Il Sole 6.6.17
La politica dei paesi arabi
È Teheran il vero obiettivo
di Alberto Negri
L’isolamento
del Qatar da parte dell’Arabia Saudita, degli Stati del Golfo e
dell’Egitto è la conseguenza di una ruggine antica ma soprattutto del
viaggio di Donald Trump a Riad il 19 maggio. Il presidente americano ha
abbracciato la visione saudita, condivisa anche da Israele, che mette
sullo stesso piano la lotta ai jihadisti dell’Isis con quella alla
Repubblica islamica dell’Iran. In cambio di 110 miliardi di dollari di
commesse militari, gli Stati Uniti hanno quasi “venduto” la testa
dell’emiro al-Thani, simpatizzante dell’Iran, che potrebbe rischiare la
sorte del padre Hamad, l’uomo che aveva “inventato” il Qatar, con
al-Jazeera e una politica estera indipendente: per questo fu costretto
dalle pressioni saudite ad abdicare in favore del figlio nel 2013.
L’accusa
dei sauditi, appoggiati dall’Egitto, è che il Qatar sostiene i Fratelli
Musulmani, i gruppi salafiti e il movimento palestinese Hamas. Tutto
questo è assolutamente vero. Ma le accuse al Qatar di favorire il
terrorismo potrebbero essere rivolte anche all’Arabia Saudita e alle
altre monarchie del Golfo. Quindi per i sauditi si tratta di trovare un
capro espiatorio del terrorismo jihadista per poter contrastare il suo
vero rivale nel Golfo, l’Iran. È questa la moneta di scambio con gli
Usa, che in Qatar hanno ancora un quartier generale con 10mila soldati, e
che avrebbero voluto fondare una “Nato araba” anti-terrorismo oggi
trasformata in una coalizione anti-iraniana.
Questa crisi del Golfo, in pieno Ramadan, è la conseguenza della sconfitta del fronte sunnita in Siria.
Le
monarchie hanno perso la guerra contro il regime di Damasco, sostenuto
da Iran, Russia e Hezbollah libanesi e tentano una rivincita bloccando
l’influenza della Repubblica islamica. Gli Stati Uniti e l’Occidente
devono però stare in guardia: un’ondata di instabilità tra monarchie
labili e con nessuna base di consenso democratico potrebbe avere
sviluppi imprevedibili, come già accadde con le “primavere arabe” del
2011. Se l’isolamento del Qatar dovesse continuare non si possono
escludere ritorsioni contro i Paesi che fanno affari con Doha, tra
questi anche l’Italia che per la verità cerca di conquistarsi quote di
mercato in tutti gli Stati del Golfo. L’Europa - in particolare Gran
Bretagna e Francia - ha già fatto in parte la sua scelta a fianco della
monarchia saudita: il premier britannico May ha compiuto il suo primo
viaggio all’estero a Riad, difendendo a spada tratta l’impegno militare
inglese con i sauditi nella guerra in Yemen contro gli ribelli sciiti
Houthi, e i francesi, dopo avere a lungo intrattenuto rapporti con il
fondo sovrano del Qatar, si sono affidati agli investimenti sauditi per
salvare la loro industria nucleare. L’Italia come al solito sta in mezzo
ma dovrà valutare gli effetti in Libia dove il generale Khalifa Haftar,
rivale del governo di Tripoli di Sarraj, si è schierato contro il
Qatar.
Siamo di fronte a una vicenda contradditoria e lacerante.
Il Qatar ha sostenuto gli estremisti islamici che la Turchia ha fatto
passare sull’”autostrada della Jihad” per combattere in Siria. Ma
cospicue donazioni ai jihadisti sono venute anche dagli altri Paesi del
Golfo. Quindi l’accusa di terrorismo è in realtà collegata ai buoni
rapporti intrattenuti da Doha con Teheran. I sauditi, con
l’incoraggiamento israeliano, hanno chiesto ad americani, inglesi e
giordani di tagliare il “corridoio” dei rifornimenti iraniani a Damasco e
Hezbollah. Questa posta in gioco vale quanto la guerra all’Isis e la
spartizione della Siria.
Mentre i Saud hanno colto al volo la
visita di Trump per riposizionarsi come bastione anti-terrorismo, il
Qatar non aveva intuito che era finita l’epoca della sua politica
“indipendente” dalle altre monarchie arabe.
Non importa se proprio
il wahabismo, dottrina religiosa radicale comune sia al Qatar che
all’Arabia, sia la base ideologica di numerosi movimenti radicali
islamici. Quel che conta oggi è opporsi alla “Mezzaluna sciita”
dell’Iran che in questi anni ha combattuto davvero contro jihadisti ed
estremisti sunniti, difendendo i suoi interessi strategici in Siria e in
Iraq.
La nuova alleanza capeggiata da Riad contro Doha e Teheran
ha solidi presupposti economici e finanziari ma è assai fragile se si
scava dentro la realtà dei fatti. L’Occidente si schiera guardando al
portafoglio, con la speranza di contenere il terrorismo anche attraverso
coloro che lo hanno alimentato e ora dicono di volerlo combattere.
Vedremo se sarà un altro calcolo sbagliato, uno dei tanti che hanno
costellato la storia del Medio Oriente in questi decenni.