Repubblica 9.6.17
Gli studi americani
Quando Michael Walzer li sdoganò negli Stati Uniti
Nadia Urbinati
Il
termine “liberal-socialismo” era un ossimoro per gli studiosi americani
prima della pubblicazione in inglese, nel 1994, dell’omonimo testo (
Socialismo liberale) di Carlo Rosselli per Princeton University Press.
Quando avevo progettato l’edizione inglese, due anni prima, dovevo
cercare di convincere l’editore dell’importanza del volume, come
documento storico e soprattutto come tentativo teorico coraggioso di
coniugare un ideale novecentesco di socialismo con un progetto
democratico che solo la fine dei regimi totalitari avrebbe rilanciato. A
sostenere la ragione storica furono Sebastian de Grazia e Isaiah
Berlin. A Berlin fu richiesto di convincere la casa editrice del valore
di Carlo Rosselli e del ruolo che ebbe non solo nell’antifascismo e nel
socialismo riformista italiano. Nella sua lettera a Princeton Press,
Berlin si disse meravigliato che questo «coraggioso antifascista» non
fosse conosciuto, fondatore di un movimento clandestino a Parigi,
Giustizia e Libertà, e intelligente elaboratore di un’idea di socialismo
che era una risposta allo stalinismo assolutamente originale quando fu
pensata, alla fine degli anni Venti.
Berlin aveva ragione di
stupirsi dell’ignoranza del pubblico colto americano, perché in effetti
Rosselli era conosciuto negli Stati Uniti. Quando venne trucidato
insieme al fratello Nello, esistevano nel paese diversi nuclei di Gl tra
i fuoriusciti italiani. Inoltre il progetto di Rosselli aveva molti
simpatizzanti americani, come Bruce Bliven di The New Republic, Hamilton
Fish Amstrong di Foreign Affairs, Frida Kirchway di The Nation; e poi
ancora, Roger Baldwin dell’American Civil Liberties Union, il giudice
della Corte suprema Felix Frankfurter, e poi Normal Thomson e Lewis
Munford, e altri ancora. Un ruolo importante per la conoscenza di
Rosselli e delle sue idee politiche nei circoli della sinistra
democratica americana fu svolto da Irving Howe, fondatore della rivista
Dissent. E fu appunto il direttore di Dissent Michael Walzer che
sostenne presso la casa
editrice di Princeton le ragioni della
traduzione inglese di Socialismo liberale, e poi scrisse una memorabile
recensione del libro su The New Republic.
Nella sua recensione,
Walzer scrisse di aver compreso per la prima volta leggendo Rosselli
come la Grande depressione avesse “salvato dal declino” il marxismo
sovietico, legittimando l’idea che la crisi del capitalismo avesse reso
anacronistico le illusioni riformiste. Gli argomenti di Rosselli,
osservava Walzer, «hanno senso soprattutto oggi, ma non erano
convincenti nei primi anni ’30», quando nullo era lo spazio per un
governo liberale e democratico dell’economia capitalistica. Dopo più di
vent’anni dalla sua edizione inglese, viene spontaneo chiedersi se
quella idea così forte e ragionevole idea abbia davvero conquistato la
sinistra o non sia caduta ancora una volta nell’oblio generale, per mano
non delle persecuzioni di regimi illiberali ma dell’indifferenza della
politica praticata per gli ideali e i programmi di giustizia sociale.