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Una
Repubblica popolare di automi
Fabbrica
4.0 | La Cina vuole produrre 400 mila robot industriali entro il 2030. Nel
frattempo acquista know-how e aziende estere leader nel settore
La Cina
ha installato 90 mila robot nel 2016, un aumento del 30 per cento rispetto
all’anno precedente e complessivamente un terzo del totale mondiale.
L’incremento è fortemente sponsorizzato dal governo e va sotto l’etichetta Made
in China 2025 dell’attuale piano quinquennale, quello che indirizza il
difficile processo di transizione da fabbrica del mondo a società di consumi
della seconda economia mondiale. Innovazione e automazione guideranno
l’industria fino al 2025. Poi, se tutto andrà secondo quanto deciso dalla
politica cinese, per il 2035 la Cina potrà competere con i Paesi più avanzati e
nel 2049, per il centenario della Repubblica popolare, sarà nuovamente un Paese
leader nel manifatturiero, superando Germania, Giappone e Stati Uniti. Il cuore
del progetto è la robotica. La fabbrica 4.0 apre le porte a una rivoluzione
industriale che, secondo i più, avrà effetti sulla società paragonabili a
quelli di fine Settecento. I dati parlano chiaro. La Repubblica popolare vuole
essere in grado di produrre 150 mila robot industriali entro il 2020, 260 mila
entro il 2025 e 400 mila entro il 2030. Se gli obiettivi posti dalla leadership
verranno rispettati, nel prossimo decennio la robotica genererà un fatturato da
88 miliardi di dollari. Per questo il governo dispensa incentivi affinché le
fabbriche si automatizzino il prima possibile e sempre più aziende si occupino
della produzione locale di robot. In un discorso del 2014 all’Accademia di
scienze sociali, il principale think tank del Paese, il presidente Xi Jinping
aveva riassunto la sua visione di quella che ha chiamato «la rivoluzione dei
robot»: «Il nostro Paese sarà il mercato principale per la robotica. Ma la
tecnologia e la capacità manifatturiera cinesi saranno in grado di competere
con il resto del mondo? Bisogna sviluppare la nostra robotica e conquistare gli
altri mercati». Nel 2015 l’amministrazione della regione meridionale del
Guangdong ha annunciato un investimento di 135 miliardi di euro per arrivare ad
automatizzare l’80 per cento delle fabbriche entro il 2020. Migliaia di stabilimenti
hanno già aderito al piano e centinaia di start up stanno sperimentando
un’economia legata alla robotica, con tutta l’innovazione che comporta. Nel
frattempo si acquistano know how e aziende estere leader nel settore. Solo nel
2016 sono passate in mano cinesi le tedesche Midea e KraussMaffei, la
multinazionale Dematic e la statunitense Paslin. La sfida è quella di arrivare
il prima possibile alle cosiddette dark factory, fabbriche completamente
automatizzate in cui è necessario talmente poco personale «che si potrebbe
spegnere la luce senza che la produzione venga interrotta». La paura è quella
di arrivarci prima di riuscire a riqualificare centinaia di milioni di
lavoratori. (cag)