il manifesto 15.6.17
La Torre di Babele che dà i nomi alle cose
«Filosofie del linguaggio», a cura di Felice Cimatti e Francesca Piazza
Meschac Gaba
di Alberto Giovanni Biuso
«‘Sono
sempre stato affezionato a quest’altura’ non è la stessa cosa di
‘sempre caro mi fu quest’ermo colle’». Lo riferisce Emanuele Fadda, in
un saggio contenuto nel volume Filosofie del linguaggio, a cura di
Felice Cimatti e Francesca Piazza, (Carocci, pp. 414, euro 29). Perché
non è la stessa cosa? L’enigma del linguaggio sta anche in questa
differenza. Il linguaggio è infatti in sé differenza. E questo in senso
sia storico sia sostanziale.
IN SENSO STORICO perché una lingua è
viva in quanto e sino a quando è capace di mutare, di diversificarsi, di
trasformare le proprie strutture, di abbandonare molte parole per
generarne altre, anche allo scopo di comprendere e dire il mondo che
incessantemente diviene. In senso sostanziale perché il parlare umano
esiste dove ci sono differenze tra le cose, anche allo scopo di rendere
conto di queste differenze.
LA VARIETÀ non è quindi un ostacolo al
linguaggio ma rappresenta una delle sue ragioni d’esistenza. Il
racconto della Torre di Babele è un mito linguistico fondativo perché
coglie in modo drammatico e chiaro l’inevitabilità della differenza
affinché linguaggio ci sia. Questa è la ragione più profonda che
dovrebbe indurre a respingere ogni monoteismo linguistico, come ad
esempio quello che si tenta oggi di imporre con l’inglese.
PARLARE
SIGNIFICA anche articolare suoni con alcune parti del corpo. Il
rapporto del linguaggio con la biologia è chiaro in Darwin, che spiega
in maniera assai sensata la questione dell’innato e dell’appreso. Come
spiegano Cimatti e Fadda, se infatti «è innata la facoltà del
linguaggio, non sono innate le diverse lingue che gli esseri umani
possono parlare».
Su questa base si può affrontare anche la
questione del linguaggio animale, che certamente esiste sia nella sua
continuità con quello umano sia nella sua differenza e soprattutto nella
sua molteplicità. Non può infatti esserci un linguaggio animale per il
semplice fatto che non esiste l’animale, categoria di comodo all’interno
della quale si comprimono, si nascondono, si cancellano le enormi
differenze tra gli animali.
DIFFERENZE che riguardano anche uno
dei nodi più intricati delle teorie e delle filosofie del linguaggio: il
rapporto tra pensiero e parola. L’ingenuità della concezione secondo
cui un essere umano completamente solo non avrebbe bisogno di comunicare
con nessuno ma avrebbe ugualmente intatte e complete le facoltà
linguistiche cominciò a essere abbandonata con Leibniz e Wolff, fu
mostrata in tutta la sua astrattezza da Vico ed è oggi decisamente
respinta.
Pensiero e linguaggio sono infatti inseparabili sia sul
versante della costante conversazione che intratteniamo con noi stessi
sia su quello della comunicazione con gli altri. Inseparabile dal corpo e
dal pensiero, il linguaggio è legato anche al tempo, essendo qualcosa
che muta di continuo rimanendo però sempre ben riconoscibile. La
complessità e la ricchezza di rapporti che il linguaggio intrattiene con
il corpo, la biologia, l’animalità, il pensiero, il tempo, mostrano la
sua centralità per ciò che definiamo «civiltà».
TRA I MOLTI TEMI
esposti e discussi dal libro tre sembrano tuttora fecondi e riassuntivi
dell’intero percorso: la distinzione posta da Morris tra la sintattica
(che studia le relazioni tra i segni), la semantica (che studia le
relazioni tra i segni e gli oggetti a cui si riferiscono) e la
pragmatica (che studia le relazioni tra i segni e i loro utilizzatori).
LA
CENTRALITÀ del significato così come venne individuato dagli Stoici con
il termine lektòn, un’entità immateriale distinta sia dal suono della
parola sia dall’oggetto fisico che la parola indica; l’ermeneutica come
scienza del linguaggio e della comunicazione, fondata sullo splendore
polisemico delle parole, sulla molteplicità dei loro significati e delle
interpretazioni.
La fecondità dell’ermeneutica consiste anche
nella sua dimensione infinita, aperta, capace di andare al di là di ogni
acquisizione qui e ora per conoscere mondi sempre nuovi che sono in
primo luogo mondi costruiti dal linguaggio.