il manifesto 14.6.17
Roma, città chiusa ma a 5 Stelle
di Sandro Medici
Brutti,
sporchi e ovviamente cattivi. Migranti, profughi, rifugiati, fuggitivi,
sopravvissuti. Non ne vogliamo più. Scaricateli in qualche altra città.
Da oggi Roma è città chiusa.
È partita una lettera trepidante e
animosa della sindaca Virginia Raggi. Nella quale chiede alla prefetta
Paola Basilone d’interrompere il flusso migratorio in città: non
vogliamo più stranieri, accoglierli sarebbe «impossibile e rischioso». E
ad amplificare il messaggio arriva di sponda anche Beppe Grillo con il
suo sacro blog, a minacciare espulsioni e rastrellamenti: faremo a Roma
quello che per vent’anni nessuno ha fatto. Eccola affiorare, la pulsione
razzista a cinque stelle. È di sicuro un riflesso elettorale, tanto
meccanico quanto primitivo. Conseguenza diretta del deludente risultato
nelle amministrative di domenica, con tutti quei voti reazionari che
sono tornati da dove erano venuti, cioè a destra.
Ma è qualcosa di
più. Fa parte dell’orizzonte culturale piccolo-borghese con cui il
movimento di Grillo è riuscito a raccogliere consensi indifferenziati.
Interpretando e accarezzando gli egoismi gretti, le angustie
benpensanti, le collere malintese, i furori xenofobi. Prendersela allora
con i Rom che chiedono l’elemosina alle stazioni della Metro o con i
ragazzi africani che si accampano alla Stazione Tiburtina, rassicura il
perbenismo incupito e le coscienze ottuse.
Finora a Roma ci si era
limitati a qualche sgombero di richiedenti asilo e a qualche retata di
ambulanti abusivi, con una polizia municipale sempre più manesca e
sbrigativa.
E nulla era stato allestito per l’accoglienza, saturando
ben presto le strutture preesistenti. Un’inerzia amministrativa
inefficiente e impaurita, che non ha regolato i flussi né dislocato i
nuovi arrivi, finendo così per amplificare l’impatto migratorio in
città.
Non che il Campidoglio brilli per efficacia e prontezza, ma a
Roma le possibilità di gestire un’emergenza sociale, accogliendo e
ospitando, ci sono e non sono poche. Volumetrie pubbliche inutilizzate,
ospedali dismessi, caserme acquisite dal Comune, stabilimenti
industriali abbandonati, oltre a migliaia di ettari lungo i margini
della città. La sindaca Raggi ha però preferito cullarsi nell’ignavia:
per non sottrarre al mercato patrimonio comunale in vendita e per non
insediare nuovi centri d’accoglienza invisi ai territori.
Meglio dunque fermare tutto, fermare tutti, e chissenefrega di tutta quella povera gente disperata.