La Stampa 6.6.17
Adesso Renzi è preoccupato
Le critiche di Prodi possono aprire una diaspora elettorale
Il possibile esodo del Professore verso Pisapia agita il Pd
Fabio Martini
Ora
Matteo Renzi confida di cominciare ad essere sinceramente
«preoccupato». In pubblico non lo dirà mai, non appartiene alla sua
natura tradire emozioni o paure autentiche e d’altra parte i politici
son fatti quasi tutti così. Ma le recenti prese di posizione, pubbliche e
informali, di Romano Prodi hanno fatto scattare l’allarme rosso dalle
parti del Nazareno. In un’intervista al “Fatto Quotidiano”, il
Professore è arrivato a dire: «Abito in una tenda vicina al Pd. Ma è una
tenda canadese, pratica: si può mettere nello zaino e rimettersi in
cammino per spostarsi...». Come dire: se sarà confermata la deriva
proporzionalista voluta da Renzi e Berlusconi, ne trarrò le conseguenze.
Per guardare con simpatia in direzione di Giuliano Pisapia? Questo
Prodi non lo dice e in privato sostiene che di «tornare a far politica»
non ci penso proprio. Eppure la novità c’è ed è di natura psicologica.
Da
qualche mese il Professore sta vivendo una seconda giovinezza: parla
senza reticenze delle vicende italiane, deve dir di no a continue
richieste di intervista e giorni fa - a Modena - alla prima nazionale
del suo nuovo libro, “Il piano inclinato”, si è formata una lunga fila
di persone che aspettavano la firma di una copia: una immagine eloquente
che altri avrebbero trasformato in una immagine virale, ma che gli
amici del Professore si sono rifiutati di immortalare.
E davanti
alla rinnovata “forza tranquilla” rappresentata dal Professore, Renzi
teme un effetto-trascinamento che faccia franare tutto un mondo -
politico ed intellettuale laico e cattolico - che finora è rimasto
“dalle parti del Pd”. E teme che la frana vada a depositarsi “dalle
parti” di Giuliano Pisapia, che - guarda caso - ha un buon rapporto
personale con Romano Prodi e anche con Enrico Letta.
E infatti,
ieri, per la prima volta da quando è leader del Pd, Renzi ha riservato a
Pisapia una messa a punto garbata, ma con dentro una goccia di veleno.
Solo semantica ma indicativa. Scrive Renzi sulla sua Enews: «Pisapia ha
detto: come farà il PD a allearsi con chi ha fatto la legge per
depenalizzare il falso in bilancio? Noi non vogliamo allearci, ma ci
piacerebbe anche che venisse ricordato che la legge che depenalizzava il
falso in bilancio l’abbiamo abolita noi». E poi con nonchalance:
«Quando la sinistra radicale si renderà conto che non siamo noi gli
avversari, sarà un gran giorno». Chiara l’etichetta che Renzi immagina
di appioppare a Pisapia: altroché «centrosinistra», siete la sinistra
radicale.
Ma il problema vero ora è Prodi. Il leader del Pd sa che
il Professore è l’unico personaggio politico che abbia mantenuto una
significativa credibilità in mezzo all’opinione pubblica di
centrosinistra e dunque un suo eventuale distacco rischierebbe di aprire
una vera e propria diaspora nell’elettorato, tanto più se il suo
disincanto verso il Pd fosse accompagnato da una chiara indicazione di
rotta in direzione di Giuliano Pisapia. Oltretutto l’allarme di Prodi
arriva a conclusione di analoghe riflessioni da parte di altri
personaggi che riscuotono ascolto tra l’opinione pubblica: oltre a Pier
Luigi Bersani, che ha già lasciato il Pd, forti lamentazioni negli
ultimi giorni sono state pronunciate verso la politica renziana da parte
di Walter Veltroni, Rosy Bindi ed Enrico Letta.
Ma l’unico che
può determinare la slavina è Prodi. Ecco perché Ettore Rosato,
presidente dei deputati del Pd, si incarica di lanciare messaggi di
pace: «Io, i vertici del Pd, Matteo Renzi, faremo di tutto» per evitare
che qualcuno vada via dal partito, «il Pd è casa di tutti, anche di Rosy
Bindi che è critica da diverso tempo», «ho una stima incondizionata per
Prodi, e il suo giudizio come quello di Veltroni è molto importante». E
su Pisapia, Rosato è massimamente aperturista «Ci farei qualsiasi tipo
di governo. Anche con D’Alema, perché l’interesse del Paese viene
prima». Come dire: è già superato il veto che non più tardi di qualche
giorno fa proprio Matteo Renzi espresse nei confronti di Massimo
D’Alema. È la conferma che il disincanto di Romano Prodi fa paura.