sabato 17 giugno 2017

Repubblica 17.6.16
Il retroscena
Il progetto del segretario esclude Mdp e ogni altra leadership
Le perplessità del Professore
Il listone Renzi da Calenda a Pisapia Prodi avverte: “Con i veti si rischia”
di Goffredo De Marchis

ROMA. «Prodi è sempre il più lucido di tutti» e «l’incontro con lui è andato persino meglio di quello con Veltroni». Matteo Renzi ha raccontato il colloquio con il Professore di giovedì partendo da queste due osservazioni. Un modo per dire che va tutto benone, cioè che, a suo giudizio, Prodi non finirà per mettere i bastoni tra le ruote al Pd. E al segretario. Non sposerà la linea Pisapia, «non uscirà dalla logica del partito che ha fondato». La sua idea, quella di Renzi s’intende, è che alla fine l’unico modo per tenere unito il centrosinistra sarà un listone fatto di diverse sigle per la Camera (dove c’è la soglia del 40 per cento che vale il premio) e la coalizione al Senato. Prodi è d’accordo? Per il momento si è limitato a spiegare al suo interlocutore che «il Consultellum è preferibile alla legge proporzionale finto tedesca » e che «troppi veti finiranno per far naufragare il tentativo di unire». Vale per il Pd e per la sinistra.
Renzi ha dovuto spiegare a lungo come si era arrivati all’accordo sulla legge elettorale che secondo il Professore decretava la fine dell’alternanza. «Non era un cedimento al proporzionale, tantomeno alle larghe intese. Era un patto istituzionale che cercava di avere dentro tutti, come dovrebbe essere quando si cambiano le regole del gioco». Per Prodi, invece, è una fortuna che sia saltato e sarebbe un disastro se tornasse a galla. Arturo Parisi, che era presente all’incontro, è uno sponsor della legge uscita dalla Consulta come male minore. Anzi, ha spiegato che con qualche correttivo (preferenze di genere, adeguamento delle soglie) può essere perfino migliorata. Prodi non è convintissimo di questa tesi, ma ringrazia il cielo che sia fallita l’intesa con Berlusconi «altrimenti il proporzionale finto tedesco ce lo saremmo tenuti per 20-30 anni. Così, forse, ci si può riprovare già a partire dalla prossima legislatura».
Il sostanziale via libera a mantenere le due leggi attualmente in vigore, spinge Renzi a rilanciare il listone di centrosinistra. La lista coalizionale che va dal Pd, a Carlo Calenda (ovvero all’area liberal- popolare di Alfano e Lorenzin, al netto del recente scontro) a Pisapia. Ci sarà un simbolo con tutte le sigle, almeno alla Camera, senza far sparire il logo del Pd che resta il partito maggiore. «Le tecnicalità le vedremo più avanti », dicono al Nazareno. Ma un “triciclo”, una lista a tre gambe come questa, presuppone l’esclusione di Mdp e quindi dei bersaniani perché nelle intenzioni di Renzi dovrebbe essere in continuità con le riforme del suo governo. Qui si affaccia la preoccupazione di Prodi “per i troppi veti”, per la cattive intenzioni di escludere e regolare dei conti. Perciò, osserva, che “niente è stato risolto”. Il colloquio si è rivelato soprattutto un approccio.
Potrebbe bastare un passo indietro del segretario a favore di un altro candidato premier, Gentiloni per esempio? Nell’incontro non se n’è parlato e comunque per i renziani è “un’ipotesi marziana. Cancellare Matteo significa cancellare il Jobs act e le riforme dei mille giorni. Non esiste”. Il tema incontra il mutismo di Prodi, ma è vero che in qualche conversazione qualcuno lo ha sentito dire: “Non dimentichiamoci che quello lì ha vinto le primarie”.
Comunque, Renzi è soddisfatto. Il mini vertice lo tiene dentro le dinamiche del centrosinistra. Invece la suggestione della lista coalizionale, vista da sinistra, appare veramente una chimera. Indigeribile per Bersani e D’Alema e probabilmente difficile per Pisapia. Che adesso deve tenere unita la sua area. Per questo ieri ha mandato una lettera a Susanna Camusso aderendo alla manifestazione contro i voucher della Cgil.