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I
terroristi sono dei dementi?
Senso
di ingiustizia, religione, politica. I percorsi di radicalizzazione alla base
degli atti di terrorismo sono fenomeni complessi, risultato di svariate cause.
Ma chi lo avrebbe detto che fra queste c’è anche qualcosa di molto simile alla
demenza? Un team di ricercatori guidati da Sandra Baez, psicologa
dell’Università Favaloro di Buenos Aires, ha pubblicato su Nature uno studio
secondo cui il terrorista, pur non essendo clinicamente uno psicopatico, ha
qualcosa che non va dal punto di vista neurologico. Più precisamente, ad
apparire “deviante” è il modo - simile a quello dei bambini o di chi soffre di
danni nella regione frontotemporale del cervello - in cui il terrorista formula
i suoi giudizi morali, . Nel corso del loro studio, i ricercatori hanno selezionato
66 ex-terroristi colombiani, colpevoli (in media) di 33 omicidi a testa, e
hanno sottoposto loro un questionario. Alle stesse domande hanno risposto due
gruppi di controllo, uno composto da incensurati e l’altro costituito da
assassini non legati al terrorismo. Il test ha misurato alcune caratteristiche
come il quoziente intellettivo, la capacità di riconoscere le emozioni delle
persone e il giudizio morale. In relazione a quest’ultimo aspetto, le “cavie”
sono state messe di fronte a 24 scenari di violenza intenzionale o accidentale
e successivamente è stato chiesto loro di esprimere un giudizio in merito.
Quasi tutti i componenti dei due gruppi di controllo, come era prevedibile,
hanno fornito una valutazione morale in cui a prevalere sono le intenzioni
dell’azione piuttosto che i risultati. Ma per i terroristi è stato esattamente
l’inverso: per loro ciò che conta è l’esito finale nel giudizio etico delle
azioni compiute. Detentori di visioni utopiche che sono un pensiero fisso, per
loro uccidere degli innocenti è moralmente accettabile se l’azione va verso la
realizzazione di queste visioni. Tale prospettiva, precisa lo studio, è quella
che più ha discriminato i gruppi esaminati: una distorsione tipica della
mentalità terroristica. In sintesi, se l’azione contribuisce a raggiungere il
finale desiderato, allora è moralmente accettabile. Un modello etico che per i
ricercatori assomiglia molto a quello dei pazienti con patologie neurologiche
come la demenza frontotemporale.