La Stampa 8.6.17
Renzi adesso teme che prenda forma il “partito” di Napolitano
Un movimento d’opinione per influenzare il voto
di Fabio Martini
Sin
dal primo momento la parola d’ordine dal quartier generale di Matteo
Renzi è stata chiara: ignorare Giorgio Napolitano, far finta di nulla,
assorbire nel muro del silenzio la severa requisitoria dell’ex Capo
dello Stato contro l’ipotesi di elezioni anticipate, promosse sull’onda
di interessi più personali che politici da parte dei principali leader
del Paese. Consegna mantenuta: in 24 ore neppure un esponente vicino a
Matteo Renzi ha pronunciato una sola parola contro Napolitano.
La
strategia del silenzio, così perfettamente realizzata, nasconde due
timori da parte di Matteo Renzi. Il primo: che possa ingrossarsi e
trasformarsi in diga il «partito del no» alle elezioni anticipate. Il
secondo: che le tante dissociazioni da parte dei padri fondatori del Pd -
da Napolitano a Prodi, da Letta e Veltroni - possano fare «massa
critica». Con un effetto «convergenze parallele», da parte di personaggi
che per il momento non parlano tra di loro, non hanno studiato una
strategia comune, ma che condividono un giudizio critico nei confronti
di Matteo Renzi.
Il leader del Pd conosce l’ex Capo dello Stato e
sa bene che pur mantenendo influenza e amicizie tra personalità
«altolocate», a tutto può pensare Giorgio Napolitano tranne che a dare
vita un fantomatico «partito del Presidente emerito». Certo l’ex Capo
dello Stato è ancora un punto di riferimento fuori e dentro il Pd, fuori
e dentro l’Italia. In questi giorni Napolitano non si è parlato con
Mario Draghi ma i contatti e gli scambi di opinione sono frequenti,
compresa l’ultima volta che il presidente della Bce è stato in Italia.
Anche
Giuliano Pisapia, leader in pectore di una nuova formazione di
centrosinistra fortemente concorrenziale col Pd, non ha parlato in
queste ore con Giorgio Napolitano, ma nel 2011 quando divenne sindaco la
prima telefonata la fece all’allora Capo dello Stato. Da allora i due
si sono sentiti e visti anche in occasioni non ufficiali.
Ieri
Napolitano, all’indomani della sua severa requisitoria, si è trattenuto
nel suo studio a palazzo Giustiniani, con l’intermezzo di un pranzo con
una vecchia amica, Anna Finocchiaro. E guarda caso proprio lei, la
ministra per i Rapporti col Parlamento, è l’ultima di una serie di
esponenti di primo piano della stagione dell’Ulivo che si sia dissociata
dalle scelte politiche di Matteo Renzi.
In un intervento di due
giorni fa la Finocchiaro ha scritto parole molto critiche verso Renzi:
«Una precisa, e studiata, strategia politica sul quadro delle alleanze
con cui ci si presenta al voto e con cui si intenda, in caso di
vittoria, governare. È questo un vuoto clamoroso della nostra
riflessione politica» e «francamente passare da “la sera del voto
bisogna sapere chi governa” a “vedremo poi” mi pare un’acrobazia poco
credibile».
Quel che Renzi più di tutto teme è che la saldatura
tra tante voci critiche possa condizionare pesantemente il risultato
elettorale del Pd alle prossime Politiche.
Eloquente il commento
di Romano Prodi alle parole di Napolitano: confermando il giudizio
«negativo» sulla legge elettorale approdata alla Camera, il Professore
ha aggiunto: «Condivido Napolitano: senza saperlo abbiamo detto le
stesse cose». Sottolineatura non casuale: «senza saperlo». È proprio
così. Per il momento il fronte dei «frenatori», di coloro che immaginano
di «mettere in sicurezza» il Paese avanza in ordine sparso. Prodi,
Letta, Veltroni, Napolitano: personaggi che hanno lasciato la politica,
che non stanno «brigando» contro Renzi. Ma sono personalità che si
conoscono da una vita e sono unite da un sentimento comune: la
sensazione di essere stati «snobbati», chi più, chi meno, dal giovane
Matteo.