La Stampa 16.6.17
Dal Po alla Neva Nefertari si esibisce a San Pietroburgo
Apre
all’Ermitage la mostra dedicata a una delle regine più celebri
dell’Antico Egitto con i reperti provenienti dal Museo di Torino
Lo scavo della sua tomba fu il trionfo di Schiaparelli
di Maurizio Assalto
Dalle
piramidi alle Alpi, dal Po alla Neva. È con un’inversione (e
un’estensione a Est) della parabola manzoniano-napoleonica che
un’avanguardia di antico Egitto arriva a San Pietroburgo. Nella sala del
Maneggio dell’Ermitage, uno dei musei più ricchi al mondo, si è
inaugurata ieri la mostra «Nefertari e la Valle delle Regine. Dal Museo
Egizio di Torino», che si prolungherà fino al 10 gennaio, facendo così
coincidere l’apertura con l’euforia delle Notti bianche e la chiusura
con le celebrazioni del Natale ortodosso. Un dettaglio significativo per
capire l’importanza che i russi annettono a questo evento, definito dal
direttore del museo pietroburghese Michail Piotrovskij - in carica dal
’92, autentico zar culturale del Paese - «il più importante tra quelli
da noi ospitati quest’anno», che «finalmente valorizza appieno le
potenzialità della sala del Maneggio» e per il quale si attendono due
milioni di visitatori. Lo stesso Putin, nel summit con il premier
Gentiloni tenutosi un mese fa a Sochi, lo aveva preannunciato come un
esempio virtuoso degli eccellenti rapporti con l’Italia.
Un
piccolo nucleo di circa 200 reperti egizi è presente nelle collezioni
dell’Ermitage, in una sala attigua a quella della mostra. Con i 256
pezzi mandati da Torino – alcuni provenienti dalla mostra che si è da
poco conclusa a Leyden, in Olanda (con 124 mila visitatori in sei mesi),
ai quali si è aggiunto un nutrito gruppo di papiri, tra cui quello
famoso della congiura contro Ramesse III – il pubblico russo potrà farà
un’esperienza più organica dell’antica civiltà.
La mostra,
sostenuta dall’Enit e realizzata con l’importante partnership di
Lavazza, è incentrata intorno alla figura di Nefertari, Grande Sposa
Reale di quel Ramesse II che regnò dal 1279 al 1213 a.C. È stata scelta
come baricentro, spiega il direttore dell’Egizio Christian Greco, perché
lo scavo di quella tomba, nel 1904, è uno dei maggiori successi del suo
mitico predecessore Ernesto Schiaparelli. Purtroppo era già stata
saccheggiata nell’antichità, ma dal punto di vista decorativo risultava
la più bella tra quelle trovate nella Valle delle Regine. Lo scopritore
ne fece realizzare un modello in scala 1:10, affidando la riproduzione
dei dipinti al pittore Mariano Bartocci, che fu tanto scrupoloso da
andarsi a cercare nel deserto i pigmenti più simili all’originale: così
che del suo lavoro si sono serviti nel 1986 i tecnici del Getty Museum
di Los Angeles per il restauro in situ. Questo meraviglioso modellino è
in mostra all’Ermitage, accanto a un video che offre l’emozione di
visitare la tomba come si presentava 3200 anni fa, al coperchio di
granito rosa del suo sarcofago e al corredo che la accompagnava nella
dimora eterna.
Attorno a Nefertari, uno spaccato dell’Egitto del
Nuovo Regno (1550-1069 a.C.). Con il gruppo statuario della triade
formata dalle divinità Amon e Mut in mezzo alle quali siede, al posto
del loro figlio Khonsu, il faraone Ramesse II, e poi cinque delle 365
statue di granodiorite della dea Sekhmet (una per ogni giorno dell’anno)
trovate nel tempio dei Colossi di Memnon, il naos di Seti I, una statua
di Thutmosis I, alcuni dei sarcofagi lignei dipinti di una stirpe di
coltivatori di loto che 800 anni dopo aveva rioccupato la tomba del
principe Khaemwaset figlio di Ramesse III, le testimonianze a volte
commoventi della vita nel villaggio artigianale di Deir el-Medina,
abitato dagli artigiani che lavoravano nelle valli dei Re e delle Regine
(i siti a Ovest di Tebe scelti per le loro sepolture dai signori del
Nuovo Regno).
Una mostra che dopo l’Ermitage è attesa in Canada e
negli Stati Uniti e che per il Museo Egizio vale anche come un
gigantesco spot promozionale (all’ingresso un video magnifica in loop i
tesori della collezione torinese). «A differenza di Leyden, dove avevamo
riscosso i diritti - spiega Greco - qui abbiamo puntato sulla grande
opportunità di un Paese molto attento ai beni culturali, e con un
turismo in crescita. È un modo per farci conoscere, e fare in modo che i
molti russi che vanno a fare acquisti a Milano trovino la loro strada
per Torino».
L’aspetto culturale e il possibile business si
fondono. Come ha chiaro Francesca Lavazza, membro del cda dell’azienda
di famiglia che sponsorizza la mostra, ma anche da due anni presidente
degli Scarabei, il gruppo di sostenitori privati dell’Egizio che ha
molto aiutato il museo nella recente opera di totale riallestimento. Con
Francesca, la Lavazza ha avviato un’importante collaborazione culturale
anche con l’Ermitage (di cui rifornisce le caffetterie e la mensa
interna), che prevede una mostra ogni anno: «Dopo quella su Mariano
Fortuny, abbiamo pensato a questa, che richiama la nostra torinesità.
Qui c’è un grande interesse per il patrimonio artistico e culturale
italiano». Un’esperienza estetica-visiva che si prolunga nel gusto,
anche questo così italiano, per la tazzina di caffè.