il manifesto 15.6.17
Altri 10 miliardi per le armi. La chiamano crescita
Finanziaria.
Il 22% del fondo da 46 miliardi per «assicurare il finanziamento degli
investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del paese» andrà al
ministero della Difesa per fare carri armati, elicotteri di
combattimento e centri comandi. Una scorrettezza normativa e formale
enorme contro il parlamento
di Giulio Marcon
Ieri,
la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati ha iniziato a
occuparsi del decreto della presidenza del consiglio che deve decidere
come ripartire i 46 miliardi di un fondo di investimenti (previsti fino
al 2032) che la scorsa legge di bilancio aveva stanziato per sostenere
interventi in tanti ambiti: dai trasporti alla ricerca scientifica;
dalla riqualificazione delle periferie alla difesa del suolo e alla
lotta al dissesto idrogeologico; dall’edilizia scolastica alle
bonifiche, dall’informatizzazione dell’amministrazione giudiziaria alla
rimozione delle barriere architettoniche. E tanto altro ancora.
Il
decreto della presidenza del consiglio riporta una tabella sulla
ripartizione dei fondi tra i ministeri e dalla tabella dove scopriamo
che ben 9.988.550.001 di euro (in pratica 10 miliardi, il 22% del
totale) saranno destinati al Ministero della difesa. Per fare cosa?
Oltre 5,3 miliardi di euro finanziaranno i programmi di costruzione e di
ammodernamento dei sistemi d’arma. Per fare qualche esempio (come ha
ricordato Milex, l’osservatorio italiano sulle spese militari), si va
dai carri da combattimento Freccia e Centauro 2 alle famigerate fregate
Fremm; dagli gli elicotteri da attacco Mangusta ai sistemi di contraerea
e tanto altro ancora. Poi, tra gli altri consistenti importi destinati
al Ministero della difesa, ci sono 2,6 miliardi per fare a Centocelle
(un quartiere periferico di Roma) un mega centro servizi e comandi: una
sorta di «Pentagono italiano» dove centralizzare funzioni e servizi di
coordinamento dell’intero sistema delle Forze Armate. Singolare è che
questo stanziamento viene collocato nel paragrafo dal titolo : «edilizia
pubblica, compresa quella scolastica». Di «scolastico» il centro
militare ha ben poco.
Ora, il fatto che come spendere un fondo di
46 miliardi per «assicurare il finanziamento degli investimenti e lo
sviluppo infrastrutturale del paese» (così dice la legge di bilancio)
venga deciso dal governo (concedendo al parlamento di dare un misero
«parere») è un’abnormità istituzionale. Che poi venga destinato ben il
22% di questo fondo al Ministero della Difesa per fare carri armati ed
elicotteri di combattimento e centri comandi è una scorrettezza
normativa e formale enorme contro il parlamento. Poi va ricordato che il
governo Gentiloni, in questo modo, sacrifica gli investimenti civili a
quelli militari. Si fanno passare per interventi a favore di «attività
industriali ad alta tecnologia e sostegno alle esportazioni», prebende
all’industria militare – che andrebbe riconvertita, salvando
l’occupazione, a scopi civili – per fare affari in Italia e in giro per
il mondo.
Sul «sostegno alle esportazioni» sicuramente l’industria
militare fa la sua «bella» parte, visto che vendiamo armi all’Arabia
Saudita e anche al Qatar (340 milioni di euro di vendite), che è stato
accusato di recente di sostenere il terrorismo islamico.
Nonostante
le lamentele della ministra Pinotti e delle gerarchie militari, al
ministero della Difesa arrivano sempre tanti, troppi soldi.
Ci
stiamo avvicinando così ad esaudire la richiesta di Trump, che vuole
portarci a spendere il 2% per il bilancio della difesa. Tra l’altro, a
tutti questi soldi andrebbero aggiunti anche i 12 miliardi che ci rimane
da spendere per il programma dei cacciabombardieri F35, su cui è caduto
un silenzio assordante, nonostante il Pd si fosse impegnato a dimezzare
la spesa.
Anche con questo decreto, arriva un altro aumento delle spese militari. Ma il paese ha bisogno di lavoro, non di carri armati.