Repubblica 8.6.17
Parco del Colosseo bocciato dal Tar il progetto Mibact
Lorenzo D’Albergo
Sul
Parco archeologico del Colosseo, la ciliegina sulla rivoluzione del
Mibact del ministro Dario Franceschini, piomba il “niet” del Tar del
Lazio. Stop quindi alla super struttura che doveva accorpare i tesori
dell’archeologia romana: dall’Anfiteatro Flavio alla Domus Aurea, dai
Fori al Palatino. E stop anche al concorso internazionale che entro fine
mese avrebbe dovuto indicare il nuovo direttore manager. Questa volta,
se possibile, lo schiaffo inferto dalla magistratura amministrativa al
titolare del Collegio Romano è più doloroso di quello arrivato sulla
riforma dei musei e la nomina dei direttori dei supermusei, stranieri in
testa. Almeno nei toni, perché i giudici non sembrano essersi
risparmiati. Nelle 36 pagine del dispositivo, le toghe della seconda
sezione quater citano la Costituzione e poi affondano il colpo: sulla
gestione recente dell’Anfiteatro Flavio ravvisano la «violazione del
principio della leale collaborazione tra enti». Di più: per il Tar, «le
disposizioni di legge non hanno attribuito al ministro alcun potere di
creare un nuovo ufficio dirigenziale generale». Secondo i giudici quello
di Franceschini è stato un colpo di mano: «La nuova configurazione – si
legge nella sentenza – avrebbe comportato la perdita per la città di
Roma di gran parte dei proventi del Colosseo».
Ora, annullato il
decreto del Mibact del 12 gennaio, torna tutto come prima. Riecco la
Soprintendenza speciale per il Colosseo di Francesco Prosperetti. Mentre
Federica Galloni, la direttrice ad interim del Parco archeologico,
tornerà alla direzione dell’Arte contemporanea. A festeggiare, quindi, è
il Campidoglio. Per la sindaca Virginia Raggi e per il suo vice Luca
Bergamo, la battaglia per il Colosseo era diventata un faccia a faccia
tra M5S e Pd. Un braccio di ferro vinto. Almeno per ora. Perché la
sentenza con cui sono stati accolti il ricorso di Palazzo Senatorio e
della Uiltucs Bact nelle prossime ore sarà impugnata dall’avvocatura
dello Stato.
Con tanto di richiesta di immediata sospensione degli
effetti della decisione del Tar del Lazio, i legali del governo e i
tecnici del Collegio Romano torneranno alla carica in appello.
Inequivocabile, in questo senso, il tweet del ministro Franceschini: «Lo
stesso Tar dei direttori stranieri boccia il Parco archeologico del
Colosseo». Poi lo sfogo con i collaboratori: «Fatico a capire perché 31
musei e parchi archeologici, dagli Uffizi a Pompei alla Reggia di
Caserta, vadano bene e il 32esimo, giuridicamente identico agli altri,
invece no». L’ultima parola sul Colosseo spetterà, dunque, al Consiglio
di Stato. Agli stessi magistrati chiamati a esprimersi il 15 giugno
sulla modalità della nomina dei direttori. Potrebbero decidere di
investire della questione anche la Corte costituzionale. La battaglia
non è ancora chiusa. In ballo c’è soprattutto la ripartizione degli
incassi del monumento più redditizio d’Italia (6,4 milioni di accessi
nel 2016 per 60 milioni di euro di entrate). E la possibilità di tirare
uno sgambetto all’avversario. Lo sa bene la sindaca Virginia Raggi, che
ha twittato: «Roma resta di tutti. Sconfitto il tentativo del Governo di
gestire in totale autonomia e senza concertazione il patrimonio
culturale della nostra amministrazione ». A patto che in appello la
sentenza non venga ribaltata.