Il Fatto 7.6.17
Venghino signori: comincia lo show del compagno Renzi
di Alessandro Robecchi
La
parrucca canuta e la barba finta sono già state consegnate a Rignano
sull’Arno, pronte per l’uso. Nel caso clamoroso che Jeremy Corbyn riesca
nell’impresa di vincere le elezioni inglesi, Matteo Renzi è pronto a
trasformarsi nel Corbyn italiano, dopo essere stato il Valls italiano,
l’Obama italiano, il Macron italiano e altro ancora. Già si affacciano
timidamente su Twitter i primi segnali della nuova trasformazione, per
ora soltanto sottoforma di esternazioni “simpatiche” di portavoce ed
esperti di comunicazione (!).
Non che stupisca la coerenza ad
assetto variabile: sono passati solo due anni (elezioni inglesi del
2015) da quando gli stessi strateghi renzisti spiegavano la sconfitta
del timidissimo e conservatorissimo candidato Labour Miliband con un
esilarante: “ha perso perché troppo di sinistra”. Ora che Corbyn (che è
di sinistra davvero) rischia di vincere, o comunque di prendere più voti
del suo predecessore, ecco in rampa di lancio il nuovo travestimento.
Il vocabolario politico andrebbe aggiornato: più che trasformismo, qui
si tratta di applicare la dottrina Fregoli: più cambi d’abito in pochi
minuti.
Dai vapori delle strategie elettorali che scaldano i
motori comincia a distinguersi un vecchio, caro ritornello, una cosa che
si è conficcata nelle orecchie degli italiani come quelle canzoncine
pop che ci allietano l’estate e che fischiettiamo anche se ci sembra di
non averle mai ascoltate davvero. Insomma, ecco che s’avanza la solita
tiritera del “voto utile”, dove “utile” si può tradurre che bisogna
darlo al Pd.
Più la pattuglia alla sinistra di Renzi (non che sia
difficile stare alla sinistra di Renzi, eh!) si avvicinerà minacciosa
alla soglia del 5 per cento, più i toni si faranno suadenti,
disponibili, accomodanti. In pratica, se il Pd renzizzato si renderà
conto che può avere un’emorragia di voti a sinistra, più il blogger di
Rignano dovrà organizzare uno dei suoi travestimenti più arditi:
fingersi di sinistra pure lui, addirittura lui. Non so se TicketOne
vende già i biglietti, ma ne voglio un paio di prima fila, perché lo
spettacolo sarà imperdibile.
Finora la strategia semantica della
cordata che ha conquistato il Pd è stata abbastanza semplice: vendere
come “di sinistra” provvedimenti ultraliberisti e cancellazione di
diritti. Un gioco di prestigio che ha funzionato soltanto per qualche
mese e poi si è sciolto come un gelato nell’altoforno: prima qualche
elettore, poi molti, poi un paio di milioni, si sono accorti che
scrivere la legge sul lavoro insieme a Confindustria e andare in giro a
dire che si tratta di una legge di sinistra era una discreta presa per
il culo. Che abbracciare il “modello Marchionne” non era proprio una
cosa geniale.
Che farsi periodicamente salvare da Verdini non era
esattamente nel dettato teorico gramsciano. Che cancellare la tassa
sulla prima casa anche ai cumenda con villa di diversi ettari non era
precisamente una lotta alle diseguaglianze.
Ora si apre un
periodo, assai divertente, di bastone e carota. La linea è già
tracciata: da un lato screditare l’avversario (definire “sinistra
radicale” una formazione che ha come riferimento Pisapia è semplicemente
ridicolo), dall’altra gettare brioches al popolo, fingersi dialoganti,
archiviare il vecchio arrogantissimo (e scemo) “ciaone” per sfoderare un
grottesco “compagni, parliamone”. Insomma, quello che da anni si allea
con Berlusconi, che concorda con lui fallimentari riforme, che inventa
con lui leggi elettorali incostituzionali, verrà a spiegarci che è colpa
della sinistra se alla fine farà un governo con Berlusconi. Per cui
consiglio di preparare i fazzoletti: il “Renzi-torna-di-sinistra-show”
sarà uno spettacolo circense di grande presa, più dell’uomo cannone, più
della donna barbuta, più delle magliette gialle al terremoto. Venghino,
venghino, portate i pop-corn.
di Alessandro Robecchi