La Stampa 11.6.17
Il Papa da Mattarella: impegno per migranti, lavoro e terrorismo
Francesco
in visita oggi al Quirinale; l’abbraccio con 200 bambini delle zone del
terremoto. «Servono iniziative contro la disoccupazione non
speculazioni. Politiche fattive per la famiglia». Per i profughi
«indispensabile una cooperazione internazionale»
di Salvatore Cernuzio
Roma
Disoccupazione, denatalità, migranti, terrorismo, terremoto. È
un’Italia appesantita da problematiche nazionali e internazionali quella
che si presenta agli occhi di Papa Francesco, che tuttavia guarda al
Paese con grande «speranza» come afferma nel corposo discorso rivolto al
presidente Sergio Mattarella durante la visita di oggi al Quirinale, la
seconda del suo pontificato. Una visita di “restituzione”, come recita
il protocollo, a quella che a sua volta fece il neo presidente eletto in
Vaticano il 18 giugno 2015, e che si inserisce nel filo di 86 anni di
storia in cui i Pontefici tornarono in quella che un tempo fu la loro
residenza.
Francesco vi arriva pochi minuti prima delle 11.00 a
bordo di una Ford Focus blu, dopo aver percorso le vie del centro della
Capitale sgombre come mai durante la settimana. La prima tappa è nel
Cortile d’Onore dove fanno da cornice circa 200 bambini provenienti
dalle scuole delle zone del terremoto che gridano in sottofondo:
«Francesco, Francesco» e agitano bandiere tricolore dell’Italia e
bianco-gialle della Città del Vaticano.
Mattarella va incontro al
Vescovo di Roma e lo accoglie con poche, semplici, parole: «Grazie,
Santità». Sono lontani i tempi delle solide amicizie tra un Papa e un
presidente, come fu ad esempio per Ciampi e Wojtyla che si parlavano con
uno sguardo, ma tra l’argentino Bergoglio e il cattolico Mattarella c’è
buona sintonia. I due, dopo gli Onori militari e l’esecuzione degli
inni, sotto lo sguardo dei Corazzieri a cavallo e del plotone dei
Lancieri di Montebello, si recano nello Studio della Vetrata per il
colloquio privato. Il presidente, prima, fa “gli onori di casa”
mostrando al Pontefice alcune sale del Palazzo che sorge sul colle più
alto di Roma. Gesti informali tra due leader che amano poco le
etichette. Basti ricordare la visita di Mattarella del 2015, appunto,
che si presentò nel Palazzo apostolico con i cinque nipotini, in
anticipo e senza frac.
Il colloquio dura 20 minuti. Segue lo
scambio dei doni (da parte del Papa, un’icona russa dei Santi Pietro e
Paolo) nella Sala degli Arazzi, la presentazione delle delegazioni e una
breve sosta nella Cappella dell’Annunziata, uno dei gioielli del
Quirinale impreziosita dalla “Madonna del Cucito” di Guido Reni,
restaurata pochi anni fa. Il Papa e il presidente si fermano per pochi
istanti in preghiera e, insieme, si fanno il segno della croce. Nel
Salone dei Corazzieri, pronunciano poi i loro discorsi.
Mattarella
parla della «elevata responsabilità» di «chi è chiamato a pubblici
impegni», delle politiche di crescita per i giovani, del dramma del
lavoro, dell’impegno comune per i migranti e per l’ambiente alla luce
della Laudato si’. «L’occupazione, e la dignità - che ad essa è
intrinsecamente legata - deve costituire il centro dell’esercizio delle
responsabilità di istituzioni e forze sociali, così da prevenire e
curare fenomeni di emarginazione, povertà, solitudine e degrado»,
afferma.
Papa Francesco risponde parlando di «speranza» radicata
«nella memoria grata verso i padri e i nonni» che - spiega - «sono
anche i miei, perché le mie radici sono in questo Paese», e nella
memoria grata «verso le generazioni che ci hanno preceduto e che, con
l’aiuto di Dio, hanno portato avanti i valori fondamentali: la dignità
della persona, la famiglia, il lavoro…».
Spostando l’attenzione
sull’attualità, il Pontefice non manca di denunciare le emergenze che
gravano sulla Penisola e sul Vecchio Continente: «Viviamo un tempo nel
quale l’Italia e l’insieme dell’Europa sono chiamate a confrontarsi con
problemi e rischi di varia natura, quali il terrorismo internazionale,
che trova alimento nel fondamentalismo; il fenomeno migratorio,
accresciuto dalle guerre e dai gravi e persistenti squilibri sociali ed
economici di molte aree del mondo; e la difficoltà delle giovani
generazioni di accedere a un lavoro stabile e dignitoso, ciò che
contribuisce ad aumentare la sfiducia nel futuro e non favorisce la
nascita di nuove famiglie e di figli».
A consolare il Papa è
tuttavia il fatto che «l’Italia, mediante l’operosa generosità dei suoi
cittadini e l’impegno delle sue istituzioni e facendo appello alle sue
abbondanti risorse spirituali, si adopera per trasformare queste sfide
in occasioni di crescita e in nuove opportunità». Ne sono prova
«l’accoglienza ai numerosi profughi che sbarcano sulle sue coste,
l’opera di primo soccorso garantita dalle sue navi nel Mediterraneo e
l’impegno di schiere di volontari, tra i quali si distinguono
associazioni ed enti ecclesiali e la capillare rete delle parrocchie».
