Repubblica 17.6-17
Da Miami l’annuncio della nuova politica: stretta sugli affari, ma l’ambasciata resta aperta
Cuba, Trump cancella gli accordi di Obama “È un regime brutale”
Alberto Flores D’Arcais
NEW
YORK. Un bel po’ di fumo e non troppo arrosto. Donald Trump aveva
promesso di fare tabula rasa delle aperture a Cuba di Obama e aveva
scelto per l’annuncio (non a caso) Miami e un teatro di Little Havana
dove spadroneggia la compagnia di giro degli ultras anti-castristi della
Florida. A parole è un fiume: «Ora che sono presidente denuncio il
brutale regime castrista. I cubani soffrono da sei decenni, con l’aiuto
di Dio presto avremo una Cuba libera. Chiediamo elezioni libere.
Liberate subito i detenuti politici. Obama ha arricchito la dittatura,
io cancello questo accordo completamente squilibrato, costringerò Castro
a farne uno nuovo. Non staremo in silenzio».
Il presidente firma
il decreto che sancisce le nuove politiche contro Cuba. Vuole
«rafforzare il rispetto delle leggi americane » (soprattutto quelle che
regolano l’embargo e il divieto di turismo), minaccia ritorsioni per gli
abusi sui diritti umani («ignorati da Obama»), si fa paladino di una
politica per dare più potere agli stessi cubani «sviluppando una
maggiore libertà economica e politica». Belle parole, proprio quelle che
a Miami volevano sentirsi dire, ma sostanza (al momento) ancora poca.
Per metterle in pratica a The Donald occorrerà tempo (e con il
Russiagate che incombe non è detto che ne abbia), forse il beneplacito
del Congresso - diversi deputati repubblicani non sono entusiasti della
giravolta - e soprattutto dovrà evitare contraccolpi sull’economia della
Florida. Ancora prima dell’apertura di Obama l’embargo era
abbondantemente violato e non è un mistero che a Cuba molti beni
arrivino proprio dal Sunshine State. Le nuove direttive proibiscono a
turisti ed imprenditori americani di avere transazioni con il “Grupo de
Administracion Empresarial”, il braccio commerciale del regime (guidato
dal generale Luis Alberto Rodriguez, genero di Raúl Castro) che
controlla gran parte dell’economia dell’isola (alberghi e ristoranti
della capitale e della spiaggia ultra- turistica di Varadero).
Gli
Stati Uniti però «non chiuderanno l’ambasciata all’Avana » (un successo
che ha come artefice proprio Obama). Così che in fin dei conti, per
quanto riguarda i rapporti con il popolo cubano la scommessa di Trump
non è poi molto diversa da quella del suo predecessore: puntare sulla
vecchiaia di Raúl Castro (pronto a farsi, almeno formalmente, da parte) e
sulla voglia crescente di libertà di intere generazioni che non l’hanno
mai conosciuta