il manifesto 1.7.17
L’Estonia gela Gentiloni: «Niente decisioni sui migranti»
Migranti. Tallinn punta su esternalizzazione delle frontiere e aiuti alla Libia
Ma di far sbarcare i migranti nei porti europei non se ne parla
di Carlo Lania
Altro
che blocco dei porti, come ha minacciato di fare Paolo Gentiloni se
l’Europa non si decide ad aiutare il nostro Paese nell’affrontare
l’emergenza sbarchi. Qui a restare fuori non dal porto, bensì dalla
porta rischia di essere proprio l’Italia. A gelare le speranze del
premier di ricevere la sospirata solidarietà europea, è stato ieri il
ministro degli Interni estone Andreas Anvelt a cui spetta il compito di
guidare il vertice informale dei colleghi degli Interni e della
Giustizia Ue di mercoledì prossimo a Tallinn. Vertice dal quale, nelle
aspettative italiane, dovrebbe uscire la disponibilità almeno da parte
di alcuni Stati – Francia e Spagna per primi – a far sbarcare nei propri
porti una parte dei migranti salvati nel Mediterraneo. E invece no.
«All’Italia non daremo nessuna risposta», ha fatto sapere ieri Anvelt,
spiegando che mercoledì nella capitale estone «ascolteremo quali sono
stati i cambiamenti» che hanno portato Roma a minacciare la chiusura dei
suoi porti alle navi delle Ong straniere, per poi studiare «come
affrontare la questione della protezione delle frontiere, dei porti e
delle relazioni con la Libia». Insomma un modo per prendere tempo, come
se a Tallinn non sapessero bene qual è il problema.
L’Estonia
avvia oggi il suo semestre di presidenza europeo e se il buongiorno si
vede dal mattino l’Italia ha poco da aspettarsi. Del resto un anticipo
di quella che sarà la linea di Tallinn lo si è avuto nei giorni scorsi
quando una nota del governo estone ha spiegato che, anziché litigare su
questioni come il ricollocamento dei migranti, sarebbe meglio affrontare
dossier sui quali i 28 sono già d’accordo, come i rimpatri, il
controllo delle frontiere e la cooperazione con i Paesi terzi. Tutti
argomenti sui quali – ha concluso il direttore per gli affari Ue, Klen
Jaarts – si può contare anche sulla collaborazione di Paesi solitamente
«refrattari» come Polonia e Ungheria. Come già successo con l’uscente
presidenza maltese, anche per i prossimi sei mesi si rischia dunque di
non affrontare una questione cruciale come la riforma di Dublino. «Trovo
vergognose che l’unica cosa su cui i governi europei riescono a trovare
un accordo – ha detto ieri la relatrice della riforma,
l’europarlamentare Elly Schlein – sia l’esternalizzazione delle
frontiere, parlando solo di accordi con la Libia e con Paesi terzi per
evitare l’arrivo dei migranti, mentre non fanno un passo avanti su
Dublino».
Per l’Italia quello che arriva dall’Estonia è il secondo
brutto segnale nel giro di neanche 48 ore. Il primo a far capire al
nostro governo che le minacce non avrebbero prodotto effetti è stato il
presidente francese Emmauel Macron che ha sì espresso solidarietà a
Gentiloni, ma ha anche spiegato che il sostegno della Francia riguarderà
solo «i veri profughi», mentre «l’80% dei migranti che arrivano in
Italia sono economici». Nel caso ci fossero dubbi, ieri una nota
dell’Eliseo ha aggiunto che serve una «soluzione europea» alle questioni
sollevate da Roma. C’è poi da segnalare la presa di posizione del
ministro dei Trasporti Graziano Delrio che ha fatto sapere di non voler
ordinare la chiusura dei porti.
A questo punto Palazzo Chigi
rischia di ritrovarsi in un vicolo cieco. Se l’Europa continua a «girare
la faccia dall’altra parte», come ha denunciato nei giorni scorsi
Gentiloni, il governo dovrà decidere se mettere o no in pratica la sua
minaccia. Se non lo fa scatena la reazione di Lega e centrodestra che
non aspettano altro. Se invece lo fa rischia di trovarsi in una
posizione anche peggiore e di attirarsi le critiche di mezzo mondo.
Basti immaginare una sola nave carica di migranti, donne e bambini
compresi, ferma sotto il sole al limite delle acque territoriali. Anche
se riforniti di acqua e cibo – come garantito – è comunque una pessima
situazione. «Se non fosse una provocazione sarebbe inaccettabile», ha
detto il direttore della Fondazione Migrantes, monsignor Giancarlo
Perego, commentando l’eventuale blocco di porti.
Proprio per
questo, per evitare di ritrovarsi ostaggio delle proprie scelte, in
queste ore sta aumentando il pressing del governo sulle cancellerie
europee. L’Italia può contare sull’appoggio della Germania e del
presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker che però non bastano
visto che poi le decisioni vere sono quelle che vengono prese nel
Consiglio europeo. Per ora di sicuro ci sarebbero solo altri 40 milioni
di euro promessi da Juncker per la Libia. Che però rischiano di non
bastare.