Corriere 6.6.17
I timori sull’ascesa dopo le parole di Prodi e Bindi
Renzi, il voto utile e l’obbligo di frenare i «cugini» a sinistra
di Francesco Verderami
ROMA
La nuova legge elettorale è la Yalta della politica italiana, perché
introducendo la soglia di sbarramento del 5%, Renzi, Grillo, Berlusconi e
Salvini prevedono di spartirsi i seggi del futuro Parlamento. Ognuno
con i propri obiettivi. Quello del leader democrat è chiaro: tornare a
Palazzo Chigi, con la consapevolezza che — a meno di un clamoroso
exploit nelle urne — la strada per arrivarci sarà un governo di larghe
intese. Il suo progetto poggia su una scommessa, e cioè che nessun’altra
forza — oltre i quattro grandi partiti — superi la soglia d’accesso.
Ogni 5% fuori dalla sua contabilità comprometterebbe quel disegno.
E
i primi guai per Renzi iniziano ad arrivare dalla sua sinistra. Campo
progressista è accreditato di centrare il risultato, per una serie di
fattori politici che al momento sembrano giocare a favore di Pisapia:
oltre all’immagine dell’ex sindaco di Milano e al consenso degli
scissionisti, è il dissenso di un pezzo del Pd a offrirgli il vero boos t
. Le prese di posizione di Enrico Letta e della Bindi, unite ai segnali
di Prodi — che si dice pronto a levare la propria tenda in caso di
accordo tra Pd e Forza Italia — portano in dote il brand di un «nuovo
centrosinistra», sono un richiamo verso un pezzo di elettorato
nostalgico dell’Ulivo. E un’emorragia di voti democrat consentirebbe a
Campo progressista di superare lo sbarramento.
C’è un motivo
quindi se il Pd ha messo in atto le prime contromisure, se Renzi ieri si
è rivolto a Pisapia dicendo che «non siamo noi il nemico», se Rosato ha
sottolineato che «noi siamo pronti a fare un governo con voi». I
vertici democratici ritengono infatti che i «cugini di sinistra» possano
arrivare «al 6-7%» alle urne, «se riusciranno a evitare che D’Alema
venga visto dagli elettori come il loro frontman». E almeno su questo
punto anche gli scissionisti concordano. Sul resto ritengono complicata
un’intesa in proiezione futura: già considerano «inaccettabile» una
collaborazione al governo con Pd e Forza Italia, «men che meno potremmo
appoggiare un gabinetto guidato da Renzi». Bersani è stato sintetico
quanto diretto su questa ipotesi nelle riunioni: «Non in mio nome». E
dicono faccia a gara con Pisapia a chi si mostra più duro.
Nel Pd,
analizzando lo scenario del dopo-voto, prevedono però che — qualora
Pisapia entrasse in Parlamento e fosse decisivo per la nascita del
governo — sarebbero le pressioni europee e la moral suasion del Colle a
far cambiare approccio ai «cugini». Ma dinnanzi a un «renzusconi», Campo
progressista chiederebbe che fuori dall’esecutivo restasse Renzi (oltre
Berlusconi). E Renzi, per evitare la minaccia, dovrà fare il pieno di
consensi. Al Nazareno stimano che il Pd possa arrivare «fino al 35%»,
attraverso una campagna elettorale di cui già si scorgono le prime
mosse: intanto verrà polarizzato lo scontro con Grillo che — raccontano
esponenti vicini al segretario — farà di Berlusconi «il vaso di coccio»
del duello; inoltre si insisterà sul messaggio del voto utile. Già ieri
Renzi l’ha fatto: «Per evitare le larghe intese non bisognerà votare i
piccoli partiti».
L’idea del «voto utile», propria dei modelli
maggioritari, si scontrerà con la spinta al «voto identitario», che è
tipica della futura legge elettorale proporzionale. Ed è questa la
scommessa dei centristi e della destra. Il primo affondo per Fratelli
d’Italia è arrivato ieri da Rampelli, che ha definito Renzi, Grillo e
Berlusconi «tre rinnegati». Se la Meloni superasse il 5% — come ha
spiegato Pagnoncelli sul Corriere — non ci sarebbero i numeri per le
larghe intese: un tema su cui FdI — se costretto — darà battaglia al
Cavaliere. Quanto ad Ap, che lavora a un rassemblemen t centrista,
l’analisi di Alfano parte dai numeri, dal risultato delle Europee, dove
Ncd e Udc presero insieme il 4,3%, ma a fronte della massima espansione
del Pd (40,8%) e di una Forza Italia che ottenne un risultato (16,8%)
superiore al dato odierno dei sondaggi. E non c’è dubbio che se i
centristi riuscissero nell’impresa di entrare in Parlamento non si
affannerebbero per il ritorno di Renzi a Palazzo Chigi. Il catalogo per
Renzi e i suoi avversari è questo. Poi magari vinceranno i Cinquestelle
e...