mercoledì 17 maggio 2017

“Senza le tariffe le guerra dei prezzi è inevitabile”
La proposta di un reddito minimale per i professionisti è perfettamente condivisibile
Italia Oggi 16.05.17
di Giuseppe Vitaletti

La proposta di un compenso minimo, che è alla base della manifestazione dei professionisti il13 Maggio, è perfettamente adeguata. Si può argomentare teoricamente sulla sua giustezza. La teoria deve però rappresentare la realtà. I modelli che gli economisti di solito ci propinano non vanno invece bene. Il punto di partenza è che esiste un eccesso di offerta, ovvero un numero eccessivo di professionisti. Questa è la realtà, innegabile. Tale realtà è dovuta al fatto che non esiste la possibilità che l'offerta possa trovare altri sbocchi. In altre parole, l'eccesso di offerta dipende dal fatto che nell'industria gli accessi sono relativamente bloccati. Infatti l'industria lavora a costi unitari che decrescono quando la quantità prodotta aumenta. Ciò fa sì che solo poche grandi industrie restino nel mercato. Di fatto l'accesso dei nuovi entranti nel settore grandi industrie è impedito, perché essi devono percorrere, a costi enormemente alti, la stessa via già percorsa da altri, i cui costi ormai sono diventati bassi. Inoltre il credito non è affatto garantito. Una volta che c'è questo eccesso di offerta di persone, ad esempio nelle professioni, la guerra al ribasso delle tariffe, se non ci sono minimali di legge, è assolutamente ovvia. Infatti la guerra al ribasso è l'unico mezzo per tentare di lavorare. Così l'eccesso di offerta viene a legarsi con guadagni per persona mediamente bassi. Del resto, come si è detto, le persone non hanno possibilità di impiego alternative, essendo l'eccesso di offerta strutturale. Da questo punto di vista, la situazione diviene patologica. Alla radice, si ripete, c'è il mancato ampliamento delle grandi industrie, ed il fatto che non c'è un meccanismo di aggiustamento automatico. Tutto dunque si può ricondurre alla mancanza di aggiustamento automatico dei grandi settori. Se questa mancanza, come accade oggi, è permanente, tutti gli altri settori ne soffrono. Può accedere che la grande industria sia anche in espansione. Resta che, se il lavoro cui si rivolge è una frazione del totale, la parte del lavoro senza occupazione o diventa autonoma, oppure è in eccesso strutturale. Lo squilibrio quantitativo tra industria ed altri settori avrà sempre come effetto collaterale l'aumento dei guadagni dell'industria, e l'impoverimento di tutti gli altri.
Ci possono essere delle ragioni perché qualcuno degli altri settori cerchi di difendersi, ad esempio con la fissazione per legge di margini minimi. Le ragioni possono essere:
a) una domanda poco sensibile ai prezzi, cosicché la disoccupazione indotta dai prezzi più alti è minima;
b )una lunga formazione. Infatti la formazione, in questa situazione, sarebbe la beffa che si aggiunge al danno;
c) lo svolgimento di importanti compiti parapubblici, quale quello di mediare tra Stato e mercato;
d) il fatto che, in assenza di tariffe minime, il lavoro sia affrettato, con conseguenze pesanti, specie se si fanno consulenze per la pubblica amministrazione.
Tutte le tre caratteristiche  riguardano in pieno  i professionisti.
Un tempo, due-trecento anni fa, Smith e Ricardo, capofila degli economisti, fecero la loro battaglia per sradicare i monopoli legali, che imponevano i prezzi , impedendo l'accesso alle arti o professioni (l'arte della lana, l'arte dei fabbri, eccetera). Le conseguenze sulla disoccupazione di questi "monopoli" erano peraltro poche, perché il mondo agrario riusciva ad assorbire l'eccesso di manodopera. Oggi, che ci sono i grandi oligopoli connessi all'industria, con ingresso sbarrato de facto nel modo sopra visto, le conseguenze sono sulla disoccupazione e sull'impoverimento di tutti i mestieri, in particolare delle professioni. La grande stampa è fortemente complice di questa situazione. E' opportuno che almeno i professionisti si liberino da questo giogo, e ricomincino a "tessere la tela" dell'economia e della società