Corriere 2.7.17
Tutte le anime della sinistra tra dissidenti pd e bandiere In scena l’eterna nostalgia
di Pierluigi Battista
L’
entusiasmo e l’ardore del nuovo inizio no, quelli non c’erano. Però
c’erano molto languore e molta tenera malinconia per un ritorno. Perché a
piazza Santi Apostoli non c’era un nuovo inizio trionfante e
tambureggiante. C’era il ritorno degli affetti, il ritrovarsi, il
riabbracciarsi, il rivedersi. C’era la sinistra che si commuove alla
parola sinistra. C’era il ritorno di un popolo disperso. Un giovane con
la chitarra sul palco vedeva finalmente tornare le bandiere rosse. È
tornato Leoluca Orlando, che anzi non se n’era mai andato. È tornata
Sabrina Ferilli che dopo un fugace incantamento per i Cinque Stelle
lascia a un ritornato Gad Lerner un messaggio che la piazza accoglie con
un caloroso applauso. È tornato Antonio Bassolino, che sembra più
giovane di vent’anni fa quando un D’Alema, anche lui tornato dall’Europa
spietata e rottamatrice, lo aveva incluso nel partito dei sindaci
«cacicchi». Ora stanno nella stessa piazza di Pierluigi Bersani, tornato
con le sue metafore, con Giuliano Pisapia, tornato dal vano tentativo
di mettere insieme questa piazza e Matteo Renzi.
È come se fosse
tornata in una piazza Santi Apostoli che aveva conosciuto le notti
trionfali dell’Ulivo l’immagine di una sinistra che fu. Non una piazza
contro Renzi, che anzi è stato poco nominato, se non per allusioni e
punzecchiature oblique. Ma una piazza che provava ad assaporare
l’illusione di un mondo senza Renzi. Non contro, ma senza. Ed era una
sensazione strana. C’erano i dissidenti del Pd che quasi si sentivano
frastornati, in libera uscita.
Andrea Orlando, appena arrivato, ha
chiesto ripetutamente di Gianni Cuperlo, come se non avesse voluto
restare da solo, e quando qualcuno gli diceva che questa piazza era
«contro il Pd», lui replicava «non è così», e quando qualcuno gli diceva
che era «contro Renzi», lui replicava ancora «non è così». C’era
Cuperlo che spiegava come il centrosinistra a suo parere dovrebbe
prendere spunto dall’Olanda anni Settanta, quella del calcio totale e di
Johan Cruijff, ma se qualcuno gli faceva notare che poi quell’Olanda le
prendeva dalla Germania, lui non è che si dimostrasse pentito per
l’azzardato paragone. C’erano frammenti di una sinistra trattata in
questi anni come un imbranato, parole di Renzi in una Leopolda, che
cerca di infilare un vecchio gettone nel telefonino. Una sinistra che si
è offesa e che rivendica, come ha detto Bersani, di avere almeno «un
pensiero», a differenza, pare di capire, del cerchio dei pasdaran
renziani. E però il rapporto tra la tradizione e la modernità deve
essere molto complicato se un momento di forte tensione si è avuto
quando dal palco hanno chiesto di non sventolare troppo le bandiere
altrimenti si sarebbero oscurate le telecamere che riprendevano per lo
streaming . Ma come, fischiavano allibiti dalla piazza, siamo venuti fin
qui proprio per sventolare le nostre rosse bandiere di «Articolo 1», e
voi ci dite di tenerle arrotolate? Ma no, rispondevano dal palco, è che
così impedite a tanta gente sparsa per l’Italia di seguire questa
manifestazione. Ecco, le due anime della sinistra che convivono con
difficoltà si sono scontrate ancora una volta. Pisapia ha detto che in
questa manifestazione prendeva forma la nuova «casa comune» della
sinistra, ma si capisce che le tante sinistre presenti non riescono a
mettersi d’accordo sull’arredamento e sulle icone da appendere alle
pareti.
Si ritrovano con affetto e anche dolcezza come se un
usurpatore avesse strappato via la sinistra dal cuore della politica. E
danno la colpa all’usurpatore Renzi se le cose vanno male. Ma vanno male
per la sinistra in tutta Europa, il Partito socialista in Francia ha il
6 per cento, in Germania un disastro, lo stesso Jeremy Corbyn, che in
questa piazza viene idolatrato, ha vinto rispetto alle aspettative ma in
Gran Bretagna comunque c’è un governo dei Tories, e anche i democratici
in America non se la passano bene e non hanno nemmeno un Renzi contro
cui prendersela. Ma qui vogliono riappropriarsi di una simbologia, di
una mitologia, di una storia, di una tradizione, di un linguaggio, di
una piazza. Per questo il sentimento del «ritorno» è così più forte di
un «nuovo inizio» di cui non si sente la spinta combattiva, per la
verità. E non si sente neanche una parola concreta su quello che
dovrebbe essere fatto da qui alle elezioni, e come presentarsi e con
chi.
«Insieme», dice l’insegna della manifestazione. Ma insieme a
chi? Intanto insieme in una piazza con le bandiere, le canzoni e gli
slogan che più stanno a cuore. Anche alla presidente Laura Boldrini che
qui dismette l’abito istituzionale per reimmergersi nella sinistra di
cui è figlia. Ai fuoriusciti del Pd divisi in tanti gruppi, alla vecchia
sinistra, ai Verdi riesumati per l’occasione, a coloro che stanno
ancora nel Pd con disagio come Orlando, Cuperlo, Cesare Damiano e non
vorrebbero sentire nominare Renzi e scuotono la testa se invece devono
commentare le parole di chiusura alla coalizione del segretario a
Milano. E cercano una bandiera, rossa, da sventolare «insieme». L’eterno
ritorno.