilibrio fragile, quello che tiene
insieme i 5mila accorsi a Santi Apostoli — e l’idea che qualcosa ancora
li unisca al Pd di Matteo Renzi — è la sensazione che hanno tutti. «Sono
venuto perché mi convince l’idea che prima o poi la sinistra debba
volersi bene tutta», dice Fabio, 33 anni, dell’Aquila. «Dammi la mano e
stammi vicino/può nascere un fiore nel nostro giardino», canta la piazza
all’inizio e alla fine su richiesta della presidente della Camera Laura
Boldrini. «Quello che vedo qui è il popolo dell’Ulivo — dice Gianni
Cuperlo, anche lui da Pd in visita — gente che è in attesa di una
ripartenza, che vuole l’unità del centrosinistra ». Obiettivo possibile?
«È difficile e necessario», dice il deputato. «Siamo qui per questo»,
sussurra a mezza bocca il ministro della Giustizia Andrea Orlando.
Cesare Damiano confida quasi sollevato che la piazza non gli chiede “che
ci fai qui?”. «Non è ostile al Pd, ci considera dentro». Una sposa esce
dalla Chiesa vicina: «Sarà un segno? Un possibile matrimonio con
Renzi?». «Mi basterebbe un’unione civile», ribatte Damiano con un
sorriso. Ma la piazza chiede altro. L’applausometro si impenna quando
Pier Luigi Bersani dice «basta lavorare gratis in stage, basta voucher
». E ancora: «Basta arroganza e basta gigli magici, non se ne può più».
Accusa Renzi di lanciare messaggi fuori fase. Un discorso radicale, che
piace a Pippo Civati di Possibile e che — per contenuti — dovrebbe
piacere a chi non è venuto, come Tomaso Montanari e Anna Falcone. «Con
loro stiamo parlando, li riporteremo dentro», confidano gli organizza-
tori.
«Il Paese ha bisogno di più sinistra », manda a dire con un
messaggio scritto Sabrina Ferilli. «Spero che quel che nasce oggi sia la
sentinella che riporta a sinistra il Pd», si augura in un video Claudio
Amendola. Tutt’intorno, i giornalisti de l’Unità rimasti senza
stipendio e senza cassa integrazione distribuiscono volantini e cercano
qualcuno che finalmente si ricordi che esistano. Quando Giuliano Pisapia
prende la parola è un attacco a Renzi, quello che vorrebbe chi gli sta
davanti. Una risposta alle parole sferzanti lanciate dal segretario Pd a
Milano. «Dillo, dillo», gli urlano da sotto palco. Lui niente, il Pd
non lo nomina, Renzi nemmeno, e qualcuno comincia ad andar via. «Ma ha
detto discontinuità otto volte, cosa volete di più? È venuto sulla
nostra linea», spiega Roberto Speranza tenendo in braccio il figlio
assonnato. Qualcuno libera i palloncini arancioni che non hanno preso i
bambini. Dal palco parte Io ci sto di Rino Gaetano: «Mi alzo al mattino
con una nuova Illusione/ prendo il centonove per la rivoluzione».