sabato 20 maggio 2017

La Repubblica, 19.5.17
Di Simonetta Fiori


Salone Internazionale del Libro: è record di pubblico e editori
Folla a Torino nella prima giornata. Riccardo Levi verso la presidenza dell’Aie
E i lettori riprendono la loro love story con il Salone

TORINO

Non si interrompe una storia d'amore così, senza motivo. E non si spezza dopo trent'anni, quando il legame è diventato forte e profondo: tra il Salone e la città di Torino, tra il Salone e la comunità del libro. Nel segno della riscossa e delle lacrime è il primo giorno della prima edizione sopravvissuta allo scisma milanese. Un'affluenza di pubblico mai vista al debutto. Confusione alle stelle. Rumore assordante. E una sorridente tolleranza da parte di tutti nell'accogliere il caos. Perché si festeggia di esserci ancora, esserci tutti insieme. E si festeggia, ma senza dirlo, di aver vinto sugli assenti, sui colossi editoriali che hanno scelto di disertare il trentesimo compleanno del salone nazionale. E che questa sia la Signora italiana del Libro deve essere chiaro a tutti: sembrano ribadirlo le cariche presenti, il presidente del Senato Grasso e il vicepresidente della Camera Di Maio, i due ministri Fedeli e Franceschini. Il titolare dei Beni culturali confessa pubblicamente che a molti eventi è costretto a presenziare per obbligo istituzionale, ma ad alcuni partecipa anche con affetto, e questo è uno di quei casi. Altro non può dire, ma il pensiero corre alla sua faccia perplessa durante la cerimonia inaugurale della fiera concorrente – quattro settimane fa a Rho – quando una voce fuori campo annunciava gli ospiti alla maniera di uno show. «Ma chi è che parla?», continuava a chiedere stranito al presidente dell'Aie, orgoglioso artefice della kermesse spettacolare. Che la sfida con Rho sia stata vinta si capisce da un aggettivo pronunciato dal ministro Franceschini: «Insostituibile». Il Salone non può essere rimpiazzato da niente altro. Il neodirettore Lagioia, con l'espressione festosa di chi sta per dare vita a una nuova Woodstock, ne aggiunge un altro: «Inimitabile». La più appassionata appare la sindaca Appendino, la quale sa benissimo che, se fosse stato riconfermato Fassino, i giganti dell'editoria non ci avrebbero neppure provato a scippare Torino del suo Salone. Ma preferisce glissare e concentrarsi sulla zampata orgogliosa della città. «Il Salone resterà qui per molti anni», promette con voce ferma. E, come accade ai sopravvissuti di qualsiasi tormenta, si rievocano fino alle lacrime le pagine più difficili dell'epopea. «L'estate scorsa nessuno ci avrebbe più scommesso », dice un quasi piangente Massimo Bray, presidente della Fondazione per il Libro. E ora eccoci qua, più numerosi di prima. Eccoci di nuovo al Lingotto, rassicurante con le sue mura annerite come quelle vecchie case che appaiono vissute. Non c'è la sontuosità della fiera milanese, la moquette fucsia fa a pugni con i colori squillanti degli stand, ma quando ci si ritrova tutti insieme non si sta a guardare se la tappezzeria è da cambiare. Quel che importa oggi è il ritorno della comunità, simboleggiata dalla splendida colonna di libri che troneggia nel terzo padiglione: i librai indipendenti di Torino insieme ai bibliotecari piemontesi, così come insieme convivono editori e scuole, autori e lettori, l'Italia dei festival e delle piccole fiere. Al centro della festa torinese è proprio una visione del libro che è la grande forza del Salone, soprattutto di questo Salone fortissimamente sostenuto dagli editori medi e piccoli: il libro nella sua funzione civile e culturale, sideralmente lontana dalla dittatura del marketing. E non si notano i grandi vuoti – quelli lasciati dalla galassia Mondadori/Rizzoli e da Gems – colmati dall'elegante architettura di Sellerio con le sue copertine blu, dal piccolo stand del Leone verde, dalle pareti rosse di Feltrinelli e Laterza. E tutt'intorno da quei marchi che esercitano un ruolo di avanguardia culturale alle latitudini più diverse da Iperborea a Sur, da e/o a minimum fax e Marcos y Marcos. Appare un po' mortificato il punto vendita Einaudi, con le pile di libri per terra: niente a che vedere con il piglio signorile dell'allestimento milanese. Ma il direttore editoriale Ernesto Franco s'è dovuto accontentare: non è stato facile ottenere il consenso allo stand torinese da parte di Mondadori. E il comune di Torino sembra risarcire la sua leggenda editoriale con le vetrine dedicate alle collane storiche di Einaudi. Altro paradosso, uno dei tanti. Al Salone della riscossa appaiono cambiati gli equilibri di potere. E se fino a un mese fa il pendolo sembrava a favore dei gruppi editoriali più forti che controllano un'importante fetta del mercato (e che si sono fatti la loro fiera a Milano) oggi sembra oscillare dalla parte del Lingotto. Da qui si ricomincia a trattare per il futuro. «Vedremo se ci sono le condizioni per passare dalla non collaborazione alla collaborazione o addirittura all'integrazione», dice Franceschini. In sostanza non è esclusa la possibilità che le due fiere possano dar vita a un'unica manifestazione. Tutto dipende anche da quello che accadrà nelle prossime settimane nelle stanze dell'Aie, dove si dovrà decidere se rinnovare o meno la presidenza di Federico Motta. La sua gestione non è piaciuta a molti – soprattutto ai piccoli e agli scolastici – per il tratto caratteriale non privo di arroganza e per le spaccature prodotte tra gli editori con il divorzio da Torino. Anche per questo Stefano Mauri, timoniere di Gems, ha proposto il nome alternativo di Riccardo Franco Levi, personalità apprezzata per la capacità di tessitura mostrata nell'omonima legge sul libro (la legge che contiene gli sconti sul prezzo di copertina e su cui oggi si è riaccesa la discussione tra chi vuole ridurli al 5% e chi è contrario). Si attende solo il placet di Mondadori, finora legata alla figura di Motta anche per le sue doti servizievoli. Riuscirà il profilo più autonomo di Levi a mettere d'accordo tutti? Dall'aspetto sorridente del nuovo candidato, che ieri si è avvicinato a salutare Franceschini, parrebbe proprio di sì. Dalla sua elezione potrebbe dipendere anche l'accordo futuro tra le due fiere. E intanto il Salone annuncia che la prossima edizione sarà sempre a maggio. «Come la festa della Madonna», dice Lagioia, reduce da una notte insonne. «Si può spostare la festa di Maria? ». No, non si può. L'autore della legge sul libro sostituirebbe Motta alla guida degli editori