Corriere 1.7.17
Dopo il voto calano M5S e dem Balzo della Lega, ora è al 15% E FI guadagna quasi un punto
di Nando Pagnoncelli
Rebus governabilità: solo Grillo, Salvini e Meloni potrebbero farcela
L
e elezioni comunali di giugno hanno rappresentato, come di consueto,
una sorta di ordalia e anche il dibattito post-elettorale ha seguito il
copione usuale: tra i diversi esponenti politici, infatti, il
significato del risultato uscito dalle urne nonché le presunte
motivazioni di voto degli elettori sono risultati tutt’altro che
univoci. E ciò è accaduto anche all’interno degli stessi partiti o tra
partiti appartenenti alla stessa area. Si è assistito a una sorta di
gioco delle parti: c’è chi ha utilizzato toni trionfali, chi ha
minimizzato un esito negativo, chi ha drammatizzato. Quasi sempre in
modo apodittico, senza lasciare spazio a dubbi.
Ma chi ha vinto
secondo gli italiani? La maggioranza relativa degli intervistati (37%)
assegna la vittoria a tutto il centrodestra nel suo insieme e a costoro
si aggiunge il 14% che indica Berlusconi e il 9% Salvini; a seguire il
24% ritiene che abbia vinto l’astensione, indice di disaffezione dei
cittadini nonostante si trattasse delle elezioni comunali, cioè quelle
più prossime agli interessi dei cittadini. Chiudono la graduatoria il
Movimento 5 Stelle e Renzi, citati rispettivamente dall’11 e dal 5%.
Anche
tra le file del Pd la maggioranza attribuisce la vittoria al
centrodestra o ai suoi leader, in particolare a Salvini (16%, peraltro
alla pari di Renzi) e una quota non trascurabile (37%) accentua
l’importanza attribuita al «partito del non voto». Tra i pentastellati
la maggioranza attribuisce la vittoria al proprio movimento (37%) e, a
seguire, all’astensione (30%) mentre gli elettori del centrodestra
appaiono decisamente galvanizzati e considerano il risultato soprattutto
una vittoria dell’intera area politica e in secondo luogo del proprio
leader: Salvini, indicato dal 42% dei leghisti, e Berlusconi, dal 32%
dei suoi elettori.
Le opinioni si dividono riguardo alla strategia
futura del Pd: il 54% degli italiani ritiene che il partito di Renzi
debba rafforzare l’unità a sinistra mentre il 46% è di parere opposto e
pensa che l’alleanza con la sinistra possa determinare una sconfitta per
il Pd. Si tratta di una divisione presente anche tra gli elettori del
Pd (55% a 45%).
Il voto di giugno ha rovesciato le opinioni
riguardo alla data delle prossime elezioni politiche: oggi infatti il
56% vorrebbe che si votasse alla fine della legislatura mentre il 44%
auspica di votare il più presto possibile. Solo i pentastellati
preferiscono il voto subito (60%), mentre nel centrodestra gli elettori
sono decisamente più divisi, probabilmente perché nonostante il positivo
risultato ottenuto alle comunali ritengono che ci sia bisogno di più
tempo per definire i programmi e, soprattutto, la leadership.
Analogamente tre elettori su quattro del Pd vorrebbero votare a fine
legislatura, in parte perché molti si oppongono a far cadere il governo
Gentiloni che continua a mantenere un buon livello di consenso, in parte
perché si sono acuite le tensioni interne, testimoniate dalle
dichiarazioni di alcuni importanti esponenti del partito, e la
ricomposizione richiede tempo.
Anche gli orientamenti di voto
hanno fatto registrare alcuni cambiamenti degni di rilievo. In
particolare rispetto alla settimana antecedente il primo turno delle
comunali i due principali partiti fanno segnare una flessione, più
marcata per il M5S (-2,3%) rispetto al Pd (-1,5%). Il vantaggio del
primo sul secondo si è assottigliato e si attesta allo 0,5% (28,3% a
27,8%). Al contrario il centrodestra appare in crescita, soprattutto per
merito dei due principali soggetti: la Lega passa dal 12,4% al 15% e
sorpassa Forza Italia che dal 13,5% sale al 14,3%. Fratelli d’Italia fa
registrare una lieve flessione (da 4,8% a 4,2%). Nell’insieme, quindi,
si attesta al 33,5% (+2,8%).
Alla luce di questi dati, simulando
la ripartizione dei seggi secondo quanto previsto dall’Italicum, l’unica
maggioranza possibile sarebbe quella tra M5S (193 deputati) e
sovranisti (104 per la Lega e 28 per FdI). Viceversa un’alleanza tra Pd
(197), Forza Italia (99) e liste autonome/voto estero (9) si fermerebbe
sotto la soglia dei 316, non potendo contare né sull’area centrista né
sulla sinistra che al momento risulterebbero sotto il 3%.
Ipotizzando
una lista unica di sinistra la situazione cambierebbe perché ci
sarebbero i presupposti per una ipotetica (anche se poco realistica)
maggioranza extralarge che comprenda, nell’ordine, Pd (186), Forza
Italia (93), sinistra (37) e liste autonome/voto estero (9).
Insomma, nonostante qualche cambiamento, la governabilità continua ad essere una chimera .
@NPagnoncelli