domenica 11 giugno 2017

La Repubblica, 8.6.2017
Il voto della paura
Nel Londonistan, tra immigrati e soldati
qui si misura la fragilità dell'Occidente
Di Francesco Merlo
Londra
Chi vincerà? Al mattino anche noi abbiamo lasciato i fiori sul London Bridge, che non è solo uno dei posti migliori da cui guardare Londra, il ponte dell'orientamento, ma è il ricordo di ogni infanzia, del patto di complicità con la madre, perché non c'è mamma inglese che non canti ai suoi bambini "London Bridge is falling down / falling down / falling down ("London Bridge sta crollando..."). E infatti Buckingham Palace la scelse — rivelò il Guardian nel gennaio scorso — per comunicare, se fosse arrivata l'ora, la morte della Regina, che era malata. Al piano la suonano con un dito. Come fanno i francesi con "Sur le pont d'Avignon" e gli italiani con "Ma che bel castello". Non riescono, gli inglesi, ad abituarsi "a questa nuova crudele familiarità col dolore, e neppure alla collera scontata nel canovaccio della retorica". Ritrovo vecchi amici come Jonathan e Kay che, per istinto, evitano di uscire la sera. I loro ragazzi discutono su come reagire davanti a un lucido matto che ti assale con una spada di 30 centimetri. C'è l'oltraggio dello sgozzamento dell'infedele che è un lavoro da macellaio in confronto alla raffinata ferocia illuminista della ghigliottina. Guardiamo su Facebook il post di Candice Hedge, l'australiana di 31 anni che il terrorista ha provato a sgozzare: «Ho molto dolore ma sopravviverò ». Ma come ci si difende dagli uomini e dalle donne, che nell'East London, nella periferia della città che da sempre è il laboratorio della civiltà e della libertà occidentali, organizzano lo sgozzamento dei passanti? È questo il tema della campagna elettorale. E "the last push" per il voto di oggi dice che Corbyn "è il compare dei jihadisti", come titolano i tabloid, e che Theresa May "è la grande bugiarda". Ma nel codice della paura ci sono i consigli alle ragazze di ascoltare la musica con un solo auricolare e di decifrare rumori e movimenti improvvisi, e ci sono le dita dei poliziotti sui grilletti dei mitra, e quei 50.000 soldati che, benché friendly, maneggianno le carabine semiautomiche, le pistole Glock, gli spruzzatori di gas e i taser, i bastoni elettrici, le manette... Sono gli arsenali della fragilità e della forza, forse inutili, ma sicuramente obbligatori. Jack, il giovanissimo avvocato laburista che mi accompagna, "trainee solicitor" presso Allen & Overy, uno dei più grandi studi del mondo, con gli occhi umidi mi dice che qui, sul London Bridge, davanti «a queste rimanenze sull'asfalto», c´è l´incubo che ostacola la ragione. Solo piangendo si capisce bene perché «la flip-flopping» Theresa May con la demagogia del "quando è troppo è troppo" è una tentazione: «Gli inglesi, ricordalo, quando sono attaccati si riscoprono guerrieri». Martedì May ha pronunziato la terribile frase che meglio racconta questa tentazione: «Cambieremo le leggi sui diritti umani». Ed è stata molto applaudita, e proprio a Slough, uno dei più importanti centri industriali, trenta chilometri a Nord di Londra, disoccupazione all'1,4 per cento, salari alti, dal 1997 roccaforte della laburista Fiona Mactaggart, che però non si è ricandidata: «Slough è stata la morale vincente della coppia impresa-lavoro, valori antichi di sangue e codici. Adesso da lì ci arriva invece il borbottio spaventato degli inglesi che se ne vanno perché gli immigrati, che pure hanno fatto la loro fortuna, stanno diventando troppi. Conquistano il territorio. E il pane nelle panetterie diventa polacco; cammini e senti che l'odore delle spezie asiatiche ha sostituito l'aceto dei fish and chips. Quello