venerdì 2 giugno 2017

Repubblica 2.6.17
Uno scatto finale
Michele Ainis


UNA VITA inutile è una morte anticipata, diceva Goethe. Ma l’anticipo della morte può rendere inutile la vita già vissuta. È quanto sta accadendo alla XVII legislatura, da quando i partiti ne hanno decretato i funerali. Sogni di gloria che si trasformano in vergogne. Quanti sono i disegni di legge già approvati nell’uno o nell’altro ramo del Parlamento, che a questo punto cadrebbero nel nulla? La risposta può leggersi nel sito web di palazzo Madama: 364. Più precisamente, 193 leggi già timbrate dalla Camera, 171 dal Senato. Considerando che fin qui, nei quattro anni della legislatura in corso, le assemblee parlamentari sono riuscite a licenziare 290 leggi in tutto, ne deriva che il più è ancora da fare. Sicché lo scioglimento anticipato scioglie al contempo un’ambizione, a suo modo una promessa. Come un pescatore che getti in acqua la sua rete, dimenticando
poi di ritirarla.
C’è insomma un costo giuridico, oltre che economico, in questa corsa verso il sacro lavacro delle urne. E c’è un costo politico. Perché impedendo alla legislatura di maturare i propri frutti, si dichiara fallita un’esperienza trascorsa sotto l’astro del Pd, lo stesso partito che adesso preme per l’anticipo del voto. E perché l’aborto di centinaia di leggi, dopo una prima gestazione conclusa con successo, è uno spot elettorale contro le elezioni, è un omaggio della politica nei riguardi dell’antipolitica, è un inno allo spreco. Sperpero di leggi così come di progetti, d’intelligenze, di talenti: forse l’unica palestra su cui ancora s’esercita il nostro agonismo nazionale.
Dice: però in quel calderone d’iniziative normative mezze cotte e mezze crude, c’è anche carne tossica, c’è qualche fungo velenoso. Vero, per esempio quanto al reato di tortura. Con 28 anni di ritardo rispetto alla ratifica della convenzione Onu, il Senato ha approvato un testo che degrada la tortura a reato comune; che reclama prove impossibili sulle «sofferenze psichiche » inflitte al torturato; che vieta le torture ripetute, quindi una volta sola sì, in quel caso la tortura è lecita, legittima. Una beffa, tanto che lo stesso promotore del disegno di legge (Luigi Manconi) nella votazione finale si è astenuto.
Eppure meglio poco che niente. Il poco in futuro potrà crescere, come un bambino quando s’affaccia al mondo; ma se non nasci, non diverrai mai adulto. È infatti questo il lascito dell’interruzione anticipata della legislatura: un cimitero di diritti negati, di riforme tradite. Innanzitutto quelle su cui ha puntato l’indice Mario Calabresi: il biotestamento, la legge sulla cittadinanza, il codice antimafia, la legalizzazione della cannabis, il nuovo processo penale, oltre all’introduzione del reato di tortura. Sei grandi questioni in cui risuona una domanda di diritti espressa ormai da tempo dalla società italiana. Ma le occasioni perse riempiono un calendario, come chiunque può osservare spigolando fra le 364 leggi votate già in una Camera o nell’altra. La legge sull’omofobia. Quella sulle toghe in politica. L’abolizione dei vitalizi. La legittima difesa, sostenuta da oltre due milioni di firme. Il diritto al cognome. La donazione del proprio corpo alla ricerca. E via via, mentre la legislatura vola via.
Sicché in ultimo ti monta in gola un dubbio: ma questi, facevano sul serio prima o fanno sul serio adesso? I nostri parlamentari ci credevano davvero, passando un anno intero (364 giorni) a esprimere un sì definitivo sulle 364 leggi che ora mandano definitivamente al macero? Probabilmente no, non ci credevano; in politica l’ingenuità è vietata. Nella maggioranza dei casi sapevano già che quelle leggi sarebbero rimaste in mezzo al guado. Ma le hanno approvate lo stesso, sia pure a metà, per mostrare i muscoli dinanzi agli elettori. Giacché con mezza legge vincono tutti: il fronte dei favorevoli, che può menare vanto per un primo successo; il fronte dei contrari, che può intestarsi l’insuccesso. Quanto a noi, vorrà dire che alle prossime elezioni li ricompenseremo con un mezzo voto.