sabato 1 luglio 2017

Corriere 1.7.17
Renzi nella morsa del vecchio derby Prodi-Berlusconi
di Francesco Verderami

Rieccoli: Berlusconi contro Prodi, Prodi contro Berlusconi. Ventuno anni dopo il loro primo duello, i protagonisti della Seconda Repubblica tornano a rivaleggiare. Stavolta sulla legge elettorale. Il Cavaliere è per il proporzionale, il Professore per il maggioritario: quando si dice una scelta di campo.
In palio non c’è più Palazzo Chigi ma il suo controllo, la capacità cioè di influire sugli uomini e sui futuri assetti di governo. Cinquestelle permettendo. Come se il tempo non fosse passato, Prodi e Berlusconi ripropongono il vecchio derby. Sembrano usciti dalla piscina di Cocoon, rinvigoriti politicamente dal consenso che avvertono a ogni loro uscita pubblica. «Non mi sono mai sentito così bene», sorrideva il Professore giovedì dopo l’ovazione che gli era stata tributata alla convention della Cisl. «Appena scendo dall’auto, c’è la fila di ragazzi che vogliono farsi la foto con me», commentava il Cavaliere qualche settimana fa: «Al Tg5 invece ho visto un servizio e non c’era nessuno attorno a Renzi».
Renzi, appunto. Dovrebbe dipendere da lui l’ultima parola sul modello elettorale, e infatti è a lui che il Cavaliere e il Professore si rivolgono: il primo per puntare all’accordo di larghe intese dopo il voto, il secondo per impedire che l’accordo tra i due si realizzi dopo il voto. Cinquestelle permettendo. Così lo scontro a distanza è ripreso. Con il fondatore del centrodestra che — rivedendo il rivale in scena — si è chiesto se «esser stato umiliato tre volte dai suoi non gli è bastato». E con il fondatore dell’Ulivo che — divertito — insieme ad alcuni amici si è chiesto se al rivale «esser stato sempre battuto da me non gli è bastato».
E poi ci sarebbe sempre Renzi, appunto. Il leader democrat — viste le circostanze — ha spostato a settembre la ripresa del confronto sulla legge elettorale. Avesse insistito gli sarebbe saltato il partito. Le camarille tattiche non ingannino: la scelta del rinvio è frutto di un’intesa tra Renzi e Berlusconi con il beneplacito del Colle, preoccupato — dopo il tonfo alla Camera dell’intesa sul proporzionale — di garantire la stabilità. Perché resta l’auspicio di Mattarella di veder approvato un nuovo sistema di voto «omogeneo per i due rami del Parlamento», ma senza che in questa fase venga minata la tenuta del governo, impegnato a scrivere la legge di Stabilità e alle prese con l’emergenza migratoria, che non può risolversi con velleitarie azioni unilaterali italiane.
Tutti nel Palazzo si preparano alla sfida di settembre sulla legge elettorale, che disegnerà i futuri scenari di potere. Cinquestelle permettendo. L’idea di tenere sotto pressione il leader democratico — continuando a proporre una riforma di stampo maggioritario — accomuna Prodi a quanti dentro e fuori il Pd osteggiano il ritorno di Renzi a Palazzo Chigi con il sostegno di Berlusconi. Questo è il disegno: perché è chiaro che, in sistema multipolare, con due diverse Camere e due diversi elettorati, nessun modello di voto consentirebbe di evitare governi di larghe intese.
Nell’altra metà campo, invece, l’idea di Berlusconi è che ci siano ancora margini per arrivare a un’intesa con Renzi sul proporzionale. Il Cavaliere ritiene che il primo accordo non abbia retto perché comprendeva le elezioni anticipate. Ma a settembre, visto che a quel punto si andrà a scadenza naturale di legislatura, è convinto che si ricreeranno le condizioni dell’intesa, perché «il tedesco converrà a tutti»: a quella parte del Pd anti-renziano che constaterà come sia impossibile l’intesa con Mdp; a Mdp che per conquistare voti non potrà coalizzarsi con il Pd; e ovviamente a sé medesimo.
È una scommessa però, dato che l’idea di Renzi — per ora — è di restar fermo. Stretto nella morsa tra Berlusconi e Prodi, fa mostra di non voler toccare i meccanismi di voto esistenti per Camera e Senato. Anche perché, senza un sostegno di Grillo, «prepareremmo a M5S la campagna elettorale». In quel caso, con il premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione, il Cavaliere — che rifiuta di allearsi con Salvini — si troverebbe davanti a un bivio: soggiacere all’intesa con la Lega o decidere di andare da solo, mettendo in preventivo una rottura in Forza Italia. Perché è vero che Berlusconi e Prodi hanno ripreso a duellare e che il tempo sembra non essere passato. Ma il tempo passa.
Francesco Verderami