il manifesto 21.6.17
C’è aria «nazarena» in Senato. Su Lotti il soccorso azzurro
Aspettando
Gotor. Il governo supera in scioltezza le mozioni su Consip con
l’apporto dei centristi e di Fi. Scontro Pd-Mdp. I renziani: serve una
verifica. Prove di larghe intese. E i contatti tra dem e Arcore sulla
legge elettorale non sono mai cessati
Andrea Colombo
Troppo
rumore per nulla? Stando ai voti si direbbe di sì. Quando il Senato
viene chiamato a votare sulle mozioni che chiedevano l’azzeramento dei
vertici Consip e indirettamente bersagliavano il ministro dello Sport
Luca Lotti, uomo di fiducia di Renzi, il governo scivola sul velluto.
Passa la mozione di maggioranza, che chiede solo di rinnovare
rapidamente il cda decaduto, e non ce ne sarebbe bisogno: l’assemblea
dei soci è già convocata per il 27 giugno. Passa anche quella di Idea,
sino a ieri la più temuta ma adottata nel frattempo, in due punti su
tre, anche dal governo, previa riformulazione. Su quella la maggioranza
diventa addirittura schiacciante, dato che oltre a Idea si accoda anche
Forza Italia: 244 sì contro 17 no e 11 astenuti. Falcidiate le altre:
quelle di Sinistra italiana e della Lega e soprattutto quella dell’Mdp
che anzi, in quanto «forza di maggioranza» fellona e traditrice, finisce
nel mirino dei renziani, capitanati dal megafono del capo a palazzo
Madama, Andrea Marcucci.
L’esito del voto non sorprende nessuno.
Il clima della giornata non era di quelli che preludono a incidenti. Il
dibattito era stato depotenziato in partenza dall’assenza di colli da
tagliare. A eliminare il cda Consip ci avevano pensato il Pd e il
governo, anticipando di un soffio il dibattito. Lo scudo per Lotti, il
vero pesce grosso, lo aveva fornito il presidente Grasso, dichiarando
inammissibile il primo punto della mozione Mdp, quello che chiedeva il
ritiro delle deleghe del ministro. Improponibile, avendo l’aula già
votato e respinto in marzo la mozione di sfiducia contro Lotti. Se anche
le mozioni d’opposizione fossero passate, il governo non avrebbe
battuto ciglio: «Quando mai si è visto un governo cadere per una
mozione?», dissertava prima che il dibattito iniziasse il solito
Marcucci. Come se non bastasse, al momento della dichiarazione di voto
la capogruppo Mdp Guerra annuncia che il suo gruppo voterà solo la
propria mozione, chiudendo ogni spiraglio alla suspence residua.
Ma
come si spiega allora la tensione di questi giorni, proseguita anche
ieri? Perché il governo e il Nazareno, rischiando una figuraccia
gratuita, hanno tentato sino all’ultimo di evitare il dibattito,
adoperando una risibile lettera del ministro dell’Economia con la quale
Padoan informava l’aula di quel che anche i sassi sapevano, le avvenute
dimissioni di due consiglieri e la conseguente decadenza del cda Consip?
Proprio sulla base di quella letterina il capogruppo Pd Zanda ha
chiesto, per la verità con scarsa convinzione e inutilmente, di rinviare
un dibattito già in area di parcheggio da oltre tre mesi. Quasi nello
stesso momento, Ermini, altro senatore di provatissima fede renziana
segnalava quanto difficile potrebbe rivelarsi, in queste condizioni,
l’iter della legge di bilancio.
Il bello è arrivato però qualche
ora più tardi, dopo il durissimo intervento di Miguel Gotor, Mdp.
Marcucci non si è lasciato sfuggire l’occasione: «Credo che il
presidente del consiglio si farà carico di una verifica. Ce n’è bisogno.
Le parole di Gotor sono insostenibili in termini politici per una forza
di maggioranza». Per i governi la parola «verifica» è in assoluto la
più jettatoria che esista, e il particolare certo non sfuggiva all’uomo
di Renzi. Bersani ha risposto a botta calda: «La legislatura deve
continuare, ma senza pretendere di chiuderci la bocca».
Una
reazione simile da parte della guardia d’onore di Renzi, tanto da
pronunciare addirittura la paroletta che di solito equivale a sentenza
capitale per il governo di turno, è poco spiegabile alla luce della
sostanziale tranquillità di cui godevano ieri il governo in generale e
Lotti in particolare. Però, mettendo insieme l’affondo contro Mdp con
l’offerta di pace avanzata dal viceministro Morando nella replica finale
del governo e subito accolta dal primo firmatario della mozione di Idea
Augello, grazie alla quale si è realizzata una spettacolare convergenza
tra Pd, centristi interni ed esterni alla maggioranza e Fi, il quadro
diventa forse meno inspiegabile. I contatti tra Nazareno e Fi, in attesa
della ripresa dei lavori della commissione Affari costituzionali di
Montecitorio sulla legge elettorale, non sono mai cessati.
L’ipotesi
di un’intesa tra Arcore e Nazareno, con o senza legge elettorale, in
vista di un difficile day after le elezioni politiche non è mai
tramontata. Forse la giornata di ieri illustra meglio di ogni battuta
televisiva cosa abbia in mente per il futuro il segretario del Pd.