domenica 2 luglio 2017

Il Fatto 2.7.17
Pisapia predica: “Soli si perde”. Renzi sfida: “Non mi fermate”
Esordio a Roma per l’ex sindaco di Milano che invoca un centrosinistra unito ma ormai i ponti col Pd sono saltati anche se lo scontro non è mai frontale
di Luca De Carolis

Ormai il muro è troppo alto, e buonanotte ai sogni di un nuovo centrosinistra. Anche se dalla piazza romana il (possibile) federatore Giuliano Pisapia invoca ancora unità, “perché da soli non si va da nessuna parte”. Speranze e poco più, perché il combinato disposto tra Insieme, la manifestazione di ieri a Roma della sinistra fuori del Pd, e il Matteo Renzi che ha parlato a Milano certifica che riunire questo Pd con questa sinistra ad oggi è impraticabile.
Lo dice dritto il Renzi che all’ora di pranzo interviene nel Forum dem: “Fuori del Pd c’è la sconfitta della sinistra. A Pisapia e Bersani non dico nulla, sono pronto a ragionare con tutti, ma sui temi del futuro dell’Italia non ci fermiamo davanti a nessuno”. E lo dice chiarissimo Bersani, il più applaudito nel pomeriggio a piazza Santi Apostoli: “Noi nasciamo alternativi alle politiche sbagliate di Renzi. Il Pd non è nelle condizioni di promuovere un centrosinistra largo”. E a metterci il timbro provvede Massimo D’Alema: “Andremo alle elezioni ognuno con la sua piattaforma, se noi avremo un grande successo sarà possibile riaprire un discorso con il Pd”. Magari senza Renzi dall’altra parte del tavolo. Congetture e calcoli, a margine di quel metaforico ponte levatoio che sale nel pomeriggio di Roma. Nonostante Pisapia, che forse proverà ancora a riunire i poli opposti, e di quella minoranza dem che si materializza ripetendo le parole “unità” e “centrosinistra” come per riconoscersi (e per farsi coraggio?). Nell’attesa, Pisapia lancia “la casa comune del centrosinistra, che non sarà una fusione a freddo. Penso a un discorso graduale, per evolvere le singole esperienze in un nuovo soggetto”.
Tradotto, vuole che Mdp e tutti gli altri partiti che ci stanno, dai Verdi a (probabilmente) Sinistra italiana, si sciolgano in una sola forza con Campo Progressista. Ma le resistenze sono forti. Perché Mdp non ha affatto fretta di sciogliersi. Mentre Si rimane guardinga, con il segretario Nicola Fratoianni che non si fa vedere (ma c’è una delegazione del partito). Assenti anche Tomaso Montanari e Anna Falcone, motori dei comitati per il No. Ed è un bel guaio, perché quella dei comitati è una prateria di voti. Con cui Pisapia e i suoi dovranno comunque provare a parlare. Intanto però a Santi Apostoli si marcia verso l’unione degli anti-renziani. Sul palco presenta uno dei fondatori dell’Ulivo, Gad Lerner, mentre si vedono diversi dem. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando dice poco, ma è netto: “Questa piazza non è alternativa al Pd, perché il Pd è nato per unire, come ha ricordato Franceschini”. A Gianni Cuperlo invece chiedono del discorso di Renzi a Milano, e lui allarga le braccia: “In politica l’obbedienza non è una virtù e il Pd non può essere una caserma: le primarie hanno eletto un segretario, non un capo”. Poco più in là il lettiano Marco Meloni, sferzante: “Renzi ha convocato all’ultimo minuto una riunione di seguaci, e non vuole vedere una realtà fatta di sconfitte”. Dopo le 18 sul palco appare Bersani, e sono gli applausi per il protagonista. A cui l’ex segretario dem ricambia mordendo: “Abbiamo un pensiero, se ne prenda atto. Ma voi del Pd che pensiero avete? Ora si sono liberati di D’Alema e il pensiero ce lo darà Bonifazi?”. È tutto un discorso sulle differenze, il suo: “Serve radicale discontinuità, basta arroganza e gigli magici. Non è che tutto il mondo gira attorno alla Leopolda”.
Poco più tardi, quando appare Pisapia per la chiusura, la temperatura è già scesa. L’ex sindaco chiede di “riconoscere gli errori”, come l’abolizione dell’articolo 18 e dell’Imu sulla prima casa per tutti. E punge il rottamatore: “La politica non è avere tanti like, non è l’io, ma il noi”. Quindi dà la sua ricetta: “Quando realtà civiche e sinistra si sono unite sono state in grado di essere davvero innovative”. E comunque Pisapia lo ripete, “da soli si apre la porta alla destra”. Ma per mettere assieme Renzi e Bersani non basta neppure un federatore.