giovedì 8 giugno 2017

Corriere 8.6.17
Muore a 18 mesi dimenticata nell’auto
Arezzo, la piccola è rimasta 6 ore sotto il sole. Disperata la mamma: «Pensavo di averla lasciata all’asilo»
di Marco Gasperetti


CASTELFRANCO DI SOPRA (Arezzo) Se n’è accorta dopo aver abbassato i finestrini della Y10 rimasta sotto il sole per sei ore. La dottoressa — in paese la chiamano tutti così — ha intravisto qualcosa sul seggiolino della figlioletta: prima una scarpa, poi la gonnellina chiara. Infine la testa della piccola Tamara, abbandonata. Soltanto allora Ilaria, 38 anni, una laurea in legge, ha capito cosa era accaduto e si è messa a gridare. «Ho sentito un urlo straziante mentre stavo lavando i piatti — racconta una testimone — mi sono affacciata e ho visto una donna che tentava di liberare la figlioletta dal seggiolino dell’auto, era disperata, chiamava aiuto, diceva che sua figlia stava morendo».
Era già morta la bambina, 18 mesi, figlia unica e amatissima che una mamma premurosa ogni giorno, prima di andare a lavorare, accompagnava all’asilo nido per poi tornare a riprenderla con puntualità proverbiale. Ma ieri è accaduto qualcosa di inspiegabile a Castelfranco di Sopra, paese di duemila abitanti del Valdarno, tra le province di Arezzo e Firenze. La mente di quella madre, che su Facebook qualche tempo fa aveva pubblicato l’articolo di un quotidiano intitolato «Maternità e lavoro perché le donne non ce la fanno più», forse sotto stress per lavoro e faccende familiari ha avuto un blackout. «Ero convinta di averla lasciata all’asilo nido e invece era lì, soffocata dal caldo» ha raccontato come un automa, ancora sotto choc, ai carabinieri e al sostituto procuratore della Repubblica, Andrea Claudiani. Il marito della donna, Adriano, che lavora per una multinazionale della moda, è stato avvertito dai carabinieri. Non ha avuto la forza di dire una parola.
La piccola è rimasta prigioniera dell’auto dalle 8 alle 14 ma nessuno in Piazza Vittorio Emanuele, pieno centro del paese, si è accorto di niente. C’erano una decina di auto parcheggiate, almeno due accanto alla Y-10 grigia. E in quella piazza, la più frequentata, ci sono ristoranti, bar, una banca, negozi. Eppure nessuno ha puntato lo sguardo dietro i cristalli completamente chiusi dell’auto, nessuno ha visto la bambina che il caldo stava uccidendo.
I soccorsi sono stati rapidissimi. Un defibrillatore è arrivato dopo pochi minuti, così come un medico, i volontari dell’ambulanza. È stato chiamato anche l’elisoccorso del 118. Non è servito a niente. La madre della bambina è stata indagata per omicidio colposo. Un atto dovuto, come spiegano alla Procura di Arezzo. Il caso lo segue direttamente il procuratore Roberto Rossi, lo stesso che conduce tra mille pressioni l’inchiesta su Banca Etruria. «È un fatto che le indagini non possono ancora spiegare — dice il magistrato —, stiamo raccogliendo testimonianze, la madre della piccola è una professionista di valore e ce la descrivono come una mamma attenta e affettuosa». Insomma, non sembra configurarsi la negligenza, indispensabile per un accusa di omicidio colposo.