che ci piaceva, ci allarma. Le facce multicolori che erano la nostra allegria sono ora il nostro disagio». È come una sofferenza lenta, una vischiosità, che «tragedia dopo tragedia» sta modificando «il nostro modo di pensare, il rapporto con giustizia e diritto». Ma è proprio questo che vogliono i terroristi: «Spingerci alla guerra di civiltà. E farci diventare cattivi, forcaioli, autoritari». Bugiarda, finché si vuole, la May vince perché la sola idea che da dieci anni non cambia è quella di dare la caccia ai contigui, di fare la mappatura del mare dove nuotano i pesci dell'Isis e «così, per piccoli spostamenti, sospendere appunto i diritti, entrare nelle case sparando invece di bussare, controllare il web come in Cina...». Chi vincerà? Ci sono circa duemila "betting shop" a Londra. A Ilford, quasi al confine con il ghetto musulmano dove vivevano due terroristi di London Bridge, punto dieci sterline su Corbyn. Se vincesse me ne ridarebbero 45. «Meglio scommettere sui cavalli», dice un grosso signore africano. Dieci sterline sulla May ne valgono invece 10,50: «È la prova che i gamblers non credono nella rimonta dei sondaggi». Lungo la Ilford Lane il mio amico Jack mi dice di guardare le tendine alle finestre: mano a mano che andiamo avanti aumentano quelle di plastica lucida a fiori gialli e rosa: «Gli inglesi li capisci dai tessuti color crema; tra qualche chilometro vedrai che l'Inghilterra finisce». Le case sono attaccate l'una all'altra, "terraced", non tutte di mattoni. In genere si sviluppano su due piani, «ma dentro sono divise in monolocali». Una "room share" costa circa 300 sterline. C'è qualche (brutto) palazzo verticale, ci fermiamo in un negozio indiano dove vendono uno spray "contro il demonio". Chiediamo: chi è il demonio?. Sui muri ci sono decine e decine di Spiritual Healer & Advisor, una vera foresta di offerte. Mr Ahmed Bamba si presenta così: "One of the greatest specialists... in love, business transactions, exams, casi giudiziari, problemi di immigrazione, fortuna, matrimoni, divorzi, confusione mentale". Segue il numero di telefono: «Spesso sono spacciatori — sospetta Jack — attirano le persone nei guai». Telefoniamo e andiamo a trovare Mr Bamba. È diffidente, piccolo, grasso, la barba corta. Indossa il turbante, giacca e cravatta nere, un orologio d'oro di cui non decifro la marca. Non è vestito come un profeta, ma come un impiegato. Vuole sapere se la polizia ci conosce. «Non aiuto gli europei», ripete, e «andate via». Offriamo soldi ma ci mostra un cartello: "No payment upfront". L'ufficio è un sottoscala con il pavimento di linoleum. C'è tanfo di sudore, un frigorifero ricoperto di adesivi, le pareti sono spoglie, sul tavolo "magnetic bath salts", sali da bagno magnetici che, c'è scritto, "attraggono l'amore e i soldi come i magneti attraggono il ferro e come the moon attracts the ocean, la luna attrae l'oceano". Chiama se stesso Master of Creativity, dice di ricevere molti africani psicotici. Non c'è nulla di pittoresco, è un angolo di miseria e di superstizione, riti e imbrogli. Chiedo: lei per chi vota? «Io difendo le mie tradizioni. Non voto». «Gli attivisti laburisti girano il quartiere a caccia di voti, la polizia a caccia di terroristi », mi dice un impegato nero della palestra della Easyjet, la Easygym, un palazzone dopo il quale si entra nella Islamabad londinese. Ma quando non avvengono crimini nessuno si occupa di questo quartiere «neppure i laburisti di Corbyn». L'ultimo pub si chiama The Great Spoon, poi c'è Poundland "tutto a una sterlina" e così comincia la lunghissima strada che chiamano Pakistan street (e peggio ancora Paki street): macellerie halal, centri di bellezza che