Repubblica 7.6.17
L’età dell’indifferenza
Nadia Urbinati
L’ETÀ
dell’indifferenza: questo il titolo che possiamo dare alle ricerche
demoscopiche più recenti sullo stato della coscienza politica dei
cittadini italiani. Indifferenza, soprattutto nel caso dei giovani tra i
18 e i 34 anni, per le tradizionali divisioni tra destra e sinistra. Lo
conferma il Rapporto Giovani 2017 dell’Istituto Toniolo, realizzato in
collaborazione con Fim Cisl. I giovani non sono indifferenti alle
questioni di giustizia (e di ingiustizia) sociale — alla crescita della
diseguaglianza, al declino delle eguali opportunità, al valore tradito
del merito personale: insomma agli ideali che dal Settecento in poi sono
stati rubricati sotto le bandiere delle varie sinistre. E dunque, in
questo senso, non vi è indifferenza per quella divisione antica.
L’indifferenza
(comprensibile) è verso i partiti che si sono fin qui incaricati di
rappresentare quelle idee di giustizia, e che oggi sono giudicati
(giustamente) come misere macchine elettorali, finalizzati a favorire
coloro (i pochi) che più sono attratti dall’esercizio del potere e dai
privilegi ad esso associati. Sono le élite politiche, il cosiddetto
establishment, a generare la “politica politicata” e, insieme, ad
affossare i valori della politica, le ragioni delle politiche di
giustizia. Questo è il senso dell’analisi dell’Istituto Toniolo e delle
impressioni che ciascuno di noi si fa navigando online o praticando la
quotidiana comunicazione casuale e non premeditata. Osserva Alessandro
Rosina, a commento del Rapporto Giovani, come quello dei ragazzi sia
«l’elettorato più difficile da intercettare » perché critico della
retorica politica e, aggiungiamo, del monopolio del potere della voce
che chi è dentro le istituzioni ha e difende.
L’esclusione dalla
partecipazione alla formazione delle opinioni, non solo alle decisioni,
ha effetti devastanti, perché dimostra come ad essere irrilevante non è
solo il voto ma anche la voce dei cittadini. Avere un blog, postare
messaggi, commentare su Twitter: tutto questo partecipare è poco
soddisfacente perché non produce effetti. Anche partecipare con le sole
opinioni si rivela dispendioso perché senza un ritorno. Che il web serva
a darci democrazia diretta è un’illusione. Senza partiti le voci del
web restano inefficaci.
E i cittadini lo capiscono. Soprattutto i
giovani, abituati ad avere “ritorni” immediati alle loro esternazioni
sul web. E invece la politica resta un muro di gomma, nonostante la
facilità delle comunicazioni. Inarrivabile. Anzi, si potrebbe pensare
che fino a quando l’arma della partecipazione erano i rapporti faccia a
faccia, anche la parola aveva più forza. Oggi, che siamo tutti connessi e
illusi di avere radar tentacolari e altoparlanti potenti, abbiamo
l’impressione, fondata, di essere inascoltati — il rumore resta un
brusio indecifrabile. È questa impotenza a generare demoralizzazione, un
malanno grave nella democrazia che è per antonomasia un fenomeno di
fiducia nel potere della volontà politica, individuale e associata.
Eugenio
Scalfari suggerisce spesso nei suoi editoriali di rileggere Alexis de
Tocqueville. In effetti, sembra di un’attualità disarmante: la società
come una grande audience, interpellata ad ogni soffio di vento per
assicurasi consenso, eppure senza effetti visibili, testabili. Una
grande melassa nella quale la politica — che è invece distinzione di
posizioni, partigianeria e schieramento, anche a costo di essere (o
sembrare) perdenti — si scioglie in chiacchiericcio poco credibile. È
questa l’indifferenza di cui si parla oggi, tra i giovani soprattutto:
prevedibilmente, poiché se non c’è più spazio per il bricolage dei
collettivi, allora ci si scaglia contro chi sta dentro le istituzioni. I
giovani (e meno giovani) scrive Rosina, «si chiudono» alle grandi idee
propositive e «si avvicinano ai partiti anti-sistema come M5S e Lega,
che sono quelli che urlano di più». Nella politica audience-melassa è
l’urlo che fora il muro di niente. Non crea, ma si fa sentire.
L’anti-establishment,
che l’indifferenza per i partiti e i loro leader hanno partorito e
alimentano nel corso degli ultimi anni, è la porta spalancata a quel che
con un termine poco preciso viene chiamato populismo, e che sarebbe
meglio chiamare anti-partitismo, uomoqualunquismo arrabbiato. A chi
vuole arrivare in fretta al potere, questi sondaggi indicano che per
cavalcare l’indifferenza occorre imitare la retorica demagogica e
qualunquista. A chi vuole riannodare i fili di un desiderio della
politica degli ideali, questi sondaggi possono indicare una strada,
forse più impervia ma che potrebbe pagare domani: ricomporre un
collettivo di persone unite da idee, partigiani coraggiosi che non solo
denuncino ma propongano. La lotta per qualcosa che vada oltre la propria
persona ha una bellezza alla quale né i giovani né i meno giovani sono
insensibili.