Repubblica 17.6.16
Il retroscena
Il progetto del segretario esclude Mdp e ogni altra leadership
Le perplessità del Professore
Il listone Renzi da Calenda a Pisapia Prodi avverte: “Con i veti si rischia”
di Goffredo De Marchis
ROMA.
«Prodi è sempre il più lucido di tutti» e «l’incontro con lui è andato
persino meglio di quello con Veltroni». Matteo Renzi ha raccontato il
colloquio con il Professore di giovedì partendo da queste due
osservazioni. Un modo per dire che va tutto benone, cioè che, a suo
giudizio, Prodi non finirà per mettere i bastoni tra le ruote al Pd. E
al segretario. Non sposerà la linea Pisapia, «non uscirà dalla logica
del partito che ha fondato». La sua idea, quella di Renzi s’intende, è
che alla fine l’unico modo per tenere unito il centrosinistra sarà un
listone fatto di diverse sigle per la Camera (dove c’è la soglia del 40
per cento che vale il premio) e la coalizione al Senato. Prodi è
d’accordo? Per il momento si è limitato a spiegare al suo interlocutore
che «il Consultellum è preferibile alla legge proporzionale finto
tedesca » e che «troppi veti finiranno per far naufragare il tentativo
di unire». Vale per il Pd e per la sinistra.
Renzi ha dovuto
spiegare a lungo come si era arrivati all’accordo sulla legge elettorale
che secondo il Professore decretava la fine dell’alternanza. «Non era
un cedimento al proporzionale, tantomeno alle larghe intese. Era un
patto istituzionale che cercava di avere dentro tutti, come dovrebbe
essere quando si cambiano le regole del gioco». Per Prodi, invece, è una
fortuna che sia saltato e sarebbe un disastro se tornasse a galla.
Arturo Parisi, che era presente all’incontro, è uno sponsor della legge
uscita dalla Consulta come male minore. Anzi, ha spiegato che con
qualche correttivo (preferenze di genere, adeguamento delle soglie) può
essere perfino migliorata. Prodi non è convintissimo di questa tesi, ma
ringrazia il cielo che sia fallita l’intesa con Berlusconi «altrimenti
il proporzionale finto tedesco ce lo saremmo tenuti per 20-30 anni.
Così, forse, ci si può riprovare già a partire dalla prossima
legislatura».
Il sostanziale via libera a mantenere le due leggi
attualmente in vigore, spinge Renzi a rilanciare il listone di
centrosinistra. La lista coalizionale che va dal Pd, a Carlo Calenda
(ovvero all’area liberal- popolare di Alfano e Lorenzin, al netto del
recente scontro) a Pisapia. Ci sarà un simbolo con tutte le sigle,
almeno alla Camera, senza far sparire il logo del Pd che resta il
partito maggiore. «Le tecnicalità le vedremo più avanti », dicono al
Nazareno. Ma un “triciclo”, una lista a tre gambe come questa,
presuppone l’esclusione di Mdp e quindi dei bersaniani perché nelle
intenzioni di Renzi dovrebbe essere in continuità con le riforme del suo
governo. Qui si affaccia la preoccupazione di Prodi “per i troppi
veti”, per la cattive intenzioni di escludere e regolare dei conti.
Perciò, osserva, che “niente è stato risolto”. Il colloquio si è
rivelato soprattutto un approccio.
Potrebbe bastare un passo
indietro del segretario a favore di un altro candidato premier,
Gentiloni per esempio? Nell’incontro non se n’è parlato e comunque per i
renziani è “un’ipotesi marziana. Cancellare Matteo significa cancellare
il Jobs act e le riforme dei mille giorni. Non esiste”. Il tema
incontra il mutismo di Prodi, ma è vero che in qualche conversazione
qualcuno lo ha sentito dire: “Non dimentichiamoci che quello lì ha vinto
le primarie”.
Comunque, Renzi è soddisfatto. Il mini vertice lo
tiene dentro le dinamiche del centrosinistra. Invece la suggestione
della lista coalizionale, vista da sinistra, appare veramente una
chimera. Indigeribile per Bersani e D’Alema e probabilmente difficile
per Pisapia. Che adesso deve tenere unita la sua area. Per questo ieri
ha mandato una lettera a Susanna Camusso aderendo alla manifestazione
contro i voucher della Cgil.