espongono in vetrina scialli e veli di ogni forma e colore, il pollo fritto è un'ossessione. E ci sono gli uomini in gialabia: "come, learn and love Islam". Poi banche esotiche e barberie che ricordano la Sicilia degli anni sessanta. L'architettura è molto diversa dalle banlieue parigine che sono labrinti di palazzoni, ma anche qui non c'è l'Occidente; ci sono le razze e le religioni, ma non ci siamo noi. E ci sono i "barbuti", che rimandano ai demoni, gli integralisti che fanno proseliti tra i più fragili e i più sensibili e alla fine, "peggio della droga", si portano via i migliori. Forse ci sono i nostri futuri assassini, ma non ci siamo noi. E ci sono le donne che lasciano appena intravedere i visi e sembrano le artiste di uno spettacolo esotico, il loro odore è acre e piccante. Ma non ci sono le nostre ragazze. E di nuovo mi domando se davvero si può affrontare questo mondo con un sentimento paritario come quello che provo, che ho sempre provato e che anche stasera mi sforzo di provare. Persino mi vergogno un po' di me stesso quando vengo a sapere che di notte c'è stata una retata, proprio mentre noi giravamo attorno al Fatima cash and carry a guardare le prostitute bianche, ragazze dell'est che dondolano sui tacchi. Dicono che il racket romeno le paghi con la droga, spesso subiscono aggressioni. La morte a coltellate di Mariana è finita pure in un libro: lui era un ragazzo musulmano che diceva di amarla. Il medico arrivò con l'elicottero... Trecento arresti in un anno: era un mondo sotto controllo quello dei due terrorsiti che, secondo i tabloid, avevano "occhi di ghiaccio e facce da odio". Ma le foto parlano di due disturbati: "losers" li ha definiti Trump trovando, per una volta, la parola giusta. Ilford è un mondo da aggredire o da aiutare? È (quasi) tutta qui la campagna elettorale. Un amico ebreo mi mostra l'articolo sul New York Times di Roger Cohen, ebreo anche lui e repubblicano (fu supporter di Bush). Scrive che, se fosse inglese, voterebbe per Corbyn perché, nonostante il suo estremismo vagamente antisemita è il solo che pone il problema delle uguaglianze, il solo che vuole dialogare con l'Islam, il solo che vuole ancora trattare con l'Europa. Nelle periferie, negli anni novanta, il giovane Tony Blair veniva a fare comizi: la gentrificazione, gli intellettuali, i pub e gli studenti. Come a Stratford, accanto allo stadio del West Ham United, o a Shoreditch che era la strada degli alternativi e adesso è alla moda. A sud, dall'atro lato, proprio una fermata prima di Borough, c'è Elephant and Castle, dove Blair esordì da primo ministro: voi siete "the people forgotten by the government". Oggi è un altro ambitissimo centro città. Ad Harlesden Road invece hai l'impressione che nessuno comunichi con nessuno: giamaicani, nigeriani, polacchi... ognuno per conto proprio. Poi tutto diventa nero: gli africani siedono davanti alle porte di casa e giocano a carte, e qualcuno intanto dondola un passeggino. Tornando in albergo, mentre piove e soffia un vento freddo fuori stagione, passo dalla Victoria coach station che è il dormitorio dei disperati. Mangiano alla mensa della Caritas, che in inglese si chiama Soup Kitchen: tre volte al giorno in fila indiana per il solito pollo. E c'è pure il suonatore di violino che si toglie il cappello e ringrazia per le due sterline che gli hanno dato, mentre il cielo di Londra si apre e si chiude come un ventaglio e sbuca l'angelo dell'avvenire, ma non ha né la faccia sdentata di Jeremy Corbyn né quella truccata di Theresa May. Può infatti capitare anche questo, che la bugiarda e l'estremista si dividano il paese e così, alla fine, perdano entrambi le elezioni. ©RIPRODUZIONE RISERVATA