venerdì 2 giugno 2017

Repubblica 2.6.17
Morta in battaglia contro l’Isis, a Raqqa, Ayse Deniz Karacagil, 24 anni Era il simbolo della lotta per la libertà dei curdi, disegnata da Zerocalcare
Cappuccio rosso
Addio all’eroina ribelle che liberò Kobane
Pietro Del Re


La scheggia d’una granata, o forse la pallottola d’un cecchino islamista, ha falciato lunedì scorso la vita di Ayse Deniz Karacagil. “Cappuccio rosso”, questo era il suo nome di battaglia dai tempi di Gezi Park, è morta combattendo alle porte di Raqqa. Nell’annuncio pubblicato ieri sul sito dell’International Freedom Battalion, la brigata in cui militano giovani giunti da tutto il mondo per combattere lo Stato islamico, la studentessa che divenne combattente è celebrata come un’eroina. Già, perché sebbene le autorità turche considerassero Ayse una terrorista latitante, questa giovane donna con le guance paffute d’una bambina era diventata un idolo per milioni di sue coetanee. In Italia era stata resa famosa dalla matita del fumettista romano Michele Rech, alias Zerocalcare, che in Kobane Calling aveva raccontato il suo coraggioso impegno in difesa della città curda-siriana contro l’avanzata dei jihadisti. Rispetto ai tempi di Kobane, a Raqqa i ruoli sono ormai invertiti: gli assediati sono adesso gli assassini dell’Isis, che Ayse voleva snidare dalla loro ultima roccaforte in Siria.
La storia della militanza di “Cappuccio rosso” comincia a Istanbul, nella primavera del 2013, quando i giovani schierati a difesa degli alberi di Gezi Park furono brutalmente dispersi dalla polizia e quando il presidente Erdogan si tolse per la prima volta la maschera del padre islamista moderato per svelare al mondo il vero volto dell’autocrate. In poche ore, furono uccisi otto manifestanti, e tantissimi furono feriti. Molte persone furono arrestate, processate e condannate a scontare pene di pochi anni per “danneggiamento della pubblica proprietà” o “interruzione di servizio pubblico”. Contro Ayse fu invece scagliata un’accusata ben più pesante, quella di “militanza in organizzazione terroristica” tra i separatisti del Pkk. Tra le prove depositate contro di lei, un magistrato portò in aula la sua «sciarpa rossa, simbolo di socialismo»: quel “cappuccio” che indossa nelle foto, diventate virali, mentre sorride e fa il segno di vittoria con la mano.
Prima di essere condannata a 103 anni di carcere, la ragazza viene rinchiusa nella prigione di Alanya, a un centinaio di chilometri da Istanbul. Ma scarcerata prima del verdetto dal giudice che l’aveva messa in libertà vigilata, Ayse imbraccia il kalashnikov e scappa nelle montagne del Kurdistan, dove raggiunge la divisione femminile delle milizie curde, impegnata nella liberazione di Raqqa dalle brigate nere del Califfo. Nella sua fuga Ayse segue i sentieri che in carcere le avevano indicato altre detenute e quando finalmente arriva a Kobane scrive una lettera in cui annuncia di essersi unita al braccio armato dell’illegale Partito comunista marxista-lenninista turco, composto da uomini e donne che ancora oggi la Turchia di Erdogan bombarda additandoli come terroristi.
Nel post che le ha dedicato ieri su Facebook, Zerocalcare scrive: «È sempre antipatico puntare i riflettori su una persona specifica, in una guerra dove la gente muore ogni giorno e non se la incula nessuno. Però siccome siamo fatti che se incontriamo qualcuno poi per forza di cose ce lo ricordiamo e quel lutto sembra toccarci più da vicino, a morire sul fronte di Raqqa contro i miliziani di Daesh è stata Ayse Deniz Karacagil, la ragazza soprannominata Cappuccio Rosso».
Nel suo bel libro Kobane Calling - a metà tra diario e graphic journalism - il fumettista aveva ripercorso i suoi viaggi in Turchia, Iraq, Siria, raccontando tra le macerie della città contesa il sogno del popolo curdo, il solo al mondo a cui nessuno ancora riconosce i confini di una nazione.
Ayse è rimasta uccisa nel corso di un’offensiva lanciata dalle brigate curdo-siriane, quelle armate da Washington. Sul sito dell’International Freedom Battalion, dove uno slogan recita che la loro bandiera è rossa per il sangue dei suoi martiri, le ultime ore di Ayse non vengono raccontate.
La ragazza è descritta come una combattente coraggiosa, sempre pronta a offrirsi volontaria per le operazioni più pericolose. Nell’annuncio della sua morte è scritto che è caduta sul campo, da eroina. Ma non si accenna al fatto che “Cappuccio rosso” aveva soltanto 24 anni.