Il Sole 8.6.17
Regno Unito, Francia, Italia
Quei voti cruciali per il futuro dell’Europa
di Adriana Cerretelli
Forse
mai come in questi tempi di sorprese e incertezze globali diventa
sfacciatamente palese, quasi tangibile, l’interazione tra dinamiche
interne e internazionali, il loro straripamento inevitabile dall’alveo
naturale: locale, nazionale, regionale. E viceversa. Il fenomeno è più
palpabile che altrove in Europa perché ce l’abbiamo davvero in casa:
l’Europa siamo noi a qualsiasi livello, nato e cresciuto in decenni di
interdipendenza sempre più approfondita.
E così tra oggi e
domenica, in un lungo weekend elettorale consumato tra Gran Bretagna,
Francia e Italia, si giocherà un bel pezzo del futuro dell’Europa
insieme alle sorti del Governo inglese, della presidenza francese, della
stabilità politica italiana anche alla luce del test delle
amministrative.
Sembrava dovesse riguardarci solo marginalmente la
scommessa del voto anticipato lanciata da Theresa May, sicura di
stravincere e ottenere la mani libere per negoziare Brexit a modo suo, a
muso duro guardando al mondo e non più di tanto alla piccola Unione
della porta accanto.
Sbagliato. Per almeno tre ragioni.
Se
la vittoria del leader laburista Jeremy Corbyn domani appare
improbabile, il trionfo di May lo sembra altrettanto. Il nuovo Governo
potrebbe dunque ritrovarsi non più forte ma più debole al tavolo delle
trattative con l’Europa. Con esiti tutti da scoprire per entrambi.
Anche
perché nel frattempo il silenzio di Donald Trump a Bruxelles sull’art. 5
del Trattato Nato non solo ha reso più fragile l’impegno alla
solidarietà atlantica in caso di attacco a uno dei suoi membri ma ha
contestualmente allentato il tradizionale rapporto privilegiato
anglo-americano. Non basta. A Washington non si plaude più alla Brexit
né si parla di accordi di libero scambio bilaterali tanto cari agli
inglesi anti-Ue. In breve, lo shock che ha sconvolto Angela Merkel a
Berlino ha colpito con violenza perfino maggiore May a Londra.
Il
terrorismo è tornato a uccidere con metodo e frequenza incalzanti né
promette tregua nel momento in cui l’incomunicabilità tra Europa e Stati
Uniti indebolisce la coesione occidentale. Se la Germania della Merkel
reagisce invitando l’Europa a tornare padrona del proprio destino,
dunque a ritrovare unità, la Gran Bretagna della May scopre che il suo
isolamento non sarà splendido. Ripensamenti?
Sarebbero più che
logici. Oggi Europa e Gran Bretagna avrebbero più che mai bisogno l’una
dell’altra: di sinergie e interdipendenze accresciute. Ma Brexit non è
stata una scelta meditata e razionale. Per questo è difficile fare
retromarcia.
Però qualche dubbio comincia ad affacciarsi. Un
sonoro schiaffo alla May potrebbe aumentarli. E tradursi alla fine in un
divorzio amichevole, ridotto al minimo imposto dalle reciproche
convenienze.
Anche se ora ha assunto una posizione intransigente,
la Germania è sempre stata riluttante alla separazione. Molto dipenderà
anche dalla Francia di Emmanuel Macron, che spera nelle legislative
(domenica il primo turno) per procurarsi la maggioranza parlamentare che
non ha. I pronostici gli sono molto favorevoli. Il suo piano di
rilancio dell’Europa passa per una nuova vittoria alle urne che gli dia i
margini di manovra indispensabili per fare le riforme nel Paese,
passaggio obbligato per la convergenza economica con la Germania, una
riforma equilibrata dell’Eurozona insieme alla riscoperta delle affinità
elettive con Berlino.
E l’Italia? Mentre la scena politica
europea sembra decongestionarsi grazie al contenimento dei partiti
nazional-populisti e alla crescita economica che si va ovunque
consolidando, il nostro Paese sembra ineluttabilmente scivolare verso
una governabilità incerta, spezzettata.
Se non avessimo un debito
al 133% del Pil, se il quantitative easing della Bce e i bassi tassi di
interesse potessero durare in eterno, la prospettiva non sarebbe
preoccupante più di tanto: sono quasi tre mesi che l’Olanda cerca di
darsi un nuovo Governo, il Belgio è sopravvissuto senza per oltre un
anno e mezzo, la Spagna per più di dieci mesi.
Invece il fardello
che ci portiamo dietro combinato con un tasso di crescita (metà della
media dell’Eurozona) che alla lunga lo rende insostenibile, le possibili
elezioni anticipate con lo spettro dell’instabilità politica
all’orizzonte stanno riproponendo la “questione italiana” in Europa. Non
a caso, i mercati cominciano a muoversi e si guarda con estrema
attenzione al test delle amministrative.
Mentre l’Europa si
prepara a riaprire i cantieri per rifarsi un futuro, l’Italia dovrebbe
fare di tutto per scongiurare gli attacchi della speculazione e il
pericolo di ritrovarsi commissariata e ai margini della nuova storia
europea. Il rischio è reale: va evitato a tutti i costi.