Corriere 2.7.17
Il blitz di Orlando (lontano dal palco): se si parla di contenuti distanze colmabili
di Monica Guerzoni
ROMA
«Non è una piazza alternativa al Pd. Come ha detto Franceschini, il Pd è
nato per unire...». Andrea Orlando approda a Santi Apostoli quando
tutto è iniziato e raggiunge Nicola Zingaretti e Gianni Cuperlo, che da
lunghi minuti lo aspettano nella storica piazza di Prodi e dell’Ulivo:
«Renzi a Milano? Non mi sembra sia stato sordo alle critiche — media
Orlando —. Ha detto che bisogna incontrarsi sui contenuti e che non si
può ragionare solo di sigle».
L’abbraccio con il presidente del
Lazio e poi un curioso serpentone per sfuggire ai cronisti, che vogliono
sapere quanto la minoranza del Pd sia «in sintonia» con Pisapia e
Bersani. «In sintonia magari è eccessivo...», sorride il Guardasigilli e
si fa strada verso il retropalco.
Lui e Gianni Cuperlo rimangono
in piedi, appoggiati a un traliccio, per schivare la photo opportunity
con i leader del nuovo soggetto politico: «Non siamo tra i promotori
della manifestazione, siamo qui per ascoltare e dare un segnale di
attenzione». Ministro, non siete in imbarazzo, in questa piazza
antirenziana? «Non è una piazza contro Renzi, anzi è una piazza che non
chiude la prospettiva unitaria».
Secondo la lettura del leader
della minoranza, Pisapia «ha sì tenuto un filo critico, ma quando parla
di “centrosinistra largo” o delle sconfitte alle Amministrative, non
chiude al Pd». Persino nelle parole ultimative di Bersani, il pontiere
Orlando ha voluto rilevare qualche spiraglio: «Non ho colto una distanza
abissale».
Insomma, il bagno di folla a sinistra, pur nella
calura romana, sembra averlo riconfortato: «Se partiamo dai contenuti le
distanze non sono incolmabili. Pisapia ha scandito parole di
ispirazione unitaria, un’ambizione che merita attenzione».
Lasciando
la piazza Orlando si dice «colpito» per «l’accoglienza e l’affetto»
ricevuti a Santi Apostoli, dove ha riconosciuto molti volti di compagni
ex Ds e Sel: «Tanti mi hanno chiesto di farsi un selfie con me e, tra i
partecipanti, ho visto una doppia reazione, chi mi ha supplicato di
“portare il Pd più a sinistra” e chi mi ha detto “ma tu che ci stai a
fare nel Pd di Renzi?”».
Ecco, il tema per gli orlandiani è
questo. In Liguria 22 esponenti della corrente sono usciti dal Pd e
Orlando non sottovaluta la tentazione di seguire le orme di Pier Luigi
Bersani e Massimo D’Alema. «Sul territorio c’è una difficoltà, non
nuova, di tanti militanti storici. Sono preoccupato — ammette — per il
riflesso che può avere il dato delle Amministrative. Se si muove
l’elettorato, la conseguenza nel partito è che poi si muovono i
militanti».
Pochi metri più in là Alfredo D’Attorre di Mdp vede
gli orlandiani «a un bivio». O dentro, in condizioni di «totale
minorità», o fuori, per ricostruire il centrosinistra. E Nico Stumpo,
grande esperto di movimenti di truppe, racconta una battuta di Bersani,
sere fa, a Milano, durante una cena di sottoscrizione: «Ai compagni che
sono rimasti nel Pd dico che il tempo scade, non è che potete arrivare
quando tutto è crollato...».
Lo sa bene Gianni Cuperlo, che
proprio a Milano fatica a tenere a freno i suoi, sedotti dalle sirene di
Pisapia. La metafora dell’ex presidente dem rivela «la fatica» di
restare nel partito di Renzi: «La sinistra del Pd è come il genio
civile, quelli che arrivano nelle zone distrutte, dove è crollato il
ponte, e devono ricostruire tutto».