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Il
potere logora il cervello di chi ce l’ha
Studio
| La morale di chi fa attentati è simile a quella dei neuropatici
«Il
potere logora chi non ce l’ha», diceva sarcastico Giulio Andreotti. Può darsi,
ma può provocare danni significativi anche – e soprattutto – a chi ne dispone.
Dacher Keltner, psicologo dell’università di Berkeley che ha studiato per anni
il comportamento di personaggi di potere, sostiene che nel lungo periodo questi
soggetti comincino a comportarsi come se avessero subito delle lesioni al
cervello, diventando più impulsivi, meno consapevoli del rischio e –
soprattutto – meno capaci di vedere le cose da punti di vista diversi dal
proprio. Più di recente, gli studi del neuroscienziato Sukhvinder Obhi
dell’università dell’Ontario, sono arrivati a conclusioni simili a quelle di
Keltner. «Una volta raggiunto il potere, perdiamo alcune di quelle capacità che
in un primo momento ci avevano consentito di conquistarlo», spiega Jerry Useem
su The Atlantic. In particolare è la capacità di empatia, di mettersi nei panni
dell’altro a venire meno o a ridursi notevolmente. Nel 2009, Lord David Owen,
neurologo britannico con una certa familiarità con il potere – ex parlamentare,
negli anni Settanta fu anche segretario agli affari esteri – in un articolo pubblicato
sulla rivista Brain e scritto insieme al collega Jonathan Davidson, descrisse
quella che definì la “sindorme di Hubris”, un disturbo della personalità dei
potenti, «in particolare di quelli che hanno avuto un notevole successo,
mantenuto per un periodo di anni e con limitazioni minime per il leader». Owen
aveva analizzato il comportamento dei presidenti americani e dei primi ministri
inglesi nel corso del Novecento. Le persone affette da sindrome di Hubrsi
manifestano, scriveva Owen, marcato disprezzo per gli altri, mancanza di
contatto con la realtà e la capacità di compiere azioni spregiudicate e persino
di arrivare a ostentare la propria incompetenza. Owen ha fondato anche una
associazione per studiare e curare il disturbo.