Il Fatto 19.6.17
La sinistra del No a Mdp: “O con noi o con Pisapia”
La manifestazione di Falcone e Montanari a Roma. Il bersaniano Gotor contestato quando cita l’ex sindaco di Milano
di Fabrizio d’Esposito
“Anna
e Tomaso”, con una sola “m”. A furia di sentirli chiamare, invocare,
supplicare per nome – accade più di cinquanta volte – viene in mente
Anna e Marco del compianto Dalla. “Anna e Tomaso”. Anna Falcone e Tomaso
Montanari, che sono vestiti uguale, camicia bianca e jeans e pantaloni
blu, hanno lo stesso portatile Mac poggiato sulle gambe e dominano la
scena seduti su due candide sedie.
Via Merulana a Roma, alle dieci
di mattina. Davanti al teatro Brancaccio c’è una festante ressa.
Ritorna il popolo della sinistra. A dire il vero, la recente storia di
questo popolo è un lungo elenco di teatri pieni e urne deludenti.
Falcone e Montanari sono i volti nuovi di quel comitato del No che il 4
dicembre ha trionfato sull’arroganza del renzismo. Qualcosa è cambiato.
Ci sono solo loro due sul palco e l’obiettivo è una lista civica
nazionale di sinistra. Il teatro è stracolmo. Oltre 1.500 persone e
video e audio per chi è rimasto fuori.
“Un’alleanza popolare per
la democrazia e l’eguaglianza”. Un titolo che però non è un nome
(ancora), precisa Montanari, incaricato della relazione introduttiva. Le
prime file della platea sono una fotografia sparsa dell’universo
antirenziano a sinistra. La pattuglia di Articolo 1 – Mdp è foltissima,
anche senza Bersani: Massimo D’Alema, Roberto Speranza, Enrico Rossi,
Arturo Scotto, Alfredo D’Attorre, Francesco Laforgia, Massimo Paolucci.
Poi Sinistra Italiana dei due Nicola, Fratoianni e Vendola, e di Stefano
Fassina nonché Possibile di Civati. C’è una delegazione di DeMa ma non
de Magistris. Partiti e tanta, tantissima società civile e si scorgono
pure Ingroia, Flores d’Arcais, Casarini e Agnoletto. La relazione di
Montanari è durissima nella sua chiarezza e traccia un solido argine
antirenziano.
Bersaglio di questo sentiment, l’unico che scatena
le ovazioni della platea, è Giuliano Pisapia, autocandidatosi a
federatore del centrosinistra con il fatidico Campo Progressista. L’ex
sindaco di Milano – la cui leadership secondo l’acuto Livio Pepino
esiste solo sulle pagine di Repubblica ma non nel Paese reale – persiste
nella sua ambiguità nel rapporto con Renzi. Non a caso il redivivo
Arturo Parisi sta provando a compattare un fronte ulivista con Romano
Prodi ed Enrico Letta non ostile al Pd renziano.
Ma per questo
popolo, ormai, “il Pd è un pezzo della destra” e Montanari non risparmia
neanche i presenti, per le colpe del passato. La sua requisitoria
contro la Terza Via blairiana in salsa bersanian-dalemiana rievoca una
scena di 32 dicembre di Luciano De Crescenzo. È quando il personaggio
interpretato da Enzo Cannavale, povero in canna, va a chiedere 100mila
lire al fratello ricco e questi, per dargli i soldi, fa uno show di
mezz’ora: convoca il pubblico ed elenca tutti i beni dissipati da
Cannavale. Ecco, il presente D’Alema e l’assente Bersani sono come quel
fratello povero quando Montanari, spietato e misericordioso allo stesso
tempo, spiega cosa ha distrutto la sinistra: il sì a guerre illegittime,
le privatizzazioni, la riforma Treu, la mancata legge sul conflitto
d’interessi.
D’Alema, seduto tra Luciana Castellina e Vendola,
gonfia le guance, in una sua tipica posa, e sbuffa, compulsando lo
smartphone. Avrebbe voluto parlare, D’Alema, ma forse sarebbe stato
troppo. Eppure dentro Articolo 1 è quello che ha le idee più nette su
Pisapia, almeno in privato: “Un gigantesco cog…ne”.
Per Articolo
1, invece, interviene il bersaniano Miguel Gotor. E sono soprattuto
fischi e contestazioni. Appena sale, un militante attempato grida contro
l’uscita dall’aula di Mdp, al Senato, al momento di votare il ritorno
dei voucher. È solo un assaggio. Il coraggioso Gotor prova a dire che il
primo luglio bisogna andare alla manifestarione romana di Pisapia e
sono altri fischi. Indi, una ragazza di DeMa invade il palco e lo
interrompe: “Perché fate parlare lui e non me?”. Ai bersaniani tocca la
parte più ingrata: costruire un ponte tra i “civici” e il riflusso
ulivista e filorenziano di Pisapia.
Gli interventi vanno avanti
fino alle tre e mezzo del pomeriggio, con la replica finale di Anna
Falcone. Si parla di lavoro e povertà ma non di questione morale su
Consip e Banca Etruria. Maurizio Acerbo, segretario di Rc, e il
rappresentante di Libera suscitano altri entusiasmi. Formule e alleanza a
parte, è la giovane Marta Nalin da Padova a dare la definizione giusta
di questo ennesimo tentativo: “Reinventare i corpi intermedi senza
demonizzare i partiti e senza santificare la società civile”.