Ne è prova anche «l’oneroso impegno dell’Italia in ambito internazionale
a favore della pace», come i «tanti esempi di proficua collaborazione
tra la comunità ecclesiale e quella civile» per assistere le popolazioni
del Centro Italia colpite dal terremoto.
Proprio questo sforzo,
insieme a quello per affrontare la crisi migratoria, sono, secondo il
Papa, «espressione di sentimenti e di atteggiamenti che trovano la loro
fonte più genuina nella fede cristiana, che ha plasmato il carattere
degli italiani». In particolare, per quanto riguarda il complesso
fenomeno migratorio, «è chiaro – afferma Papa Francesco - che poche
nazioni non possono farsene carico interamente». Per tale ragione, «è
indispensabile e urgente che si sviluppi un’ampia e incisiva
cooperazione internazionale».
Altrettanto urgente è la questione
del lavoro, che interpella in primis pubblici poteri, imprenditori e
sindacati. Bergoglio ricorda la sua recente visita all’Ilva di Genova
dove ha avuto modo di toccare, «non teoricamente, ma a diretto contatto
con la gente», la piaga della disoccupazione. Ribadisce quindi l’appello
«a generare e accompagnare processi che diano luogo a nuove opportunità
di lavoro dignitoso»: «Il disagio giovanile, le sacche di povertà, la
difficoltà che i giovani incontrano nel formare una famiglia e nel
mettere al mondo figli trovano un denominatore comune nell’insufficienza
dell’offerta di lavoro, a volte talmente precario o poco retribuito da
non consentire una seria progettualità», dice.
Per il Papa è
necessaria perciò «un’alleanza di sinergie e di iniziative» perché «le
risorse finanziarie siano poste al servizio di questo obiettivo di
grande respiro e valore sociale» e « non siano invece distolte e
disperse in investimenti prevalentemente speculativ i, che denotano la
mancanza di un disegno di lungo periodo, l’insufficiente considerazione
del vero ruolo di chi fa impresa e, in ultima analisi, debolezza e
istinto di fuga davanti alle sfide del nostro tempo».
«Il lavoro
stabile» e «una politica fattivamente impegnata in favore della
famiglia» sono dunque «le condizioni dell’autentico sviluppo sostenibile
e di una crescita armoniosa della società». Due «pilastri» li definisce
Francesco, e aggiunge: «Le nuove generazioni hanno il diritto di poter
camminare verso mete importanti e alla portata del loro destino», in
modo da poter «costruire un avvenire degno dell’uomo, nelle relazioni,
nel lavoro, nella famiglia e nella società». Per raggiungere tale
obiettivo bisogna «rafforzare i legami tra la gente e le istituzioni»,
perché da questa tenace tessitura «si sviluppa la vera democrazia».
Nel
suo discorso il Papa fa cenno anche al ruolo della Chiesa in Italia,
«realtà vitale, fortemente unita all’anima del Paese», e alla
collaborazione con lo Stato come stabilito dal Concordato del 1984 che
ha promosso «una peculiare forma di laicità («laicità positiva» la
definì Benedetto XVI), non ostile e conflittuale, ma amichevole e
collaborativa, seppure nella rigorosa distinzione delle competenze
proprie delle istituzioni politiche da un lato e di quelle religiose
dall’altro». «La missione del Successore di Pietro non sarebbe
facilitata senza la cordiale e generosa disponibilità e collaborazione
dello Stato italiano», chiosa Bergoglio. Lo dimostra la buona riuscita
delle celebrazioni del Giubileo «nonostante l’insicurezza dei tempi che
stiamo vivendo».
«Signor Presidente», conclude il Papa, «l’Italia
troverà nella Chiesa sempre il miglior alleato per la crescita della
società, per la sua concordia e per il suo vero progresso. Che Dio
benedica e protegga l’Italia!».
Prima di congedarsi, Francesco si
sposta nei Giardini del Quirinale per abbracciare insieme a Mattarella i
piccoli terremotati di Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo, accompagnati
dal ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli. Un tripudio di selfie,
regali (tra questi, le lenticchie di Castelluccio), baci e strette di
mano da parte di ragazzini feriti da una tragedia che gli ha portato via
casa, parenti e amici, ma che sono ancora capaci di far festa, animati
da quella «speranza» che contraddistingue gli italiani come diceva il
Papa. Il quale, a sorpresa, rivolge loro alcune parole a braccio:
«Grazie tante di essere qui, grazie per il vostro canto e per il vostro
coraggio. Andate avanti con coraggio, sempre su, sempre su. È un’arte il
salire sempre... È vero che nella vita ci sono difficoltà , avete
sofferto tanto con questo terremoto, ci sono cadute, ma mi viene in
mente quella bella canzone degli alpini: “Nell’arte di salire il
successo non è non cadere ma non rimanere caduti”. Sempre su!».
Al
presidente Mattarella, prima di salire in macchina e far ritorno in
Vaticano, il Pontefice invece assicura: «Preghi per me, io lo farò per
lei». E il capo dello Stato risponde: «Sono commosso».