giovedì 15 giugno 2017

Repubblica 15.6.17
Enigmi, desideri e segreti il figlio secondo Recalcati
Massimo Recalcati


Due differenti paradigmi si impongono per interpretare il rapporto tra padri e figli. Il primo è quello che si incarna nelle tragiche vicende dell’Edipo di Sofocle: la vita del figlio porta con sé, secondo la profezia dell’oracolo, un destino di morte. Edipo, il figlio maledetto, è destinato a divenire il figlio parricida. Di fronte a questa verità Laio – il padre – decide di dare la morte al figlio: la morte contro il pericolo della morte. Ma nella profezia del Dio Apollo non si svela forse una verità che riguarda il processo della filiazione in quanto tale? Non accade sempre che un figlio uccida, almeno simbolicamente, il proprio genitore? La bellezza, la forza, lo splendore, l’indolenza atroce e la bizzarria dei nostri figli non rivela sempre il nostro stesso destino mortale? Edipo è la verità di Laio, ma è una verità che Laio non sa accettare. I vecchi padri non vogliono tramontare, hanno paura dei loro figli, non si lasciano superare. Dunque rispondono alla giusta esigenza di conflitto dei propri figli entrando a loro volta in conflitto con loro. Questo è un passo falso per ogni genitore ed è il passo falso di Laio, il padre orco, il padre tiranno, quello che teme e odia la giovinezza dei figli. Diversa è la posizione che assume – ecco il secondo paradigma – il padre della parabola evangelica di Luca del figliol prodigo. Questo padre sa lasciare al figlio la propria libertà, sa rinunciare alla proprietà esclusiva di suo figlio. Sa, cioè, non rispondere alla necessità del conflitto del figlio con la stessa moneta, sa assumere una posizione non-simmetrica: lasciare andare il figlio e, al tempo stesso, saperlo attendere. Rispettare il segreto del figlio nella sua assoluta differenza dalle attese dei suoi genitori. È quello che le retoriche pedagogiche oggi dominanti delle regole, del dialogo, dell’empatia e della comprensione occultano. Ogni figlio porta con sé un segreto – un desiderio – che è giusto resti illeggibile agli occhi dei propri genitori che non devono essere occhi che sanno leggere tutto. Ogni figlio eccede il piano universale delle regole perché ogni figlio è storto a suo modo. La retorica del dialogo, dell’empatia e della comprensione – alla quale oggi nessuno può sfuggire se vuole essere politicamente corretto - rispetta davvero il segreto del figlio, la sua libertà, la deviazione sempre irregolare del proprio desiderio, che, molto spesso non coincide con i programmi di famiglia, oppure è un modo per assimilare al figlio a quello che i loro genitori si attendono che lui diventi?