giovedì 8 giugno 2017

Il Sole 8.6.17
Le elezioni nel Regno Unito. Eurofili a caccia di voti per i candidati contrari al distacco
Gb alle urne, ultima chiamata per il fronte degli anti-Brexit
Ma con gli attentati il tema decisivo si è spostato sulla sicurezza
di Leonardo Maisano


LONDRA La speranza che l’elettorato possa percepire le elezioni politiche di oggi in Gran Bretagna come una prova d’appello del referendum che nel giugno scorso sancì la Brexit si è, probabilmente, spenta con gli attentati di Manchester e Londra. Negli ultimi giorni l’attenzione è stata dirottata sul tema della sicurezza, ovvero su chi, fra la premier Theresa May e l’aspirante premier Jeremy Corbyn, possa al meglio proteggere il Paese dalla minaccia del terrore. Un’ex ministra degli Interni che assicura continuità di governo e pugno di ferro, ma porta responsabilità per la fragilità del sistema di protezione svelato dagli attentati? Un socialista radicale con fama di pacifista a oltranza, ma pronto a mettere mano alla spesa pubblica e quindi anche a rinforzare gli apparati di sicurezza? Nelle ceneri di questo dibattito che accompagna milioni di elettori britannici alle urne fra le 7 e le 22 di oggi per rinnovare la Camera dei Comuni rischia di dissolversi il tradizionale approccio liberal inglese. La lotta al terrorismo con ogni mezzo cavalcata dalla signora premier Tory in queste ultime ore, segnala il ritorno di una frattura ideologica con i conservatori che, da destra, invocano leggi speciali contro il terrorismo, mentre Labour e LibDem denunciano i rischi di uno stato di polizia.
Il garantismo, tuttavia, è solo l’ultimo caduto di questa campagna elettorale. La vagheggiata “seconda lettura” al tema Brexit, con il voto tattico propugnato da think tank e intellettuali remainers potrebbe essere spazzata via dalla paura innescata dall’offensiva del terrore. Da settimane le piattaforme eurofile sbocciate dopo il voto invitano ad abbandonare le ideologie e a votare candidati contrari alla Brexit più severa. Un voto mirato in collegi marginali potrebbe in teoria riservare sorprese. Il terrorismo ha cambiato le priorità e per questo la premier ha confermato di essere pronta a mutare le regole condivise sui diritti umani chiedendo deroghe dalle intese internazionali. La replica dell’ex leader LibDem Nick Clegg e del laburista emergente Keir Stamer è stata secca: «Non c’è alcuna relazione fra la carta sui diritti umani e la lotta al terrorismo».
La premier uscente ha cercato di rabberciare un’immagine ammaccata dai tanti tentennamenti mostrati in campagna elettorale accreditandosi come una leader ferma e determinata. Così è andata rastrellando il consenso in rapida fuga dall’Ukip, partito che, fatta la Brexit, ha cessato di aver una ragion d’essere ed è andata a caccia del voto laburista nel nord del Paese dove il sostegno al divorzio da Bruxelles resta molto forte. E per convincere gli indecisi ha riaperto il cassetto delle mille aspettative mancate, annunciando, cioè, piani di rilancio delle infrastrutture con i danari risparmiati dalla partecipazione alla Ue. Furono proprio le promesse fasulle di finanziare il sistema sanitario nazionale con l’assegno che Londra manda a Bruxelles a portare la bilancia di un paese spaccato a metà verso la Brexit. La storia si ripete ? Non in modo tanto macroscopico, ma il messaggio di Theresa May è incalzante: solo io posso guidarvi verso una Brexit che garantisca benessere al Paese.
I sondaggi dicono che i più sarebbero allineati alla volontà della premier, data in vantaggio da tutti gli opinion poll con un margine fra i 6 e gli 11 punti, nonostante un istituto, YouGov, indichi un Parlamento “impiccato”, senza vincitore né vinti. Il Labour s’affida a quest’ultima speranza convinto di potere guidare un fronte variegato d’opposizione. È l’ipotesi che i mercati temono di più: in caso di frammentazione di Westminster la sterlina è data in caduta 1,20 sul dollaro, peggio di un’ipotetica vittoria del Labour che vedrebbe una correzione a 1,25. I mercati favoriscono e hanno già prezzato la vittoria di Theresa May – con il mantenimento del pound sui valori attuali non lontano da 1,30 - nonostante la sua temuta determinazione per una hard Brexit. E il motivo è soprattutto legato ai tempi: la clessidra del divorzio fra Londra e Bruxelles non si ferma, fra venti mesi circa il deal del secolo dovrà essere chiuso, scegliere la continuità è più rassicurante anche in tempi rivoluzionari come quelli che stiamo vivendo.