il manifesto 2.6.17
Il tedesco fa discutere i grillini
Legge
elettorale. Dubbi nel M5S per un sistema che alcuni giudicano peggio
del Porcellum e altri "orgogliosamente costituzionale". Restano nel
patto con Pd e Forza Italia, ma propongono emendamenti. Il più atteso
per riportare come in Germania i voti a due, anche disgiunti, è però il
più difficile da far passare. Per ragioni politiche, ma anche tecniche
di Andrea Fabozzi
L’entusiasmo
si raffredda un po’, la convinzione di aver già portato a casa la nuova
legge elettorale e soprattutto il suo corollario, le elezioni
anticipate, scolorisce negli scenari renziani. Il maxi emendamento Fiano
oltre ai difetti specifici ha quelli generici di tutti i testi scritti
velocemente. E lo si vuole approvare di corsa, senza nemmeno il tempo
per l’ufficio studi della camera di evidenziarne i punti da correggere.
Ma non è questo che preoccupa gli sprinter del Pd, quanto invece le
crepe nei nuovi alleati a 5 Stelle. La vecchia divisione tra ortodossi e
realisti si riflette nella spaccatura dei gruppi parlamentari grillini.
Per un capogruppo dei deputati (Fico) che evidenzia le «problematicità»
del testo Fiano, e dice che «l’accordo non è scontato», c’è un capo
negoziatore sulla legge elettorale (Toninelli) «fiero di dire che si
tratta di un testo certamente costituzionale». Ma non è ancora
«perfettamente tedesco» (lo è pochissimo) dunque «faremo emendamenti».
Il Pd immaginava invece un testo blindato. Del resto, questa partita
l’aveva iniziata con al fianco solo Berlusconi e da lui, al momento, non
ha nulla da temere.
La verifica della tenuta della triplice
alleanza, con la Lega di scorta, ci sarà nei primi voti in commissione.
Slittati a domani pomeriggio (si lavorerà anche domenica) per rispettare
la pausa festiva di oggi. Il testo arriverà in aula di conseguenza un
giorno più tardi, martedì 6 giugno; non cambia però l’obiettivo di
approvarlo entro la prossima settimana. I Cinque stelle ieri hanno
lavorato alle proposte di modifica, che dovrebbero servire ad assorbire
le perplessità dei più contrari – secondo la senatrice Taverna il simil
tedesco è addirittura un «mega Porcellum». La correzione più ambita, la
possibilità come in Germania di esprimere un doppio voto tra uninominale
e proporzionale, anche disgiunto, è però anche la più difficile da
ottenere. Per ragioni politiche – il Pd vuole costruire sopra il voto
unico la campagna per il voto utile – ma anche tecniche, perché in
Germania anche il voto disgiunto si regge sul presupposto che tutti i
candidati vincitori nel collegio uninominale hanno la certezza
dell’elezione. In Italia questa certezza non c’è, almeno a voler tenere
ferme le proporzioni di partenza – metà seggi uninominali e metà
plurinominali. Gli stessi democratici calcolano una ventina di possibili
falsi vincitori, primi nei collegi eppure non eletti. Mentre l’avvocato
Besostri, campione di ricorsi alla Consulta contro le leggi elettorali,
ha avvertito i grillini che il voto unico non è né personale né
diretto, dunque contro la Costituzione.
I grillini cercheranno
allora di cambiare il sistema di attribuzione dei seggi a livello
circoscrizionale, che al momento prevede la prevalenza del capolista nel
proporzionale (salvo per quei collegi dove chi vince raccoglie oltre il
50% dei consensi) e alla fine recupera anche gli sconfitti nelle sfide
uninominali, grazie al trucco di listini artificialmente corti. Lo
faranno per mettersi nella scia delle polemiche contro i «nominati»,
nelle quali eccelle Mdp-Articolo 1, inizialmente meno ostile alla legge.
E non perché siano particolarmente interessati a difendere la
possibilità degli elettori di scegliere i candidati, notoriamente non un
punto di forza del Movimento. Altri assalti alla legge riguarderanno
aspetti minori ma importanti, come l’eterno privilegio che il Pd concede
alla Svp con un sistema di voto diverso in Alto Adige (e Trentino), e
l’abnorme numero di firme previste per la presentazione delle nuove
liste – tanto più che una norma rimasta in piedi dell’Italicum salva
ancora le formazioni nate per scissioni all’interno di questa
legislatura (sul punto si rivolgeranno a Mattarella i radicali:
«Raccogliere 150mila firme in così poco tempo e nei mesi estivi sarà
impossibile»).
Un capitolo a parte riguarda il secondo emendamento
Fiano, che si dedica a ridisegnare i collegi uninominali facendo a
fette e accorpando quelli previsti dalla commissione Zuliani nel 1993.
Il riferimento è quindi la popolazione italiana di 26 anni fa. Soluzione
rimediata, diversa dal tradizionale incarico alla commissione di
esperti, utile solo ad accorciare i tempi e consentire il voto in
ottobre. Soluzione anche pericolosa, perché inserire i collegi nella
legge elettorale consente ai parlamentari di emendarne la composizione,
con complicati effetti a cascata (a patto, ovviamente, di ammettere
emendamenti). Il relatore Fiano la giustifica come una semplice «norma
di salvaguardia» che affianca la tradizionale delega al governo. Ma,
guarda un po’, nel testo che lui stesso aveva presentato due settimane
fa, il «Rosatellum», questa «salvaguardia» non c’era. Senza Forza Italia
e M5S il voto anticipato appariva ancora un miraggio.