Repubblica 7.6.17
Il leader laburista “svela” cosa farà il primo giorno al governo in caso di vittoria: “Permesso di residenza agli europei”
L’ottimismo di Jeremy Corbyn “Se vinco, asse con Merkel e Macron”
Enrico Franceschini
LONDRA.
«Telefonerò a Trump per rimproverarlo dei suoi tweet. Inviterò Angela
Merkel allo stadio. Chiamerò Macron per stabilire un rapporto
costruttivo sulla Brexit. E darò unilateralmente il permesso di
residenza ai 3 milioni di europei che vivono in questo paese». E questo è
solo il programma per la prima giornata da primo ministro di Jeremy
Corbyn. Immaginarla non è uno scherzo. Tra 24 ore la Gran Bretagna va
alle urne e tra 48 ore il leader laburista potrebbe entrare a Downing
Street al posto di Theresa May. Un’ipotesi che sembrava inimmaginabile
due anni or sono, quando il deputato più di sinistra del Labour diventò
capo del partito vincendo a sorpresa le primarie, ed è sembrata folle
fino a due mesi fa, quando la leader conservatrice aveva 20 punti di
vantaggio. Ma poi è cominciata la campagna elettorale, Corbyn ha fatto
comizi come una trottola, dilaga su Twitter, ottiene parità di spazi in
tv, e le distanze si sono ridotte, anche per il confronto con una
premier impacciata, fredda, a disagio tra il pubblico. Neanche due
attentati terroristici sono serviti a fermare la rimonta, anzi finora
l’hanno facilitata: May appare in difficoltà davanti all’accusa di avere
messo a repentaglio la sicurezza nazionale, riducendo di 20 mila agenti
le forze di polizia quando era ministro degli Interni. Il video di un
agente che due anni fa la ammoniva a non farlo, ritrovato dal Labour, è
un potente capo d’accusa.
Così non è stravagante che il 68enne
leader del Labour anticipi al Guardian cosa farà nel primo giorno da
premier. Innanzi tutto, pensa davvero di poterlo diventare? «Sì»,
risponde sicuro. «La reazione che vediamo in giro è incredibilmente
entusiastica. E abbiamo fatto tutto quello che era necessario per
vincere». Theresa May lo descrive come non patriottico e debole sul
terrorismo. «Parole insensate», replica lui, con la calma abituale (non
per nulla si è auto soprannominato “Mister Zen”). Si difende così:
«Voglio che il nostro Paese giochi un ruolo costruttivo nel mondo.
Voglio una società dignitosa e armoniosa in Gran Bretagna. Questo mi
renderebbe non patriottico? È un’accusa ridicola. Anzi, offensiva ».
Dunque cosa farà venerdì, se diventerà primo ministro? «Telefonerei a
Merkel e Macron per creare un clima costruttivo nella trattativa con la
Brexit. Annuncerei che i 3 milioni di europei residenti qui potranno
restare per sempre, con la speranza che Merkel faccia lo stesso con i
britannici in Germania, ma non è una questione su cui negozierei,
sarebbe una decisione unilaterale ». Con la cancelliera tedesca vorrebbe
discutere «di football e di Brexit», perciò la inviterebbe allo stadio
londinese dell’Arsenal, sua squadra del cuore, per guardare insieme una
partita. Chiamerebbe anche Donald Trump, nelle prime 24 ore a Downing
Street: innanzitutto per chiedergli di ritrattare i tweet che il
presidente americano ha scritto sul sindaco di Londra, Sadiq Khan,
attribuendogli l’intenzione di minimizzare la minaccia del terrorismo. E
poi per provare a persuaderlo di non ritirarsi dall’accordo sul clima:
«La scelta del presidente americano mi rattrista molto. Ma c’è ancora
tempo per provare a fargli cambiare idea».
In questo si è
dimostrato abile: ha fatto cambiare idea a un sacco di persone, che ora
appaiono invece pronte a votarlo. Non ha fatto cambiare idea a Theresa
May, naturalmente, ma Corbyn non si arrabbia per il veleno della premier
nei suoi confronti. «C’è un sacco di negativismo verso di me. La cosa
migliore davanti a chi dice cose negative, è rispondere con la
positività». Il che non gli ha impedito di chiedere le dimissioni della
premier come responsabile dei tagli alla polizia. «Non ho chiesto le sue
dimissioni da primo ministro», precisa il leader laburista. «Dico solo
che, se fosse ancora ministro degli Interni, alla luce di quanto sta
accadendo, molti chiederebbero di dimettersi ». A farle perdere il
posto, spera Jeremy Corbyn, ci penseranno le elezioni di domani. E lui,
se fra 48 ore entrerà davvero a Downing Street, promette di restare
fedele alla sua regola: «Mai fare attacchi personali, cercare sempre di
parlare anche a chi non va d’accordo con te».