La Repubblica 3.5.2017
1) La battaglia sul fine vita
IL COMMENTO
Ancora una volta la magistratura arriva prima del Parlamento
MICHELA MARZANO
DIRITTO alla vita o alla dignità della vita? Per la procura di Milano, i due diritti non sono in contrasto tra di loro. Anzi. Dovrebbero sempre poter essere bilanciati. E quando ci si trova immobilizzati "in una notte senza fine", come disse un giorno dj Fabo parlando della propria esistenza, non può che essere il diritto alla dignità della vita a prevalere sull'esistenza. Sono queste le ragioni che hanno spinto due pm milanesi, Tiziana Siciliano e Sara Arduino, a chiedere l'archiviazione per Marco Cappato, recentemente indagato per aiuto al suicidio in relazione proprio alla morte di dj Fabo. Citando la Corte europea dei diritti dell'uomo, la Consulta e la Corte di Cassazione, la Procura ha ricordato non solo l'importanza fondamentale del diritto all'autodeterminazione di ogni persona, ma anche il fatto che, quando ci si trova in presenza di «sofferenze insopportabili e prognosi riservata», nessuno dovrebbe arrogarsi il diritto di imporre la vita a chi, quelle sofferenze, le sta vivendo sulla propria pelle. Perché ostinarsi a difendere la vita anche quando l'esistenza senza aver perso ogni dignità, ci si strascina malamente e si vorrebbe solo che tutto finisse? Eppure è questa l'idea che, in Italia, continua a prevalere almeno in Parlamento, costringendo ancora una volta la magistratura a farsi interprete dei desideri più profondi di ognuno di noi e a trasformarsi in paladina dell'etica della cura. Che cura ci può essere d'altronde quando ci si incaponisce a invocare il principio di "sacralità della vita" anche quando quella vita, per chi la sta attraversando, non è più vita? Quando non si vuole prendere sul serio la volontà di chi soffre e ci si appella a principi astratti e disincarnati, si finisce col dimenticarsi che la dignità di ognuno di noi deve potersi esprimere sempre, anche in punto di morte, senza che nessuno decida o scelga al posto nostro ciò è giusto o meno fare. E non è solo una questione di rispetto dell'altrui dignità o del diritto che ognuno di noi dovrebbe sempre avere di essere fino alla fine soggetto della propria vita. È anche una questione di pietà, una questione di compassione nei confronti di chi, in presenza di oggettive e determinate condizioni di sofferenza estrema, non può più riconoscere la propria esistenza come degna di essere vissuta. Accanto al diritto alla vita, per Tiziana Siciliano e Sara Arduino, esiste anche un diritto alla dignità della vita, che poi non è altro che quella "dignità umana" tante volte invocata invano e che oggi, finalmente, potrebbe essere restituita a ognuno di noi. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
2) La battaglia sul fine vita
“Questa è una vera svolta la politica ne tenga conto”
MARIA NOVELLA DE LUCA
A FAVORE/ MINA WELBY DELL’ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI
ROMA.
«Una vera svolta. E speriamo che la politica ne tenga conto, proprio adesso che la legge sul Biotestamento arriva in Senato». Mina Welby è entusiasta. La richiesta di archiviazione per Marco Cappato, accusato di istigazione al suicidio, chiesta dalla Procura di Milano, è a suo parere la conferma che «l'Italia è cambiata, e chiede diritti e dignità del morire». Se l'aspettava signora Welby? «Francamente sì. Quello che non mi aspettavo invece sono le parole scritte dalle due pm. E cioè che il suicidio assistito non viola il diritto alla vita, quando questa è ritenuta intollerabile e non più dignitosa da una persona malata. Dette da due giudici sono affermazioni straordinarie». Quanto tutto questo potrà influenzare il Senato? «Moltissimo se i politici ascoltassero davvero la società civile... Il testo licenziato alla Camera è un buon testo, prevede che si possano sospendere sia l'idratazione che la nutrizione, prevede la sedazione profonda. Speriamo che non venga stravolto e che il Governo resti neutrale». In che senso? «Ai tempi della battaglia su Eluana Englaro il governo Berlusconi intervenne pesantemente per condizionare l'iter parlamentare. Questa volta invece la Camera ha potuto lavorare. Anche se, certo, mi piacerebbe sentire la voce di Renzi a sostegno della nostra battaglia per il diritto alla morte dignitosa ». Anche lei signora Welby si è autodenunciata, dopo aver accompagnato a morire in Svizzera Davide Trentini, malato di Sla. «Un'esperienza di un'intensità incredibile. Davide oggi non soffre più, ha concluso la sua vita con dignità. Quello che non dimenticherò mai è l'ultimo saluto tra Davide e sua madre. L'abbraccio in cui lei l'ha stretto prima della partenza per Zurigo è stato il gesto d'amore più estremo che una madre potesse fare». ©RIPRODUZIONE RISERVATA
3) la battaglia sul fine vita
CONTRO/ IL CARDINALE ELIO SGRECCIA
“È un’evidente forzatura così si legittima l’eutanasia”
PAOLO RODARI
ROMA. «È una forzatura, semplicemente il tentativo di legittimare il suicidio assistito che tuttora, piaccia o no, resta illegale ». Il cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita, uno dei massimi esperti di bioetica della Santa Sede, non approva le motivazioni che stanno dietro la richiesta della procura di Milano di archiviazione per Marco Cappato in merito alla vicenda che ha portato alla morte di Dj Fabo. Per la procura Cappato ha aiutato Dj Fabo ad «esercitare il diritto alla dignità umana». Non è così? «Non direi. Per la legge italiana c'è l'obbligo di assistere il morente. Le cure palliative esistono proprio per questo motivo. Sono fondate sul principio del curare, dell'essere assistiti, del vivere con dignità». La legge resta però poco chiara. «Questo sì. Ma anche se poco chiara e poco definita, non apre a pratiche che di fatto sono eutanasia». È eutanasia lasciare che sia il paziente ad attivare il pulsante che attiva l'emissione di un farmaco letale? «È sostanzialmente eutanasia prendere un farmaco per uccidersi quanto non prendere un farmaco che ti può salvare. C'è l'obbligo di assistere il morente. Se questo non avviene si forza la legge». Eppure il discrimine entro il quale muoversi resta ampio. «Sì, ma occorre anche capire bene i motivi che stanno dietro la pratica dell'eutanasia o che possono favorire il suicidio assistito. C'è anche il tema che, invecchiando sempre più la nostra società, si vuole risparmiare per non spendere i soldi necessari alla cura. Tutto questo è tuttavia non ammissibile. Se tutto è retto dal risparmiare i soldi allora non siamo altro che merce da buttare. In ogni caso la richiesta della procura è una forzatura che s'inserisce in una controversa che tuttavia ancora non ha diritto d'essere essendo il tutto non previsto dalla legislazione italiana». ©RIPRODUZIONE RISERVATA