venerdì 16 giugno 2017

Il Fatto 16.6.17
Sinistra, altro che lista unica. Sui voucher dà tre voti diversi
Sei “presunti senatori” di Campo progressista si esprimono a favore del testo, i bersaniani di Articolo 1-Mdp escono dall’Aula, gli ex Sel di Fratoianni contrari
di Tommaso Rodano


Nessuna sorpresa al Senato: il governo Gentiloni ottiene la fiducia, anche grazie alle numerose assenze tra i banchi di Forza Italia e dei verdiniani. La maggioranza sopravvive in virtù di un quorum bassissimo: si contano appena 144 sì e 104 no. La manovra è legge, e sono legge (di nuovo) anche i voucher. Hanno una forma e un nome diverso: ora si chiamano PrestO, sono il risultato del grande inganno servito solo a cancellare il referendum della Cgil (che scende in piazza domani a Roma).
All’appello di un voto cruciale sul tema del lavoro, e dopo giorni di riflessioni, incontri, sondaggi e chiacchiere su una possibile lista unica, la sinistra parlamentare si è presentata in ordine sparso. Divisa in tre o quattro correnti, se contiamo pure quella interna al Pd.
Gli orlandiani che avevano contestato radicalmente la norma sui voucher alla Camera, uscendo dall’aula e rifiutandosi di votarla, a Palazzo Madama sono rimasti nei ranghi. Nella sinistra dem si è distinto (di nuovo) solo Walter Tocci, che è uscito dall’aula: “Non ho votato la fiducia sul decreto economico – ha scritto – perché trovo che violi alcuni elementari principi istituzionali. Si può apprezzare o meno la nuova legge sui voucher, ma è inaccettabile l’inganno che ha sottratto alla Corte di Cassazione la valutazione delle nuove norme prima della cancellazione del referendum. Non era mai accaduto prima nella storia repubblicana”.
La stessa posizione assunta in pratica dai senatori di Articolo 1: la fiducia non si vota, ma non si vota nemmeno contro; si esce da Palazzo Madama, così si abbassa il quorum, la manovra passa e il governo resta in sella. Si prova a salvare sia la legislatura che la coscienza. Si fa un torto a Renzi e uno alla Cgil. Per il bersaniano Maurizio Migliavacca “è una scelta obbligata – scandisce in aula – l’unica possibile per non arrendersi al rifiuto in blocco o all’accettazione in blocco del decreto”. Un equilibrio complicato, perché la norma “non va bene per una maggioranza che si dice di sinistra”, però così “il governo può andare a scadenza naturale, ricostruendo il dialogo con le opposizioni sulla riforma delle legge elettorale”. Mdp resta lì: un po’ dentro e un po’ fuori la maggioranza, un po’ di protesta e un po’ di governo.
Poi c’è Sinistra Italiana, che nei confronti della maggioranza non ha mai avuto alcun vincolo di fedeltà. I senatori ex Sel iscritti al Gruppo Misto hanno votato contro la manovra. E non hanno fatto mancare qualche frecciatina ai colleghi di Mdp, con i quali è sempre in piedi il discorso della lista unica: “Il governo ha messo la fiducia sui voucher 24 ore prima della manifestazione indetta dalla Cgil – ha scritto il deputato Giovanni Paglia su Facebook –. Aggiungono schiaffo a schiaffo, che tanto le guance sono quelle dei lavoratori italiani. Diciamo che meriterebbero una risposta un po’ più forte di una benevola uscita dall’Aula, come quella annunciata da Mdp. Coraggio compagni, si può fare di meglio”.
Dunque, ricapitolando: la sinistra del Pd vota sì, i bersaniani non votano, Sinistra italiana dice no.
Poi c’è un dettaglio quasi comico: Giuliano Pisapia ha scoperto di avere una pattuglia parlamentare a sua insaputa. Martedì sera infatti alcuni senatori autoproclamatisi “di Campo Progressista” hanno firmato una nota in cui annunciavano il loro appoggio al governo sulla manovra. Si tratta di quattro ex grillini (Alessandra Bencini, Francesco Molinari, Luis Alberto Orellana e Maurizio Romani) e due ex vendoliani (Dario Stefàno e Luciano Uras) iscritti al Gruppo Misto.
Curiosamente, Pisapia ignorava del tutto la circostanza, come ha provato a spiegare il portavoce di Campo Progressista, Alessandro Capelli: “Ferma restando la piena legittimità della posizione espressa, ricordiamo che ad oggi non siamo ufficialmente presenti in nessuno dei due rami del Parlamento, né alla Camera dei deputati, né al Senato” (andrebbe comunicato a Uras, che sul sito di Palazzo Madama porta la dicitura di iscritto al gruppo “Misto-Campo Progressista”).
Fatto sta che i presunti aderenti al movimento dell’ex sindaco, tranne Molinari e Stefàno, ieri hanno effettivamente votato sì alla manovra (e ai voucher). Aggiungendo un altro elemento, di colore, al mosaico della sinistra divisa sul lavoro.
Si riunirà domani, a fianco del sindacato. In parlamento tre voti distinti, in piazza tutti insieme. Ci sarà anche Campo Progressista: “Se ci fosse stato un referendum sui voucher, la nostra indicazione di voto sarebbe stata certamente nella direzione di abrogare la normativa. Aderiamo alla manifestazione della Cgil”. Pisapia benedice, ma non si farà vedere al corteo. La lista unica non esiste ancora, ma fa già venire il mal di testa.
di Tommaso Rodano