Repubblica 9.6.17
Il protagonista.
Il numero uno del Labour ha sorpreso in campagna e ha fatto breccia tra i ragazzi, concentrandosi su economia e diseguaglianze
Jeremy, colto e stravagante con la sua storia fatta di “no” ha convinto i giovani inglesi
John Lloyd
LONDRA
NEI due stati anglosassoni più importanti, Stati Uniti e Regno Unito,
di questi tempi prevale un comportamento contrastante. Gli americani —
si diceva fiduciosamente — non eleggeranno mai un miliardario senza
esperienza di governo, che si fa vanto di maltrattare le donne e sa poco
di politica, sia interna che estera. Invece l’hanno fatto. I britannici
— questa era la previsione — non voteranno mai a favore della Brexit,
perché l’Unione europea è il loro mercato principale e sono felici di
esserne semi- distaccati ma di farne pur sempre parte. Invece l’hanno
fatto.
Era opinione comune che i britannici non avrebbero votato
per Jeremy Corbyn, che ha trascorso la sua intera vita politica
all’estrema sinistra: la Gran Bretagna, al pari dell’Italia, è un Paese
conservatore per natura. Oltre a ciò, Corbyn ha un aspetto stravagante, è
trasandato nel vestire, ha i denti rovinati e non sembra affatto un
politico di successo. Ha dato il suo appoggio a organizzazioni
terroristiche come Ira, Hamas e Hezbollah. Non ha avuto esperienze di
leadership. Ma i britannici alla fine sembrano aver votato per lui! Le
prime indicazioni mostrano i conservatori in testa e i laburisti che li
incalzano. Perchè Jeremy Corbyn ha vinto?
Theresa May ha indetto
le elezioni perché le sembrava ovvio, con i laburisti che stentavano a
far breccia nell’opinione pubblica, distanti 20 punti, che la vittoria
sarebbe stata semplice. I commentatori le davano ragione. Per questo il
Partito Conservatore, il partito di governo che si aspettava una
campagna facile e una grande vittoria, ha fatto una pessima campagna
elettorale. Con la May che sembrava preoccupata, distante, priva di
entusiasmo. Ma siccome la campagna era costruita intorno a lei, e lo
slogan era sulla sua «forte e stabile» leadership si è dovuta caricare
tutto il peso: mentre le altre figure rilevanti del partito si sono
fatte vedere poco.
E forse a ragione. May dovrà ora probabilmente
affrontare una sfida alla sua leadership. Il governo andrà avanti, ma ci
saranno dei movimenti all’interno del partito, con nuovi personaggi che
cercheranno di prenderle il posto.
In questa situazione che
possibilità ha Corbyn di diventare premier? Gli Exit Poll danno ai
laburisti 48 seggi in meno dei conservatori. Ma se le proiezioni totali
sono giuste, i laburisti potrebbero formare una coalizione “anti-
Brexit”. Con tutti gli altri partiti – Nazionalisti scozzesi, liberal
democratici, nazionalisti gallesi e verdi, potrebbero portare ad una
maggioranza sui conservatori. I 18 seggi dell’Irlanda del Nord devono
ancora essere contati: ma probabilmente saranno divisi fra gli unionisti
pro-Brexit e vicini ai conservatori, e i nazionalisti e liberali,
contrari alla Brexit.
Corbyn ha fatto molto meglio di quanto
chiunque si aspettasse. Si è preparato bene: come quando durante le
interviste gli chiedevano dei suoi contatti con organizzazioni
terroriste e lui ha continuato imperterrito a ripetere «cercavo la
pace». Ha parlato poco di Brexit, poco di politica estera. Invece si è
concentrato sull’economia, sugli effetti dell’austerity sulla vita dei
lavoratori, sulle ineguaglianze, sulla paura della disoccupazione futura
che ha la gente.
Piace ai giovani, in parte perché il suo partito
era contro la Brexit (impopolare fra i ragazzi britannici) e perché è
riuscito a far passare l’immagine di uno charme gentile. E ora, se
riuscirà a mettere insieme una coalizione, come leader del partito più
grande, potrebbe diventare premier. Questo è possibile. Quello che è
certo: è il periodo di turbolenta incertezza che affronterà il Regno
Unito