Il Sole 8.6.17
Pd. I dem vedono allontanarsi le elezioni a settembre
Renzi pessimista: il M5s non regge, si vota con il «Consultellum»
di Emilia Patta
«Se
alla fine la legge elettorale passerà, avremo fatto il capolavoro di
aver unito le maggiori forze politiche del Paese attorno a nuove regole.
Se invece come credo salterà tutto, potremo dire di averci provato e la
colpa del fallimento ricadrà su altri». Al termine della prima giornata
di votazioni a Montecitorio sulla legge elettorale, con il M5S
sull’ottovolante del sì e del no all’accordo con Pd-Fi-Lega sul
proporzionale alla tedesca, il leader del Pd Matteo Renzi è decisamente
pessimista sulla tenuta del patto a quattro. E pessimisti sono anche il
capogruppo dem a Montecitorio Ettore Rosato e il coordinatore della
segreteria di Renzi Lorenzo Guerini. Che avvertono, in linea con lo
stesso Renzi: «Se il M5S si sfila salta tutto e si va a votare con i due
sistemi lasciati in piedi dalla Consulta per la Camera e per il
Senato». E ancora: «Certo il Pd non va avanti da solo con Fi per farsi
accusare di inciucio dai grillini». I detrattori dell’accordo, insomma,
dovranno alla fine intestarsi il decreto con cui si sistemerà qualche
dettaglio per rendere immediatamente applicative, come d’altra parte
specificato dai giudici costituzionali, le due leggi esistenti.
Renzi,
da parte sua, prova a dare una lettura positiva per il Pd anche nel
caso di fallimento del tentativo riformatore. Anche perché è chiaro che
se salta il proporzionale alla tedesca non ci saranno altri tentativi,
si tornerà a votare con i sistemi attuali: per la Camera proporzionale
con sbarramento al 3% e premio di maggioranza per la lista che superi il
40%; per il Senato proporzionale senza premio ma con un sistema di
soglie di sbarramento “ammazza-piccoli”: 3% per chi si coalizza a patto
che la coalizione di riferimento prenda almeno il 20%, 8% per chi non si
coalizza. Ben oltre il 5% che ha fatto saltare i nervi ai centristi di
Angelino Alfano, e non solo. Fin dalla sera stessa della sentenza della
Consulta che a gennaio scorso bocciò il ballottaggio previsto
dall’Italicum Renzi aveva commentato che in fondo, a condizioni date, il
sistema elettorale esistente è il migliore per il Pd. Che potrebbe
giocarsi una campagna elettorale in autonomia, con l’obiettivo pur
sempre credibile di raggiungere il 40%, senza doversi subire le accuse
preventive di “inciucio”. Accuse che, assieme alle bordate di vecchi del
Pd come il presidente emerito Giorgio Napolitano, hanno fatto
particolarmente male a Renzi in questi giorni. «Comunque vada noi si
vince - ripete il leader Pd nei ragionamenti con i suoi -. Certo, mi
sarei risparmiato volentieri gli insulti dei miei. A cominciare dalle
parole di Napolitano, che ho trovato irresponsabili».
Lo schema di
gioco ad ogni modo per il Pd resta lo stesso, sia con il proporzionale
alla tedesca sia con i due Consultellum: la corsa solitaria, senza
alleanze predefinite. Da qui la strategia di Renzi di tentare di
strappare l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia dall’abbraccio dei
bersaniani e una personalità come il ministro Carlo Calenda
dall’abbraccio dei centristi vari. Ma se salta la legge elettorale si
allontana anche l’ipotesi di voto anticipato al 24 settembre, dal
momento che il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha detto con chiarezza
che precondizione per lo scioglimento anticipato delle Camere è appunto
una legge elettorale condivisa che armonizzi i sistemi di Camera e
Senato. «A me non importa quando si va a votare - ripete Renzi - quello a
cui tengo è che si faccia una legge di bilancio incentrata sulla
crescita e sul taglio delle tasse. Ci sono le condizioni politiche?» Ma
non c’è solo la questione della legge di bilancio: è chiaro che, se il
voto si allontana e se la soglia alla Camera resta il 3%, anche la
strategia di attrarre nell’orbita del Pd Pisapia e i centristi si
indebolisce, dando di contro spazio ai progetti alternativi al Pd. Da
qui, anche, l’aria cupa che si respirava ieri sera a Largo del Nazareno.