Repubblica 9.6.17
Napolitano: furono i profeti della meglio gioventù del futuro
Giorgio Napolitano
Ci
è comune, credo, l’assillo per i limiti e le incertezze che pesano
sulle forze riformiste di ispirazione socialista nel nostro Paese. Tra
le vie da battere per reagirvi con successo, vediamo quelle suggerite
dall’iniziativa di oggi: ripensamento e recupero di filoni vitali, di
passaggi cruciali della storia politica e culturale della sinistra
italiana, e insieme piena acquisizione dell’orizzonte europeo,
compenetrazione senza residui e remore con la realtà del socialismo
europeo. La riflessione su Carlo Rosselli ci aiuta nell’un senso e
nell’altro.
Ci interessa guardare avanti, al profilo e al ruolo
che può assumere nel nostro Paese la sinistra riformista, come
espressione rappresentativa del socialismo europeo; ma proprio perché
parliamo di una forza che non nasce dal nulla, che non cancella la
memoria e l’eredità storica del movimento operaio e della sinistra di
matrice socialista, nelle sue luci e nelle sue ombre, nella pluralità e
nel drammatico contrasto delle sue componenti, proprio perciò ci
guardiamo tanto dal lasciar cadere quel che del passato può rivivere nel
presente quanto dall’esser reticenti su quel che ci ha segnato più
duramente.
Carlo Rosselli nel 1937 — poco prima di cadere, insieme
con Nello, vittima di uno dei più turpi crimini fascisti — lanciò
l’appello a socialisti e comunisti per una nuova unità, per una nuova
formazione politica, e scrisse: «Pensare meno al 1921, e più al 1937».
Potremmo, parafrasando, dire: «Pensare meno agli anni ’30, e anche agli
anni ’70-’80, e più ai nostri anni e a quelli che seguiranno». Ma è
giusto tornare indietro per un momento, e ricordare come il Rosselli di
quell’appello del ’37 è anche quello del richiamo ai socialisti perché
capissero che «il partito comunista, cui noi non risparmiamo le
critiche, è e resta una realtà con la quale dobbiamo tutti fare i
conti».
Nuovi sviluppi dell’elaborazione e della politica delle
forze socialiste, e nuovi sviluppi del pensiero liberale, si confrontano
ora con un’evoluzione dello scenario europeo e mondiale che ha portato
il segno — per abusato che sia il termine — della globalizzazione. Siamo
di fronte a istanze di giustizia e ad istanze di libertà che la
sinistra europea deve saper riformulare e che dall’Europa debbono
abbracciare altre realtà di questo mondo solcato dalle disuguaglianze e
interdipendente. Il compito è arduo, non poche le insidie da cui
guardarsi, e non poche le novità che stentiamo a cogliere.
Nel sollecitare regole per il mercato, per l’economia globale, nel respingere mistificatorie invocazioni di quel
laissez
faire di cui Keynes decretò la fine, non possiamo cedere a tentazioni
neovincolistiche e neoprotezionistiche. Diamo la priorità alle esigenze
della coesione sociale, della lotta contro l’esclusione; non possiamo
trascurare la tematica dei condizionamenti cui è esposta la libertà
individuale, in particolare l’istanza emergente della tutela della
privacy. Questioni di libertà e di giustizia si intrecciano nell’impegno
a vivere il nostro tempo come “età dei diritti”, su scala mondiale, e
nel rapporto, all’interno delle nostre società, con l’altro, con lo
straniero che è giunto e giungerà in questa epoca di nuove migrazioni.
Sono,
tutte, prove importanti iscritte nel futuro della sinistra europea e
già presenti nella sua difficile esperienza di governo. Non possiamo
reggerle senza una rinnovata apertura dei partiti del socialismo agli
apporti delle culture più sensibili ai temi e ai valori di cui la nostra
politica deve arricchirsi.
Il testo che qui pubblichiamo è un
estratto della relazione di Giorgio Napolitano al convegno intitolato
Socialismo e libertà — Ricordando Carlo Rosselli ( Roma, 27 febbraio
1999)