Il Fatto 1.6.17
“Uranio 238 usato anche in Italia”
Un ex
maresciallo: “Fotografai quei proiettili nel 1994 in un deposito a
Pozzuoli, li spararono i finanzieri tra Ponza e Ventotene”. I ministri,
compreso Mattarella, hanno sempre detto: “Mai avuti”
di Alessandro Mantovani
Nel
lontano 1994, quando non si parlava ancora di sindrome del Golfo, le
forze armate italiane avevano a disposizione proiettili all’uranio
impoverito, al contrario di quanto affermato per vent’anni da ministri,
Stati maggiori e commissioni d’inchiesta. Ce lo racconta oggi, documenti
alla mano, un ex sottufficiale della Guardia di Finanza, armaiolo:
afferma di averne trovati “decine di casse” in un deposito di munizioni
della Marina militare alla Montagna Spaccata di Pozzuoli (Napoli),
utilizzato anche dal gruppo navale della Finanza.
“Sulle casse
c’era il simbolo della radioattività. Per un certo periodo erano state
custodite nella nostra armeria alla Caserma Zanzur a Napoli. Il caso
volle – racconta l’ex maresciallo Giuseppe Carofiglio, in congedo dal
2002 – che avessi un contatore geiger. Vicino alle casse i led si
accendevano tutti. Allarmato, avvisai i colleghi del comando generale
che ci inviarono le schede dove confermavano: erano munizioni all’uranio
impoverito. Feci un casino. Dissi che non avrei toccato più nulla.
Fecero venire quelli dell’Anpa”, l’Agenzia nazionale protezione ambiente
dell’epoca.
La relazione a firma del dottor C. Corato e del
signor M. Blasi dell’Anpa, datata 24 giugno 1994 dopo il sopralluogo del
15, conferma. Descrive le casse dove era scritto “Isotopo U 238”,
l’uranio impoverito appunto, e indicato il produttore di quei colpi da
30 mm, la Breda meccanica Bresciana di Peschiera del Garda (Brescia) poi
acquisita da Finmeccanica (oggi Leonardo). E misura la radioattività
nell’ambiente, più che apprezzabile ma, si legge, non superiore ai
limiti di un decreto ministeriale del 1971 né a quelli europei, quindi
non pericolosa. “Quel verbale dice tutto e non dice niente – osserva
Carofiglio –. Tra l’altro, uno dei controllori disse che se avessimo
avuto una cartuccia come soprammobile sulla scrivania ci saremmo beccati
il cancro dopo un anno”. Oggi sappiamo che le radiazioni sono
pericolose ma soprattutto lo sono le nanoparticelle che si diffondono
dopo l’esplosione del proiettile. Come è ormai noto dopo l’Iraq e i
Balcani le munizioni all’uranio perforano, incendiandole, le corazze dei
carri.
Ma che ci faceva la Finanza con quei proiettili? Secondo
l’ex maresciallo erano in dotazione a due pattugliatori del gruppo
navale di Napoli, forse inizialmente destinati a un altro Paese ma
utilizzati nel mar Tirreno. “Di quei proiettili non c’era il carico
contabile – racconta Carofiglio –, potevamo portarceli anche a casa. Per
eliminarli fecero un’esercitazione straordinaria, non so con certezza
dove sono stati sparati perché non ci andai, però suppongo si trovino,
mi riferisco alle ogive, tra Ponza e Ventotene dove generalmente si
andava a sparare con le unità navali”. Il telex 208/22 del luglio 1994
da Cogeguarfi Uga (comando generale Gdf) a Leguarfi Napoli (gruppo
navale) si riferisce a un’“esercitazione straordinaria tiro con
munizionamento da 30 mm tipo Ap-I” (sigla che indica colpi perforanti e
incendiari) da tenersi il giorno 13, cioè poco dopo la relazione
dell’Anpa: specifica i “colpi di tipo Tp” (normali da addestramento)
dovranno essere sparati “soltanto dopo Ap-I at scopo ‘pulire’ canna da
eventuali residui” e raccomanda i “guanti da lavoro” per chi avrebbe
maneggiato quei proiettili.
Perché Carofiglio, congedato nel 2002
per motivi di salute, tira fuori le carte dopo 23 anni? “Avevo paura,
anche dopo il congedo ti rimane quel tipo di mentalità militare, oggi
invece troppa gente è morta: la questione è venuta fuori”, spiega l’ex
maresciallo riferendosi alle commissioni d’inchiesta e alle proposte di
legge per i militari che si sono ammalati (circa 700) o sono morti
(342), per lo più, dopo missioni all’estero. Non tra Ponza e Ventotene.
Fin qui ad esempio è stato escluso l’uso di uranio 238 nel poligono di
Capo Teulada in Sardegna, c’è da crederci? Carofiglio, 55 anni, non ha
malattie ritenute legate all’esposizione: “No, ma per anni ho avuto
paura”. Ha un fratello generale della Finanza, Francesco, oggi all’Anac,
con lui ne ha parlato? “Poco, non ci parliamo da anni”.
Dalla
Difesa e dalla Finanza, per ora, nessun commento. Tutti i ministri della
Difesa, compreso Sergio Mattarella nel 2000, hanno sempre escluso
l’impiego e lo stoccaggio in Italia di proiettili all’uranio impoverito
da parte delle nostre forze armate.