Corriere 8.6.17
L’Homo Sapiens ha 350 mila anni
di Giovanni Caprara
L’alba
dell’ Homo sapiens corre più lontana nel tempo portando un po’ di luce
sulle nostre origini. La nuova scena è una dolce collina del Nordafrica,
in Marocco, circondata dal vuoto: è il sito di Jebel Irhoud, ben noto
per le sue preziose tracce. Qui il ritrovamento di nuovi fossili e
l’indagine con strumenti più sofisticati di altri scoperti a partire
dagli anni Sessanta dello scorso secolo hanno permesso di stabilire che i
primi esemplari di sapiens sono apparsi tra 300 e 350 mila anni fa.
Finora la culla dell’uomo moderno era ritenuta l’Africa orientale,
l’Etiopia, dove i fossili raccontavano una presenza intorno a 195 mila
anni fa. «I resti umani (in Marocco, ndr ) sono i più antichi riferiti
all’ Homo sapiens » scrive sulla rivista Nature Jean-Jacques Hublin del
Max-Planck Institute tedesco e alla guida del gruppo internazionale di
paleontologi protagonista della scoperta.
Dunque siamo nati
centomila anni prima e ciò che rimane di almeno cinque ominini
(soprattutto parti di teschi, mandibole, denti) analizzato in modi
diversi, in particolare con tecniche di luminescenza, ha portato al
risultato che di certo riaccenderà le discussioni sulla complicate
interpretazioni dei primi rami del nostro albero genealogico. A
rafforzare le conclusioni sul balzo indietro nel tempo sono giunte le
datazioni di altri materiali trovati intorno, selci lavorate e resti di
animali che hanno permesso di ricostruire la dieta del nostro antenato.
«Si cibava di diversi tipi di animali di cui andava a caccia — dice
Teresa Steele, paleoantropologa dell’università di California, a Davis,
anche lei parte del gruppo —. Mangiava carne di gazzella,
occasionalmente di gnu, di zebra e stagionalmente pure uova di struzzo.
Rompeva le ossa molto lunghe, aprendole per assaporare il midollo. Tutto
ci dimostra che il Nordafrica ha avuto un ruolo significativo
nell’evoluzione dell’uomo moderno».
In passato le indagini sui
fossili di Jebel Irhoud avevano suggerito un’età dell’antenato molto più
recente, intorno a 40 mila anni, tanto da considerarlo una forma
africana di Neanderthal: ipotesi cancellata da successive analisi che
negli ultimi anni hanno portato a considerarli contemporanei agli
abitanti dell’Etiopia. Ora i nuovi reperti e le nuove tecnologie hanno
condotto a un ulteriore, clamoroso, passo avanti mostrando un’evoluzione
più complessa e ponendo delle domande che prima potevano sembrare solo
speculazioni teoriche. Ci si chiedeva, infatti, se la biologia dell’uomo
moderno fosse emersa rapidamente intorno a 200 mila anni fa o se si
fosse sviluppata gradualmente negli ultimi 400 mila anni. Questa seconda
ipotesi sembra prevalere grazie alla scoperta in Marocco.
«Ora è
chiaro che la storia dell’umanità è più articolata e probabilmente
coinvolge l’intero Continente africano», aggiunge un altro ricercatore
del team, Rainer Grun direttore dell’Australian Research Centre for
Human Evolution dell’Università di Griffith. «I reperti sono molto
interessanti — commenta il paleontologo Giorgio Manzi dell’Università La
Sapienza di Roma —. Però mi sembrerebbe più corretto parlare di ominidi
che rappresentano una transizione tra forme arcaiche e moderne. Cioè
sono figure di un trend evolutivo che ancora non ha espresso il vero
Homo sapiens . Tra l’altro — sottolinea — ci sono vari fossili
appartenenti a queste fasi di passaggio emersi dal Sudafrica alla
Tanzania. E sono dei casi che andranno spiegati con una visione più
ampia rispetto al passato».