il manifesto 11.6.17
Primarie «avvelenate», non esistono ma già spaccano la sinistra
Alleanze.
Gazebo di coalizione, c’è il niet di Mdp. Che avverte l’ex sindaco:
Renzi è un piazzista, no al dialogo. Malumori anche nel Pd
di Daniela Preziosi
Le
primarie del centrosinistra con un Pd che fino a una settimana sfotteva
la «sinistra rissosa» sono un’ipotesi irrealistica, il classico ballon
d’essai delle fasi politiche di stallo. Ma tanto poco basta per rialzare
il termometro nella sinistra che fino a tre giorni fa tendeva
all’unità, complice un incombente sbarramento al 5 % nella legge
elettorale ormai spazzato via dall’orizzonte.
Per il terzo giorno
consecutivo ieri Renzi, stavolta dal Corriere della sera, ha lanciato un
amo a Giuliano Pisapia, leader di Campo progressista: «Noi ci siamo.
Vediamo che farà lui». Il segretario Pd spiega meglio la sua idea di
accordi a sinistra a legge vigente: un patto al senato, ma non alla
camera, dove tanto è convinto di imbroccare l’onda del voto utile perché
«il premio al 40% consente di tentare l’operazione maggioritaria». L’ex
premier non risponde alle condizioni che Pisapia pone per riaprire il
dialogo: primarie di coalizione, cancellazione dell’articolo 18,
discontinuità. A questo dibattito manca il principio di realtà. Lo
ricorda il presidente dem Matteo Orfini a Repubblica, che «c’è una legge
proporzionale che non prevede coalizioni e quindi le primarie non
avrebbero senso», dunque benvenga Pisapia in coalizione ma dopo il voto
se avrà i numeri, «con questo sistema elettorale oguno tessa la sua tela
e poi ci ritroveremo in parlamento in base al consenso che i cittadini
ci daranno».
Ma questi giri di valzer comiminciano a suscitare
malumori a sinistra, fra gli stessi alleati di Pisapia che il primo
luglio hanno con lui un appuntamento a Roma per costruire «la casa
comune» della sinistra. Bersani, D’Alema, Rossi, cioè tutta la «Ditta»
ex Pd non hanno alcuna intenzione di allearsi con il proprio ex partito.
Ampiamente ricambiati: Renzi spiega alcuni di loro farebbero fatica
«anche a tornare alle feste dell’Unità».
Le polemiche non sono
dirette, almeno per ora. Massimo Paolucci, europarlamentare vicinissimo a
D’Alema, spiega che la proposta di Renzi a Pisapia è «una polpetta
avvelenata», «Non esistono le condizioni minime per svolgere insieme al
Pdr le primarie di coalizione. Senza una chiara alleanza politica, un
simbolo ed una piattaforma comune sarebbe una grave errore, una
decisione incomprensibile per milioni di nostri elettori delusi dalle
scelte fatte, in questi anni, su tasse, lavoro, scuola, politiche
sociali, investimenti». Il presidente della Toscana Enrico Rossi: «Le
primarie di coalizione hanno poco senso perché la storia del sindaco
d’Italia è finita il 4 dicembre 2016. Noi dobbiamo costruire un’alleanza
per il cambiamento a sinistra del Pd fatta da coloro che, di sinistra e
di centrosinistra, non si riconoscono più nel Pd di Renzi».
Enrico
Rossi si rivolge al lato politico dove si collocano Sinistra italiana e
Rifondazione comunista, e offre una lista unitaria, anche con i civici
ex no che si vedranno a Roma il 18 giugno. Sorvolando sul fatto che
difficilmente queste aree apprezzerebbero – anzi digerirebbero – la
benedizione degli ulivisti Prodi, Letta, Bindi, così tanto invocata da
Mdp.
Anche Pisapia evita la polemica interna. Ma dai suoi arrivare
segnali di insofferenza: «Dobbiamo investire sulla riapertura di una
nuova stagione di centrosinistra in discontinuità con questi anni.
Aggiungo che oggi, per ragioni tutte giuste, governiamo, da una
posizione di leggera subalternità, con Renzi e persino con Alfano».