Corriere 19.6.17
«Il Vaticano ci dia il dossier su Emanuela»
La richiesta della famiglia Orlandi: la Segreteria di Stato possiede carte mai svelate
di Fiorenza Sarzanini
Trentaquattro
anni dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi — la quindicenne figlia di
un commesso della Casa Pontificia sparita il 22 giugno 1983 —, la
famiglia chiede di visionare i documenti riservati conservati in
Vaticano sul suo caso e di incontrare il segretario di Stato, Pietro
Parolin. La decisione punta a rompere un lunghissimo silenzio, che
coinvolge inevitabilmente le gerarchie della Chiesa.
ROMA
Un’istanza di accesso agli atti per poter visionare i documenti
conservati dalla segreteria di Stato. Una richiesta di audizione con il
segretario Pietro Parolin per conoscere «in che modo e da chi è stata
seguita la vicenda». Trentaquattro anni dopo la scomparsa di Emanuela
Orlandi, la famiglia fa una mossa che potrebbe portare a risultati
clamorosi. Perché per la prima volta nel documento che sarà depositato
questa mattina presso la Santa Sede, si parla esplicitamente di un
«dossier» custodito in Vaticano. La circostanza è emersa nel corso del
processo Vatileaks ma è stata finora tenuta riservata.
Eppure del
carteggio, come si specifica nel ricorso, hanno parlato più fonti
arrivando ad elencare la natura di alcuni scritti. L’ultimo mistero di
una storia infinita. Per questo Pietro Orlandi, il fratello della
quindicenne figlia di un commesso della Casa Pontificia sparita il 22
giugno 1983 che non ha mai smesso di cercare la verità, ha deciso di
rivolgersi allo studio dell’avvocato Annamaria Bernardini de Pace: a
seguire la pratica sarà l’esperta rotale Laura Sgró. È il cambio di
passo per rompere quel silenzio che dura da anni e coinvolge
inevitabilmente le gerarchie della Chiesa. La strategia nuova che può
portare a sviluppi inaspettati.
Le carte trafugate
Si torna
dunque al 2012 quando i «corvi» del Vaticano rubano numerosi dossier
riservati che diventano materiale di libri e articoli di giornali.
L’indagine condotta dalla gendarmeria porta in carcere Paolo Gabriele,
maggiordomo di papa Ratzinger, accusato di essere la «fonte». Non è
l’unico, l’inchiesta fa emergere l’esistenza di un gruppo di persone che
ha trafugato carte segrete o quantomeno è a conoscenza del loro
contenuto. Gabriele però paga per tutti. Viene condannato e poi
graziato. Quando il pontefice Benedetto XVI decide di dimettersi, le
indiscrezioni accreditano la possibilità che ci siano altri dossier mai
rivelati.
Nel 2015 in manette finiscono monsignor Balda e
Francesca Chaouqui, accusati di aver consegnato ai giornalisti Gianluigi
Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi altri documenti che riguardano il settore
finanziario della Santa Sede. Ma non solo. È un nuovo scandalo che
scuote il Vaticano perché ad essere resi pubblici sono i documenti della
Cosea, organismo voluto da papa Francesco con l’obiettivo dichiarato di
rendere trasparente la gestione economica.
Le verifiche della
gendarmeria si concentrano su tutti i fascicoli che potrebbero essere
stati trafugati o comunque resi noti al di fuori delle mura leonine. E
così si torna a parlare dell’esistenza di un dossier dedicato
esclusivamente alla scomparsa di Emanuela Orlandi. Viene accreditata la
possibilità che contenga resoconti di attività inedite almeno fino al
1997. Proprio su questo si è deciso adesso di fare leva per cercare di
scoprire chi e perché abbia ostacolato la ricerca della verità.
La segreteria di Stato
Nell’istanza
si fa specifico riferimento ad «alcune fonti che riferiscono
dell’esistenza presso la segreteria di Stato del dossier con dettagli
anche di natura amministrativa dell’attività svolta dalla segreteria di
Stato ai fini del ritrovamento». E poi si elencano gli atti già
acquisiti dalla procura di Roma anche attraverso le rogatorie presso la
Santa Sede. Una in particolare, datata 22 aprile 1994, nella quale
veniva ammesso come «tutta la dolorosa vicenda fu seguita a fondo
direttamente dalla segreteria di Stato».
Ecco perché viene
ritenuto fondamentale il colloquio con Parolin. Del resto il cardinale è
certamente espressione del nuovo corso, scelto direttamente da papa
Francesco per sostituire al vertice della segreteria di Stato Tarcisio
Bertone e così dare un segnale di rinnovamento rispetto a una gestione
che era stata segnata da numerosi scandali, compreso quello dei conti
«privati» aperti presso lo Ior. Finora l’alto prelato ha avuto due
colloqui con Pietro Orlandi senza che nulla fosse poi accaduto. Ora c’è
però un fatto nuovo, la scoperta di documenti che possono diventare
preziosi per comporre un disegno ancora oscuro. Non a caso nell’istanza
si cita quel principio del Compendio di dottrina sociale della Chiesa
secondo cui «gli uomini sono tenuti in modo particolare a tendere di
continuo alla verità, a rispettarla e ad attestarla responsabilmente».
Una richiesta che si trasforma in un appello nei confronti del pontefice
e delle gerarchie ecclesiastiche affinché diano conforto e giustizia a
una famiglia che vive in un incubo infinito.